09 Luglio 2019
Per anni si è parlato di rivalutazione della cucina regionale: un “movimento” che ha dato vita a innumerevoli ricettari, festival e rassegne gastronomiche. Ma se a tavola già da tempo si valorizzano le tipicità regionali, è possibile fare altrettanto al banco bar? Portare sapori, temi e aromi della propria regione in un cocktail è una proposta troppo “barocca” o un nuovo trend da seguire? Di regione in regione abbiamo raccolto pareri, suggerimenti e spunti da bartender e locali.
PIEMONTE A TUTTO VERMOUTH
Quando chiediamo a Mirko Turconi, bar manager di Piano35 a Torino, se è possibile creare cocktail a tema regionale, la sua risposta è univoca: “Assolutamente sì”. All’evento Terra Madre – Salone del Gusto, Mirko ha presentato un vero e proprio signature cocktail piemontese chiamato Il nonno in cantina, preparato solo con prodotti locali: grappa, sciroppo di Barbera, Barolo Chinato, liquore al ramasin (susina tipica del piemontese) e bitter al caffè. “Sono tanti i prodotti che il Piemonte produce, ovviamente sto parlando di prodotti alcolici che affondano la loro storia nella tradizione locale o caratteristici per la materia prima con cui vengono preparati, sino ad arrivare a quelli di case liquoristiche storiche piemontesi”. I prodotti tipici del Piemonte che Mirko usa in miscelazione? Semplice: Vermouth, Vermouth, Vermouth! Una scelta forse scontata ma di certo doverosa. Ma non trascura neanche i liquori che in Piemonte sono presenti in gran numero. Non passano in secondo piano nemmeno le grappe, anzi proprio in Piemonte si contano diciotto distillerie fra quelle più storiche e strutturate. Ci sono anche tante nuove piccole realtà che stanno sviluppando prodotti tipici.
FILOSOFIA LOMBARDA: LOCAL MA SOPRATTUTTO STAGIONALE
Ci parla di Lombardia Niccolò Avanzi, milanese d’adozione (da due anni e mezzo) con un’esperienza bar cominciata in zona lacustre (lago di Garda), proseguita poi a Brescia fino ad arrivare all’Hotel Excelsior Gallia nella città meneghina. Oggi Niccolò è Bar Manager presso “Torre” alla Fondazione Prada e ci conferma la validità della miscelazione regionale, precisando che prima di tutto bisogna puntare alla stagionalità dei prodotti. “In un periodo dove abbiamo fragole bianche e angurie anche a gennaio, un pochino di prodotto local fa sempre la sua bella figura!”. Fra i prodotti tipici lombardi che utilizza in miscelazione spiccano due capisaldi apprezzati a livello internazionale: Campari e Fernet Branca. Per un twist lombardo del French 75 ovviamente non può che usare Franciacorta. Anche la grappa è un prodotto che, se usato con intelligenza, dona sapori particolari ai drink e lui non può che ripensare a quella fatta in casa da suo nonno. Gli chiediamo infine come riassumerebbe la Lombardia e Milano in una drink list: “Il Negroni Sbagliato ci entrerebbe di diritto perché è nato proprio qui. Tanti vini perché ne siamo grandi bevitori (la base del Vermouth insomma…) e non possiamo escludere la categoria bitter & amari. Ultimi ma non per importanza gli aperitivi che sono la categoria più giusta per rappresentare Milano”.
LA PROPOSTA DAL VENETO: UN DRINK TIPICO PER OGNI REGIONE!
Sulla miscelazione regionale Max Morandi ha le idee chiare: “Ogni regione italiana ha almeno un piatto da provare assolutamente. Sarebbe bello avere anche un drink che identifichi ogni realtà locale!”. Max, che è patron e bartender di Ada C., secret bar di Este nato come tributo alla celebre barlady Ada Coleman, crede molto nella territorialità e nelle potenzialità della sua regione; ad oggi ha attivato due collaborazioni con aziende agricole del territorio: con L’insalata dell’orto ha collaborato per trasformare le loro violette eduli nel gin di gamma The Sister’s Gin mentre ha affiancato Scarpon nella produzione di due liquori molto particolari, Brodo di Giuggiole ed Estregone. Entrambi i prodotti nascono nel Veneto ad Arquà Petrarca, uno dei borghi più belli d’Italia: Brodo di giuggiole, a base del celebre “frutto dimenticato”, ricorda un rosolio con note floreali, mentre Estregone è un infuso di erbe officinali che restituisce al naso sentori di anice e finocchietto e al gusto concede note di assenzio. Max fa un ulteriore passo verso la miscelazione regionale aprendo la possibilità anche al food pairing: “Pensando a un piatto tipico della tradizione patavina, un piatto di selvaggina con crema di mais, abbinerei un Whisky Sour a partire da un blended whisky, succo di limone, marmellata di arancia e cipolla e un dash di Boker’s Bitter”.
