04 Marzo 2014
Avevamo lasciato il 2013 con le forze politiche a fronteggiarsi, in un duello che sembra essere sempre più distante da quello che interessa la gente comune, ed il 2014 è iniziato con il Paese ancora alle prese con gli stessi e gravi problemi, principalmente legati alla situazione del lavoro.
Non che nulla di nuovo non sia accaduto: di proposte più o meno annunciate ce ne sono tante. Le fanno le forze politiche dando titoli altisonanti alle varie ricette su come far ripartire il lavoro e quindi il Paese. Lo fa il Governo Letta, pur dovendo misurare le sue ambizioni con i vincoli di bilancio.
Per le imprese e per i cittadini è importante capire se le previsioni di un lento ritorno alla crescita per fine anno potranno essere confermate. E tuttavia se ciò può far sperare, rimane ancora tutta in salita la strada per il mercato del lavoro nel nostro Paese.
Meditare però sulla grave crisi che ormai da molti anni sta attanagliando può essere un esercizio interessante ma si finisce per avvitarsi in una spirale depressiva da cui è sempre più difficile venire fuori.
Del resto sono sotto gli occhi di tutti alcuni dati: i consumi delle famiglie ridimensionati per effetto della riduzione del reddito disponibile, il calo dell’occupazione nel corso dell’anno, appena trascorso. Se a questo aggiungiamo le difficoltà di accesso al credito soprattutto per le piccole e medie imprese, il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione e la chiusura di molte imprese, oltre ad un forte ricorso agli ammortizzatori sociali il quadro è completo e fa tremare i polsi.
Se il quadro generale è questo, devono aver pensato le centinaia di migliaia di imprese del settore del pubblico esercizio, o diamo noi uno scossone al settore o lo stesso rischia probabilmente un pericoloso avvitamento su se stesso.
È stato con questo stato d’animo che lo scorso 28 ottobre la F.I.P.E., ha comunicato alle Organizzazioni Sindacali Nazionali di settore il recesso/disdetta dal CCNL per i dipendenti da aziende del settore turismo del 20 Febbraio 2010, con effetto dal 1° Maggio 2014.
A questa decisione, avvenuta non senza sofferenza, si è giunti dopo aver constatato l’impossibilità, al momento, di sviluppare un confronto con le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, che abbia come obiettivo di giungere ad un recupero dei costi attraverso un miglioramento della produttività, punto di partenza ineludibile per qualsiasi ipotesi realistica ed equilibrata di soluzione alla grave crisi che il settore sta attraversando.
IL MOMENTO È DIFFICILE
Che il momento sia particolarmente difficile nessuno, neppure il Sindacato può contestarlo. I dati sono sotto gli occhi di tutti. I consumi delle famiglie nel settore nel 2012 hanno avuto una contrazione dell’ 1,9%, pari a 1,2 miliardi di euro, ed i dati, non ancora definitivi del 2013, attestano un’ulteriore flessione dell’1,3%. Sono calate le presenze turistiche nel 2012 (-6,4%, per ridimensionamento della domanda interna) con un’ulteriore flessione relativa al 2013 intorno al 5%. E’ calata sensibilmente la produttività del settore negli ultimi dieci anni, mentre aumenta la concorrenza sleale effettuata da una miriade di soggetti che usufruiscono di agevolazioni fiscali, tributarie ed amministrative.
Non vanno meglio le cose sui dati sulla nati-mortalità delle imprese di ristorazione. Solo nei primi nove mesi del 2013 il saldo negativo tra aperture e chiusure pari a 6.219 imprese. Anche nel 2012 il saldo era stato stato negativo per 9.345 unità.
Le imprese che operano in regime di concessione, subiscono l’imposizione di oneri di esercizio insostenibili, con bandi di concessione che prevedono vincoli contrattuali e la corresponsione di royalties che prevedono un minimo garantito indipendentemente dall’andamento commerciale (fatturato), mentre i ritardati pagamenti della P.A. e la spending review hanno tagliato i bilanci della ristorazione collettiva.
LE RAGIONI DELLE IMPRESE
Nel nostro settore il fattore lavoro costituisce una risorsa di assoluta priorità per la gestione e il successo d’impresa, più che in altri comparti produttivi, essendo la componente servizio elemento fondamentale dell’offerta. Da ciò scaturisce l’esigenza di portare il tema del lavoro al centro delle riflessioni di politica, parti sociali e opinione pubblica. Le imprese stanno affrontando la crisi con senso di responsabilità ma l’impegno delle aziende deve confrontarsi con un contesto normativo e contrattuale adeguato alle nuove esigenze del mercato, finalizzato cioè a garantire la redditività delle imprese. Anche se il settore continua a creare buona occupazione e i livelli occupazionali del settore hanno tenuto anche durante la crisi ed in alcuni casi sono anche cresciuti.
Le retribuzioni contrattuali hanno assicurato al personale il pieno recupero del potere d’acquisto eroso dall’inflazione. L’evoluzione della retribuzione è infatti maggiore dell’inflazione e tuttavia gli oneri previsti dalla contrattazione collettiva degli ultimi decenni si sono dimostrati in questo nuovo contesto particolarmente gravosi e non più sostenibili a fronte del peggioramento dello scenario economico e produttivo. Pertanto per le aziende sono fondamentali interventi per aumentare la produttività, rimodulando gli elementi contrattuali che prevedono la maturazione di retribuzione non in presenza di ore lavorate, migliorando il rapporto tra prestazione diretta ed oneri indiretti e differiti.
COSA SI ASPETTANO LE IMPRESE DAL RINNOVO
Il CCNL deve costituire l’occasione per:
• verificare lo stato della normativa rispetto agli andamenti del mercato, adattando l’organizzazione del lavoro alle esigenze del servizio e della clientela;
• delineare le prospettive di modifica dell’attuale normativa con regole capaci di adattare l’organizzazione del lavoro alle esigenze del servizio, della clientela e dei lavoratori;
• mettere le basi per la costruzione di realtà aziendali che siano espressione di dinamismo, efficienza, qualità, in grado di mantenere livelli occupazionali accettabili.
F.I.P.E. ritiene che il Contratto possa essere rinnovato per dare risposte immediate e certezze sia alle imprese che ai lavoratori, perseguendo un obiettivo che realizzi coerenza tra oneri economici a carico delle imprese, definendo criteri di flessibilità nell’applicazione delle regole vigenti e innovando rispetto a prassi consolidate, non più attuali.
È necessario avviare un percorso che affronti il superamento di tutti i residui automatismi salariali, con particolare riferimento agli aumenti periodici di anzianità, maggiorazioni, ampliando gli spazi per politiche di valorizzazione del merito, combattendo anche l’assenteismo.
Produttività, flessibilità, qualità, controllo dei costi ed equità distributiva costituiscono i principi fondanti della stagione contrattuale che FIPE intende perseguire e sui quali si aspetta un confronto costruttivo con tutte le OO.SS. dei lavoratori.
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