08 Aprile 2015
Torinese, classe 1966, Nicola Batavia è stato lo chef olimpico a Casa Nike alle Olimpiadi di Torino 2006, Pechino 2008 e Londra 2012. Patron del celebre 'L Birichin di Torino, un anno fa ha aperto all’interno dello storico locale anche un moderno bistrot, The Egg.
Come ti definiresti?
Un outsider, uno chef controcorrente.
In che senso?
Provengo da una famiglia meridionale emigrata a Torino negli anni ’60. Concreto per indole, fin da piccolo ho sempre avuto le idee chiare sul mio futuro professionale. Invece di giocare con il pongo, preferivo maneggiare la pasta lievitata. Sarà che mia madre lavorava come cuoca privata in una famiglia di nobili torinesi. Per farla breve, quando dopo le scuole medie ho capito che fare lo chef mi avrebbe consentito di viaggiare, sono partito per Londra senza pensarci due volte. Ed è stata un’esperienza cruciale che mi ha segnato in modo indissolubile, aprendomi mente e orizzonti.
Come nascono i tuoi piatti?
Dipende. Mi condizionano diversi elementi: gli ingredienti freschi di stagione, la pittura, la scultura, i viaggi.
Negli ultimi anni ti sei allontanato dal mondo di congressi, forum e lezioni. Perché?
Ho preferito impegnarmi in altri progetti... Tra le altre cose, per esempio, sono stato lo chef olimpico di Casa Nike alle Olimpiadi di Torino 2006, Pechino 2008 e Londra 2012. E sempre a Londra prima ho aperto il ristorante CasaBatavia, chiuso nel 2012, poi sono stato chiamato come consulente al ristorante Gigi's. Da un anno, inoltre, mi dedico al Bistrot The Egg. È nato sulle ceneri della sala per i sigari del Birichin, che ormai era poco utilizzata. Filo conduttore, dall’estetica alla proposta del menù, è l’uovo. Ma attenzione: non è il solo protagonista in carta. Così, oltre a diversi piatti a base di uova come l’Uovo caramellato nel carciofo, l’Uovo in camicia e le Uova al palet, ecco pure piatti sfiziosi come la Ricotta di bufala, gambero crudo, zenzero candito e sale rosa, gli Spaghettoni Felicetti con l’intero granchio, Caprese calda di provola, Alette di pollo timo e limone o il Gran hamburger vegano.
A proposito. Il 19 marzo scorso il bistrot The Egg ha compiuto un anno di vita. Qual è il bilancio?
Sono molto soddisfatto. The Egg funziona bene: attira nuovi clienti ed è apprezzato anche dagli avventori del Birichin. La formula è vincente: proponiamo un menu sfizioso - cinque cicchetti e primo di pasta - ad appena 22 euro in un ambiente di pregio. E dal punto di vista logistico è un locale pratico da gestire, perché sfruttiamo la sinergia con l’attiguo locale storico. Per esempio, la carta dei vini –ben 390 etichette- e dei dolci è la stessa del Birichin. Tra l’altro, non dovete pensare al solito bistrot: The Egg è uno spazio polifunzionale che si trasforma, all’occorrenza, anche in luogo d’incontro per aziende e produttori, sede di mostre d’arte, nonché installazione di aziende.
Qualche idea per animare le serate meno vivaci?
Proponete cicli di cene di alta cucina low cost: sono anni che le sperimento con successo, di tanto in tanto. E poi, al The Egg piace molto la proposta “Essere tu lo chef” che consente di accogliere nel locale gli ospiti e di cucinare per loro, con una intera parete di elettrodomestici a disposizione, nella cucina alle spalle di quella del Birichin. Il servizio è valido per un minimo di 8 fino a un massimo di 25 persone.
Milano e Londra a confronto. Che cosa cambia per uno chef?
La verità? Secondo me ormai Milano non è più una piazza stimolante, al contrario di Londra. Certo, Londra è una città molto competitiva, ma è più facile avere successo perché la clientela è internazionale. Senza contare che, per uno chef, è divertente avere a disposizione una varietà di ingredienti incredibile, provenienti da tutto il mondo.
Parliamo di food pairing. Una moda passeggera o un trend destinato ad affermarsi?
Sono stato tra i primi a lanciare il concetto di cibo solido e liquido a Pitti 2003. Uno dei miei cavalli di battaglia è il Gin Tonic proposto nel cubetto di ghiaccio. Ma il food pairing ha senso solo se è proposto all’interno di un contesto coerente. Inoltre non basta proporre un buon cocktail, occorrono anche un servizio impeccabile, un bel bicchiere e qualche appetizer. Il mio consiglio? Bando all’approssimazione.
Ecco le puntate precedenti di Dalla parte dello chef, una rubrica mensile per far dialogare gli addetti ai lavori sui temi del giorno, tra spunti di riflessione e nuove idee. Ma anche per suggerire ai buongustai i migliori ristoranti in tutta Italia.
Giornalista freelance, Nicole Cavazzuti scrive di food e spettacolo su numerose testate, fra cui Il Messaggero, Gioia e Telesette. Realizza video interviste per Oggi.it e raccoglie le confessioni dei Vip su Ok Salute.
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