pubblici esercizi

19 Marzo 2019

Dalla doggy bag al “rimpiattino"

di Giulia Romana Erba


Dalla doggy bag al “rimpiattino

La ristorazione assume un ruolo sempre più rilevante nei consumi alimentari degli italiani, non soltanto dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo. Oggi il 36 per cento della spesa delle famiglie per prodotti alimentari transita fuori casa e il dato più significativo è che, mentre i consumi nella ristorazione sono in progressiva crescita, quelli in casa diminuiscono. E proprio nella ristorazione si creano stili alimentari, modelli di consumo e stili di vita. Da queste premesse nasce l’esigenza di accompagnare anche nella ristorazione l’accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica sul tema dello spreco alimentare nella consapevolezza che alla crescita di ruolo debba corrispondere una crescita altrettanto forte della responsabilità verso comportamenti e azioni virtuose finalizzate a ridurre gli sprechi. Secondo la ricerca condotta dall’ufficio studi Fipe un ristoratore su due ritiene molto rilevante lo spreco di cibo al ristorante. La percentuale arriva all’80 per cento se si considerano anche i ristoratori che ritengono lo spreco abbastanza rilevante. La fase del “processo” di produzione ed erogazione del servizio nella quale si concentrano maggiormente gli sprechi è proprio quella del consumo. Si esprime in tal senso il 51,6% dei ristoratori intervistati. Ciò significa che il cibo ordinato e portato in tavola viene consumato solo in parte mentre quello che resta finisce nella spazzatura.

Ma al ristorante si spreca anche nella preparazione in cucina e nella conservazione. Parte del cibo viene scartata a volte soltanto per problemi che hanno a che fare con l’estetica (vale il detto “anche l’occhio vuole la sua parte”) piuttosto che con la qualità e la salubrità. Il cibo ordinato e non consumato non è poco. Per il 14,3% dei ristoratori intervistati è molto e per il 40,5% è abbastanza. Solo per un residuale 5,4% non c’è spreco. La consuetudine di portarsi a casa il cibo ordinato e non consumato riguarda solo una piccola parte della clientela (15,5% per il cibo e l’11,8% per il vino). E perché i clienti non adottano tale comportamento? Secondo un ristoratore su due per imbarazzo a cui seguono scomodità (19,5%) ed indifferenza (18,3%). Eppure non sono pochi i ristoratori (43%) che tentano di superare l’imbarazzo dei clienti comunicando che si ha la possibilità di portarsi via cibo e vino non consumati. Poi c’è un 34% che lo fa raramente e il restante 23% mai. Contro gli sprechi alimentari al ristorante c’è, più o meno da sempre, la “doggy bag”, ossia semplicemente un contenitore in cui portar via gli avanzi del pasto. Ma, soprattutto per imbarazzo, la doggy bag è ancora utilizzata molto molto poco. Tutto potrebbe cambiare ora che dalla Fipe, in collaborazione con Comieco, è stato coniato un nuovo termine per alimentare la cultura antispreco del cibo: rimpiattino. Un progetto che si propone, attraverso il coinvolgimento diretto del mondo della ristorazione, di fare della doggy bag una pratica sempre più consolidata nella cultura italiana. Il rimpiattino, che prevede sia il formato per il cibo che quello per il vino, approderà in 1.000 ristoranti in tutta Italia, ma sono già oltre 30.000 i locali pronti ad aderire al nuovo progetto.

TAG: SPRECHI,SPRECO,SPRECO ALIMENTARE,DOGGY BAG,SPRECHI ALIMENTARI,PUBBLICO ESERCIZIO,MIXER 311

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