31 Dicembre 2019
È ormai in vigore la Direttiva europea che impone di abbandonare entro il 2021 l’uso di alcuni articoli monouso in plastica come posate, piatti, cannucce. Vediamo come alcuni esercizi di somministrazioni, più sensibili al tema ambientale, si sono organizzati per avviare il processo di progressiva riduzione dell’uso della plastica e come anche i fornitori stiano adeguando i propri assortimenti.
“LIFE WITHOUT PLASTIC IS POSSIBLE”, QUESTO È IL MOTTO DI PANDENUS
Locali aperti dalla prima mattina a tarda sera, bistrot con un menù realizzato dallo stellato Enrico Bartolini, B&B… In pochi anni Pandenus è diventato un punto di riferimento in Milano con i suoi punti di vendita – ognuno con la propria anima – dislocati in varie aree del capoluogo lombardo. Filippo Lecardane, fondatore e ideatore di Pandenus, racconta come e perché ha deciso di abbandonare l’uso della plastica nei locali della catena. “Siamo molto sensibili a questa tematica – spiega – e inoltre, molti fornitori di packaging si stanno adoperando per fornire soluzioni alternative. Abbiamo a cuore il bene del pianeta e vogliamo contribuire in maniera attiva”. La conversione inizierà con Pandenus Melzi d’Eril, unico franchising su Milano, che a giugno tornerà nel gruppo Pandenus, per un totale di 6 locali di proprietà. Si passerà poi al locale in Piazza Gae Aulenti e poi a quello in Brera, Pandenus Mercato. Sarà poi la volta di Pandenus di Largo La Foppa, via Tadino e Corso Concordia 11.
La catena si sta adoperando per convertire tutto quello che è possibile. “Per quanto riguarda il packaging d’asporto utilizzeremo il compostabile – spiega – e lo stesso vale per i bicchieri di plastica, le posate e le cannucce che saranno di PLA. I sacchetti sono in materiale biodegradabile, ma per una questione di policy aziendale e conversione d’immagine, li sostituiremo con sacchetti di carta personalizzati con cui comunicheremo ai nostri clienti che Pandenus ha scelto un packaging eco-friendly. Questo passaggio richiederà 45/60 gg per questioni pratico-logistiche. La carta che abbiamo scelto di utilizzare sia per la personalizzazione del packaging sia per i nostri nuovi menù, entrati in vigore 1 mese fa in Pandenus Gae Aulenti e Mercato, è riciclata e non plastificata. Questa carta non utilizza agenti chimici e metallici ed è riconosciuta come carta riciclata con la soglia FSC. Il nostro nuovo motto sarà: LIFE WITHOUT PLASTIC IS POSSIBLE. Non stiamo incontrando grosse difficoltà in questa fase di conversione in quanto la nostra squadra è sensibile all’argomento e sta dando il massimo per creare una rete di fornitori e professionisti che ci possano supportare in questo passaggio”.
OBICÀ MOZZARELLA BAR: RIDURRE LA PLASTICA È UNA RESPONSABILITÀ SOCIALE
Obicà nasce 15 anni fa a Roma, dando vita al concept del mozzarella bar a cui negli anni è stata aggiunta la pizzeria e l’offerta ristorativa. Oggi il marchio Obicà conta 24 ristoranti in Italia e all’estero, dal Giappone agli USA. I locali sono molto vari, sia per location sia per numero di coperti ma mantengono una linea guida nel design, in cui la contemporaneità degli ambienti incontra le caratteristiche locali degli edifici. Obicà pone in primo piano la qualità delle materie prime attraverso un’accurata selezione dei produttori. “Il concept dell’insegna – racconta Davide Di Lorenzo, CEO Obicà – nasce dal grande rispetto per tutti i prodotti che costituiscono il menù. Ovviamente, la qualità delle materie prime è strettamente connessa al territorio dove si trovano. Un ambiente inquinato compromette ogni tentativo di portare sulla tavola piatti davvero buoni. Da qui parte la nostra attenzione all’ambiente, che condividiamo con i nostri ospiti in tutto il mondo”. Infatti i ristoranti Obicà hanno rinnovato i box contenitori adeguandosi con anticipo alle norme europee che entreranno in vigore nel 2021 e salvaguardando nel contempo il gusto dei cibi trasportati e il design delle confezioni. Nel corso di marzo 2019 sono stati sostituiti i box sia per il servizio take away sia per il servizio delivery in Italia e UK. “Per la realizzazione dei box – spiega – al posto del tradizionale