01 Ottobre 2019
I cocktail pre Batch sono drink premiscelati. Una questione di necessità. L’idea dei pre batch nasce da qui. Da un cocktail troppo elaborato e lungo da preparare sul momento. O da volumi così alti da essere complicati da gestire. Ecco quando questa strategia può trasformarsi in una soluzione vincente. Per mantenere invariata la miscela nel tempo, in termini di colore e gusto, è necessario assemblare solo le parti alcoliche.
LO SCENARIO
Partiamo da una constatazione: nei cocktail bar di tutta Italia si stanno diffondendo i pre-batch. E la tendenza è destinata a consolidarsi. “Non c’è da stupirsi. Il livello dei bar si è alzato e per servire il cliente velocemente senza rinunciare a cocktail nel segno della ricerca e dell’innovazione diventa necessario lavorare con miscele pre-assemblate”, spiega Riccardo Rossi barmanager di Freni e Frizioni di Roma, un locale dove qualità fa rima con quantità. Qui le creazioni originali sono realizzate con basi già pronte, mentre i classici sono costruiti sul momento. “Con i nostri numeri siamo costretti a ricorrere al metodo del pre batch per servire i signature in modo impeccabile e rapido. Preferiamo non preparare in anticipo i classici però. E non solo perché disponiamo degli ingredienti nelle nostre postazioni, ma soprattutto perché cerchiamo sempre di cucire il drink a misura del cliente, ascoltandone i gusti e proponendo twist ad hoc”, aggiunge Rossi.
PERCHÉ FARE COCKTAIL PRE-BATCH
Alessandro Zampieri, titolare de Il Mercante di Venezia, va dritto al sodo: “Lavorare con i pre-batch consente di ridurre i tempi di servizio, limitare la fatica fisica, semplificare la logistica e mantenere un’assoluta stabilità in fatto di ingredienti e quantità”. Sulla stessa linea Sacha Mecocci, barmanager del Fusion Bar di Firenze: “Questo metodo è indicato per i locali con grandi volumi perché permette di mantenere standardizzata la qualità, di velocizzare la preparazione e di limitare i margini di errore e di spreco. Il che significa, di fatto, godere di maggior tempo da dedicare al cliente”. Insomma, i vantaggi sono indiscutibili. Ma ci sono anche delle problematicità da tenere presente. In primis, il tempo da dedicare alle preparazioni durante la giornata. Quantificare il numero di ore necessarie è impossibile, perché dipendono dalla quantità di pre-batch che fate e dalla loro complessità. Detto questo, non sottovalutate l’impegno. “A noi le preparazioni richiedono circa 2 ore al giorno”, racconta Mattia Corbella, barman di Edit Torino, dove l’80% del menù è composto da drink in pre-batch. “Siamo soddisfatti della nostra scelta perché garantiamo un servizio standardizzato rapido e di qualità. Realizziamo sul momento solo i drink a base di prodotti freschi o infusi, con una limitata durata di conservazione”, specifica.
CONSIGLI
A proposito di materie prime, tutti concordano che sia meglio utilizzare nei pre-batch solo ingredienti ad alto tasso alcolico e di ridurre all’essenziale l’uso di acqua o infusi per evitare l’insorgere di muffe. Ricordatevi che l’acqua nei pre-batch serve per la diluizione ed è indispensabile solo se il cocktail viene servito direttamente, senza essere miscelato o shakerato. Al contrario, non sarà necessaria perché la diluizione avverrà durante la sua preparazione. “I drink migliori da preparare in pre-batch sono quelli con un’alta percentuale di distillati e liquori, perché si conservano più a lungo e mantengono il gusto sempre costante e invariato”, puntualizza Riccardo Rossi. Non è tutto: se usate questo metodo dovete pensare pure a un sistema di stoccaggio adeguato in termini igienici e di spazio. “Una buona soluzione è optare per il sottovuoto che garantisce lunga vita al prodotto e riduce gli spazi di stoccaggio. Noi, per esempio, suddividiamo le batch in dosi da 700 ml che conserviamo sottovuoto in frigorifero: durante il servizio disponiamo così di ricariche già pronte”, racconta Mecocci. Ovviamente le attrezzature costano e occupano spazio. Sono utili, ma non indispensabili. Valutate quindi se per voi vale la pena o meno affrontare l’investimento. E ancora: una delle critiche più comuni al metodo del prebatching è che può rendere “freddo” agli occhi del cliente il lavoro del barman. Ma è un ostacolo superabile. E non è difficile riuscirci. Che si tratti di un drink totalmente pronto per l’uso o di più preparazioni da assemblare davanti all’avventore, la cosa essenziale è servire e spiegare il cocktail in modo accurato. “Una buona idea per proporre un drink totalmente pre-batch è spillarlo con lentezza da una botte di legno o da un’anfora di terracotta”, suggerisce Fabio Camboni, barmanager di Kasa Incanto di Gaeta. Una soluzione adottata da Casa Mago di Torino. “Noi proponiamo fuori menù un twist dell’Old Fashioned con Zacapa 23, dry curaçao, liquore al té con chicchi di caffè e china. Lo abbiamo imbottigliato il 13 febbraio e piace molto ai clienti, che restano colpiti dal suo effetto scenico”, evidenzia la barlady Carlotta Linzalata. Altra valida alternativa per i drink pronti per l’uso è usare bottigliette con le etichette personalizzate, come fanno per esempio Guglielmo Miriello al Ceresio 7 di Milano e Alessandro Zampieri al Mercante.
L’ABC
Andrea Dracos riassume i punti principali
I pre-batch vanno bene per tutte le preparazioni complesse e per i drink di grande consumo. Attenzione: usate solo ingredienti alcolici. Non sono adatti per i cocktail a base di frutta fresca e di prodotti che possono ossidare o fermentare velocemente.
I vantaggi: lavorare con i pre-batch consente di ridurre i tempi di servizio, limitare la fatica fisica, semplificare la logistica e mantenere un’assoluta stabilità in fatto di ingredienti e quantità.
Le criticità: occorre pensare a un sistema di stoccaggio adeguato in termini igienici e di spazio. Aumentano i tempi dedicati alla preparazione.
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A cura di Matteo Cioffi
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