caffè
09 Ottobre 2019Ad aprile, camminando per una fresca Taipei, mi sono ritrovato in una traversa. L’ho imboccata per caso, nel tentativo di sottrarmi agli scooter che rumorosamente sciamano per le vie della capitale taiwanese accompagnandosi con generosi sbuffi di gas di scarico. Mentre, sollevato, percorrevo questa strada secondaria mi sono trovato a passare di fianco a una vetrina illuminata quasi a giorno, che ben spiccava nel primo accenno di notte. Dentro, dietro al bancone, una giovane professionista, probabilmente sulla trentina, intenta ad assicurarsi che tutto fosse in ordine e pulito. Ai tavoli qualche cliente, soprattutto ragazzi e ragazze che potevano essere coetanei o poco più della barista. Arredamento elegante e raffinato, studiato nei dettagli ma non manierista: design discreto, funzionale e caldo.
UN MODELLO PER TUTTO IL MONDO
Locali così non sono l’eccezione all’estero. Anzi, in alcuni paesi sono talmente diffusi da perdere persino di identità proprio perché si assomigliano troppo: si allineano tutti a un modello di qualità, che pur alto, non li aiuta poi a differenziarsi gli uni dagli altri. Ad ogni modo in quella serata taiwanese il mio pensiero è andato immediatamente a quella enorme massa di bar italiani di carattere opposto: anch’essi difficilmente distinguibili gli uni dagli altri, ma nel segno di un anonimato di basso livello. È un dato di fatto che il bar in Italia è mediamente spiacevole. Noi italiani abbiamo creato un modello di ospitalità che ha trovato successo nel mondo, poi nel tempo ci siamo scordati dei suoi elementi essenziali. Il bar italiano infatti si è sempre retto su due pietre angolari: la qualità del prodotto e quella dell’ambiente (includendo in essa anche la cortesia del personale). Trovare entrambe queste caratteristiche in un locale nel nostro paese oggi non è impresa facile, non di rado si incappa in locali che ne difettano enormemente.
IL RUOLO DEL BAR
Per lavoro e per piacere sono un grande sostenitore della centralità del pubblico esercizio nel tessuto sociale. Un bar non è mai solo un bar: è un punto di snodo di esperienze, è un porto sicuro per chi ha bisogno di una tregua dalla vita, fa parte dell’habitat di una comunità. Insomma: è un luogo rilevante della nostra cultura. Così viene da interrogarsi sul perché l’esperienza media offerta dal bar italiano sia oggi così modesta. Tanti i fattori. La redditività non sempre delle migliori non permette investimenti rilevanti nell’ambiente e nel design. Alcuni pseudo-professionisti sembrano casualmente dietro il bancone, quasi forzatamente, senza l’empatia tipica del grande barista italiano. Mettiamoci pure un evidente imbarbarimento della clientela che talvolta tiene al bar dei comportamenti imbarazzanti e persino arroganti. Per questo in cuor mio provo un sentimento di gratitudine per quei baristi e per quelle bariste che in Italia tengono alta l’idea che un bar non è mai solo un bar. Tenete duro, il tempo vi darà ragione, siete voi il futuro della professione.
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A cura di Matteo Cioffi
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