PET, sono stati scelti materiali certificati ecocompatibili quali la polpa di cellulosa, biodegradabile e compostabile, e il PLA. I ristoranti Obicà in Italia e UK si sono quindi dotati di contenitori realizzati con materie prime di origine vegetale, rinnovabili, al 90% biodegradabili e compostabili, mentre per il restante 10% si sono scelte materie riciclate o riciclabili per questioni tecniche e prestazionali. Anche il nuovo box per la pizza è un prodotto ecologico al 100%, realizzato con cartone riciclato, che rallenta il raffreddamento della pizza, e alluminio riciclabile all’interno per mantenere inalterato il gusto. Siamo nell’ordine di 6/7.000 contenitori ordinati ogni mese in Italia. Le maggiori difficoltà si sono riscontrate in fase di ricerca per trovare materiali validi che riuscissero ad assicurare il mantenimento della temperatura e la bontà dei piatti e dei prodotti, rappresentando al meglio anche la filosofia del marchio in termini di design e packaging. La sfida in cui siamo impegnati attualmente è una riduzione del 100% della plastica e quindi la ricerca di soluzioni adatte a raggiungere questo ambizioso obiettivo che percepiamo anche come una responsabilità sociale”.
PANINI DURINI: UN VALORE DA COMUNICARE
Panini Durini, una ventina di punti di vendita principalmente a Milano e in Lombardia, è una catena molto attenta alla sostenibilità. Infatti, la decisione del Comune di Milano di lanciare il progetto “Milano Plastic Free” in alcune parti della città, pur non riguardando per ora direttamente Panini Durini, è stata ben accolta. “Se dopo il quartiere Isola – spiegano in Panini Durini – il progetto si estenderà a tutta la città, saremo pronti ad esserne coinvolti. Ma non è stata la scelta del comune a spingerci a decidere di limitare l’uso della plastica”. Infatti fin dalla sua nascita nel 2011 ha adottato soluzioni ecosostenibili. “Per esempio – raccontano – per non inquinare l’aria, usiamo la bicicletta per il delivery; nei locali, materiali e arredi sono prodotti a partire da materia prima di riciclo. Da luglio 2018, poi, è cambiato il management e ciò ha dato ulteriore spinta al progetto sostenibilità, andando in direzione del Plastic Free. Il progetto è partito nel 2019: come prima cosa abbiamo eliminato la plastica nei packaging degli alimenti per l’asporto, sostituendola con contenitori in PLA. I prossimi obiettivi saranno di eliminare la plastica anche dagli elementi per l’allestimento e di sostituire le bottigliette in plastica, anche se questo punto è il più difficoltoso. Stoviglie e posate non sono in materiale monouso, quindi su questo fronte non abbiamo problemi”. La scelta di passare al PLA ha comportato la necessità di individuare nuovi fornitori per questi materiali. “I nostri fornitori (eravamo nel 2018) – ricordano – non erano ancora attrezzati su questo fronte. Quindi abbiamo dovuto rivolgerci a distributori specializzati in questo tipo di materiali. A distanza di un anno, anche i nostri fornitori abituali hanno allargato la loro offerta ai materiali in PLA. Forse la nostra richiesta insieme a quella di altri operatori, è stata uno stimolo anche per loro. Abbiamo chiesto le schede tecniche dei prodotti, per assicurarci che fossero davvero biodegradabili, compostabili e idonei al contatto alimentare”. Un altro tema caldo è quello dei costi. “Servono investimenti per passare al plastic free – sottolineano – perché questi articoli hanno un costo superiore a quelli in plastica, che non abbiamo trasferito sul nostro cliente. Ritengo infatti che se una società crede nella sostenibilità e fa di essa un valore è giusto che si faccia carico degli aumenti di prezzo. Credo però che lo stesso debba valere, a ritroso, in tutta la filiera”. Panini Durini racconta attraverso i propri canali media il percorso in atto. “Riteniamo – conclude l’azienda – che l’attenzione all’ambiente sia un valore da curare. Da parte dei clienti c’è sensibilità su questi temi e i riscontri sui social lo dimostrano, soprattutto da parte del pubblico più giovane”.
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A cura di Matteo Cioffi
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