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05 Marzo 2019Il riscaldamento globale sta sconvolgendo le culture e minacciando le produzioni e la disponibilità di molti alimenti; ecco gli ingredienti più a rischio.
CAFFÈ E CIOCCOLATO
Per il caldo le coltivazioni si spostano in quota (la più colpita è la pregiata Arabica) e aumentano le malattie, ruggine in primis. La siccità ha afflitto grandi produttori come il Brasile. Secondo gli esperti nei prossimi anni ci sarà meno caffè, con un gusto peggiore e un prezzo più alto. L’aumento della temperatura e la diminuzione delle precipitazioni nelle zone tropicali sta penalizzando anche le coltivazioni di cacao.
CEREALI
Per ogni aumento di un grado della temperatura media globale si riducono del 6% le rese di grano
e del 10% di riso, le crescenti temperature rendono più aggressivo il fungo Aspergillus flavus del mais responsabile della produzione di aflatossine. La cimice marmorata asiatica ha intaccato le coltivazioni di soia e mais.
OLIO DI OLIVA
Si sposta a Nord la fascia di coltivazione dell’ulivo (negli ultimi dieci anni la Valtellina è passata da zero a diecimila piante) e aumentano i parassiti, Xylella e Mosca olearia. Per il 2017 è prevista una ripresa rispetto al disastroso raccolto 2016, ma un calo dell’11% della produzione di olio di oliva rispetto alla media dell’ultimo decennio. Vino. La vendemmia 2017 è tra le più scarse del dopoguerra con un -26% della produzione sul 2016, anche se l’Italia mantiene il primato mondiale. L’Australia entro il 2050 potrebbe perdere il 70% delle aree vocate, parte dei vigneti californiani è stata devastata dagli incendi. La vite è salita a quasi 1200 metri di altezza come a Morgex e La Salle, in Val d’Aosta.
FRUTTI DI MARE
I cambiamenti climatici portano un aumento di anidride carbonica nei mari e la conseguente acidificazione delle acque, che minaccia molte specie edibili con guscio, molluschi e ostriche. Nel Mediterraneo entrano specie tropicali che minacciano l’habitat.
MIELE
La produzione italiana 2017, più che dimezzata rispetto alla media, registra uno dei risultati peggiori da almeno 35 anni. Secondo il Consorzio Nazionale Apicoltori, il miele di acacia segna -30% sul 2016 e -70% sul 2015; il millefiori -20% e la produzione di tiglio dell’Emilia Romagna è quasi azzerata.Vanno meglio i raccolti di alta collina e di montagna, come il castagno.
TRA RESE, MALATTIE, SPOSTAMENTI DELLA PRODUZIONE LA NATURA SOFFRE IL CALDO
Ecco le principali conseguenze dei cambiamenti climatici sulla catena alimentare.
Produzione ridotta. Dai cereali al latte, l’aumento della temperatura e la siccità diminuiscono le rese.
Più acqua. Aumenta la necessità di irrigazione artificiale, con incremento dei costi e dispute sull’accesso alle fonti.
Cambia il calendario. Gelate, inondazioni, siccità possono ritardare la semina e il raccolto.
Crisi di vocazione. Il caldo sposta l’areale di produzione a latitudini e altitudini maggiori, dove il suolo può essere più povero e meno adatto ad accogliere le nuove coltivazioni.
Più malattie. La circolazione globale delle merci unita ai cambiamenti climatici porta parassiti da Paesi lontani. Come la cimice asiatica, che attacca gli alberi da frutto. Inverni poco freddi ed estati calde e umide favoriscono la proliferazione.
Rischio pesca. L’aumento della temperatura dei mari favorisce le malattie e l’acidificazione delle acque e minaccia le barriere coralline, essenziali alla vita di molte specie ittiche.
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A cura di Matteo Cioffi
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