07 Agosto 2019
Una vita passata ai fornelli quella di Chef Siro. Classe 1958, origini valtellinesi (della Valle Spluga) e un’esperienza di lungo corso che lo ha portato, da 8 anni, a guidare la cucina del ristorante e location per eventi La Terrazza di Via Palestro, affacciato sui giardini di Porta Venezia al quarto piano del Centro Svizzero di Milano. “La mia storia di chef è abbastanza lunga – spiega – erano altri tempi, e finita la scuola media ho iniziato subito a lavorare in questo settore. Diverse stagioni in un ristorante a Madesimo, vicino a Chiavenna, sono state la mia scuola di cucina dove in pochi anni sono passato dallo svolgere i compiti più umili che lo chef mi assegnava, fino ad affiancarlo nella preparazione di piatti locali. Ho lasciato poi la mia terra di origine e ho lavorato in un paio di cucine a St. Moritz per poi spostarmi in ristoranti di varie località italiane che mi hanno consentito di ampliare le conoscenze in ambito culinario.
Nella sua carriera ha lavorato in tante cucine. Ha mai avuto anche un ristorante tutto suo?
Sì, assieme a mia moglie Cristina abbiamo gestito un ristorante per 5 anni, io in cucina e lei in sala, ma era troppo impegnativo e non volevamo togliere troppe attenzioni a nostra figlia. Abbiamo così deciso che era meglio lasciare l’attività ma abbiamo avuto l’opportunità di restare “colleghi”, come qui in Terrazza Palestro dove io sono lo chef e lei lavora in sala.
La sua è un’esperienza molto lunga, gran parte vissuta accanto a sua moglie. Ritiene che questo sia stato un plus sotto l’aspetto lavorativo?
Ci siamo conosciuti proprio sul lavoro trent’anni fa. All’inizio è stato difficile imparare a gestire la normale tensione che si genera in un contesto come il nostro; col tempo, lavorare fianco a fianco ci ha anche rafforzato come coppia. Oggi ci capiamo al volo senza tante parole e, quando qualcosa non va, si cerca di rimediare subito. Siamo in grande sintonia sia a casa che sul lavoro. Siamo una coppia di ferro.
Come descriverebbe la sua cucina con tre aggettivi?
Anzitutto mediterranea, poi classica con un tocco di modernità. Le mie ricette si rifanno alla tradizione culinaria della Valchiavenna da cui provengo ma anche a quella di altre regioni italiane. Sono cresciuto tra i fornelli e da sempre prendo spunto dai segreti di famiglia. Col tempo, la passione per il mondo del food e l’esperienza hanno reso più nazionale e meno territoriale la mia attuale cucina, che si presenta oggi più moderna e creativa ma con un occhio sempre attento alla tradizione.
Ci racconta qualche proposta di Terrazza Palestro?
I piatti sono semplici ma curati, il menù è composto da piatti tipici della gastronomia italiana e trova la sua massima espressione nella realizzazione di ricette del nostro territorio proposte in chiave creativa, e di paste fresche preparate artigianalmente. La selezione dei piatti cambia tenendo conto di stagionalità e freschezza. In questo periodo ad esempio propongo tra gli antipasti la tartare di gamberi di Mazara dal tocco mentolato accostata a una saporita caponatina alla catanese con uvette e pinoli; tra i primi piatti i ravioli di Wagyu dove la tradizione italiana incontra il sapore unico della pregiata carne giapponese. Rigorosamente fatti in casa, questi ravioli vengono poi spadellati con pomodoro datterino e un tocco di maggiorana che gli regala un tipico sentore mediterraneo.
Quando ha preso in carico la cucina di “Terrazza Palestro” c’era già questa impostazione?
No, non c’era questo tipo di cucina. Il titolare della location, Davide Tarì e io, abbiamo optato per un approccio forse meno “sofisticato” ma più accessibile pensando che sarebbe stato quello più adatto a soddisfare un’ampia clientela. Il nostro non è un semplice ristorante ma una realtà con varie sfaccettature nella quale il lavoro “à la carte” convive con una forte presenza di banchettistica legata all’organizzazione di eventi per cui la location ben si presta.
Gestire una simile rivoluzione è come per un’azienda affrontare un passaggio generazionale. Come avete fatto?
Ci siamo dati tempo e ci siamo mossi in maniera molto cauta cercando di fare la cosa giusta al momento giusto. Oggi possiamo dire che è stata la strada migliore considerando che l’impostazione della nostra cucina, unita ad altre strategie commerciali e di marketing, all’attenzione al servizio e all’organizzazione degli eventi, hanno generato un lavoro fortunatamente in costante crescita.
Da quali impegni è scandita la vostra giornata lavorativa?
Si passa dal servizio di pranzo a quello dell’aperitivo fino alla cena servita nello splen dido dehor in estate o nelle eleganti sale interne durante la stagione invernale. Ogni ora è poi buona per un evento privato o aziendale.
Come riuscite a gestire questa complessità?
La base di ogni tipo di lavoro è l’organizzazione. Con il tempo, abbiamo creato un team composto da persone diverse per ruolo ed età, riuscendo a instaurare tra noi un rapporto di collaborazione e fiducia. C’è da correre e da migliorarsi sempre, ma tra ufficio, sala e cucina c’è un bell’affiatamento… siamo una buona squadra!
La Terrazza di Via Palestro è un locale storico. Ora è diventato di moda avere bar o ristoranti “sui tetti”…
Il Centro Svizzero nasce negli anni ’50 e ospita all’ultimo piano il ristorante dagli anni ’70. Negli ultimi 15 anni l’obiettivo è cambiato, e la location ha iniziato ad aprirsi a un pubblico più ampio. All’inizio è stato complicato raggiungere “il milanese” che non era abituato a salire ai piani alti per pranzare o cenare. Oggi è vero che i rooftop sono un trend, per noi questo è un grande vantaggio, ma è necessario diversificare e rinnovare l’offerta legata alle proposte food e beverage per stimolare e fidelizzare un cliente sempre più esigente. E noi, che siamo una squadra fortissimi, a mio modesto parere, ci siamo riusciti!
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