[caption id="attachment_159187" align="aligncenter" width="800"] Per Max Morandi ogni regione italiana dovrebbe avere almeno un drink che la identifichi[/caption]
TOSCANA: LA TIPICITÀ VINCE SEMPRE
Per continuare il nostro viaggio sul tema della miscelazione regionale, in Toscana ci vengono in aiuto due realtà molto diverse fra loro: una nella Firenze storica, l’altra immersa nella magia della Val d’Orcia. Marco Arduino ha aperto il suo Mayday Club nel 2001 nel centro storico di Firenze con l’idea di valorizzare la sua città e quello che nel passato ha saputo offrire. Non a caso l’interno del bar è anche sede di un’associazione culturale di Arte e Mestieri Fiorentini. Per Marco il locale è un punto di contatto tra le varie realtà del territorio: “Collaboro con monasteri, piccoli liquorifici artigianali, aziende agricole biologiche, antiche drogherie e farmacie. Avvalendoci di laboratori certificati e macchinari di ultima generazione ideiamo e produciamo i nostri ingredienti. Dal liquore all’arancia amara della Gherardesca al liquore all’ulivo fino a quello ai porcini o al lardo di Colonnata. Misceliamo le nostre basi con succhi di piante delle nostre colline, come rosa canina o il torchiato di ortica”.L’obiettivo di Marco è di non snaturare le tradizioni ma di arricchirle con eleganza. La miscelazione regionale può essere realizzata non solo con gli ingredienti ma anche con l’ispirazione per i nomi dei cocktail: “Basta avere fantasia e conoscenza del territorio per presentare al pubblico la giusta associazione sul colore o il gusto e un aneddoto o un certo modo di dire”.
[caption id="attachment_159189" align="alignnone" width="800"] Il Mayday Club, bar nel centro storico di Firenze, ospita la sede di un’associazione di Arte e Mestieri Fiorentini[/caption]
Testimone di territorialità miscelata non può che essere anche il caso di Idyllium, cocktail bar che ha ridato vita alle scuderie dello storico Palazzo Piccolomini a Pienza. Bledar Ndoci, bartender e fra i soci proprietari del locale, crede che questo trend possa essere la chiave per differenziarsi. “Ad Idyllium seguiamo sempre la stagionalità dei prodotti e utilizziamo solo erbe, fiori e radici del territorio cosicché il cliente possa scoprire ciò che rende unici questi luoghi”. In miscelazione ci finiscono cachi, mosto d’uva, artemisia della Val d’Orcia, borragine, pimpinella (un’erba aromatica tannica alla fine ma che ha anche note di melone e cetriolo) e ancora la nipitella che è un ottimo sostituto della menta e l’elicriso che è detto il curry della Val d’Orcia. Poter utilizzare e valorizzare questi prodotti è possibile grazie al supporto de La Buca Vecchia, azienda agricola attenta alla tradizione e all’approccio biologico. Per quanto riguarda i prodotti a base alcolica, Bledar e i suoi colleghi utilizzano principalmente grappe e vini locali come ad esempio il Nobile. Ma un approccio così territoriale è più apprezzato dai turisti o dai locali? “Il turista è spinto dall’emozione, vede ciò che sta bevendo come un’esperienza unica insieme alla vista incantevole di cui gode dal nostro bar. Il cliente locale apprezza perché il toscano ci tiene alla sua terra ma per noi è un po’ più duro farlo sperimentare, bisogna superare la diffidenza iniziale”.
[caption id="attachment_159193" align="aligncenter" width="800"] Fra palazzi storici e scorci di campagna toscana, Idyllium è il cocktail bar che lavora con prodotti stagionali e tipici del territorio[/caption]
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A cura di Matteo Cioffi
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