24 Novembre 2015
E’ il luogo d’elezione dove incontrarsi, socializzare e magari anche lavorare, rilassarsi e divertirsi. La sua anima pulsante, la macchina del caffè icona del bar all’italiana, va ben oltre i confini nazionali e i dati confermano l’avanzata dell’export e l’apertura di nuovi mercati. Ma cresce e cambia pelle anche la vending machine, che amplia e diversifica l’offerta per andare incontro ai giovani.
BAR: SI CERCA UN'IMPRONTA ORIGINALE
Nei mercati maturi l’era del bar indifferenziato sta tramontando. Christine Salins ci racconta di una scena australiana in gran fermento, dove le parole d’ordine dei bar di tendenza sono: specializzazione quasi ossessiva su un prodotto, artigianalità e localizzazione. I pub tradizionali offrono birre e sidro artigianali o si trasformano in brew pub e vanno per la maggiore i Gin Bar, come il Powder Keg di Sydney, l’Howling Owl di Adelaide, l’Ox di Canberra e The Gin Palace di Melbourne. “Molti gin sono ora prodotti localmente utilizzando piante autoctone, quali il mirto, il limone, l’acacia, il pepe rosso e alcuni tipi di solanacee”. A Brisbane, il Substation No 41 serve oltre 500 tipi di rum, a Sydney il Bloody Mary’s ha in menu innumerevoli varianti preparate con alcolici diversi, mentre “il Matso’s a Broome serve birre e sidri tipicamente australiani, tra cui birre al mango e al litchi e un sidro di produzione propria al lime del deserto e allo zenzero selvatico”. Sono tendenze che stanno cambiando profondamente il mondo del bar come conferma Leiti Hsu di ritorno dal convegno annuale “Tales of the Cocktail” di New Orleans. Dopo i birrifici arrivano le microdistillerie di whisky e nel bere mixato si afferma l’uso di erbe, spezie e fiori “con moderazione perché complicate da reperire con regolarità”. Sul fronte del gusto “la gente si sta allontanando dai sapori dolci: i gusti vegetali e affumicati vegetali sono sulla cresta dell’onda”. Tanto che i cocktail classici più dolci vengono rivisitati “sostituendo il liquore per conferirgli quel gratificante tocco di salmastro od amarognolo”. Però “cresce anche l’interesse verso i distillati esotici e provenienti da Paesi inusuali” come i sudamericani Mezcal e Pisco. Più in generale “viviamo una specie di rinascita del cocktail e i drink vengono rimodellati con creatività. I bar più quotati sono quelli che davvero scelgono l’innovazione in termini di drink serviti, di ingredienti e di formati”.
HI-TECH E ARTIGIANALITÀ
Il ritorno verso il saper fare con ingredienti naturali, magari cresciuti nel retro del bar, quasi a voler richiamare un passato mitico, convive – ed è tipico del nostro tempo - con l’uso delle tecnologie, come tablet per ordinare dal tavolo o App di pagamento e prenotazione. Dice Leiti Hsu “L’hi-tech è sempre più presente nel settore alimentare: Cups è un’app che consente, con una iscrizione mensile, di consumare un illimitato numero di tazze di caffè presso i locali aderenti”.
[caption id="attachment_89042" align="alignright" width="300"] Il Revolver Cafè, considerato il miglior coffee house del Canada[/caption]
AL BAR COME A CASA
Nei tanti piccoli caffè a gestione familiare in Canada si legge, si studia e si fissano appuntamenti di lavoro racconta Enrico Cleva, tanto che sono diventati “un’estensione sia del soggiorno sia dell’ufficio. La tendenza per questi caffè molto diffusi è di essere informali ed offrire un paio di differenti tostature ed un decaffeinato. Quasi tutti fanno il caffè con macchine italiane per l’espresso da bar”. Come il Revolver, miglior coffee house secondo il “Vancouver Magazine”. “L’atmosfera è rilassata, famigliare, accogliente. Uno dei proprietari è appassionato di libri e sugli scaffali, insieme alla merce, compaiono opere di Kafka e Steinbeck”. Il design è coordinato, dall’insegna al menù, dalla segnaletica agli accessori. I colori caldi del legno e dei mattoni si equilibrano con gli infissi e gli arredi di tipo industriale. Al centro di tutto, l’esperienza del caffè: “il Revolver propone a rotazione una selezione di varie torrefazioni del Nord America. La scelta è ampia: la ‘brew flights’ ad esempio è una combinazione di tre diversi caffè preparati con lo stesso metodo o di un solo caffè preparato usando tre metodi diversi”.
[caption id="attachment_89052" align="alignleft" width="300"] Café Coffee Day, la prima catena a portare il caffè in India[/caption]
IN INDIA PIACCIONO LE CATENE
Kalyan Karmakar ci parla della diffusione dei coffee shop nel secondo mercato mondiale: l’India. Nella patria del tè sono arrivate le catene; la prima a introdurre nel Paese cappuccini e frappuccini fu Café Coffee Day. “Presto la clientela si allargò alle famiglie e agli incontri di affari. I coffee shop diventarono un posto confortevole dove sostare ed entrarono a far parte del tessuto sociale indiano. I nuovi coffee shop con aria condizionata, comode sedie e spesso toilette, erano posti dove nessuno ti faceva fretta, molto diversi dai modesti tea shop e dalle umili bancarelle di un tempo. Oggi la maggior parte propone anche tè, succhi, snack e sandwich, samosa, dolci e torte”. Sono entrati in centri commerciali, aeroporti, stazioni, uffici, ospedali e università. E sono arrivate le catene internazionali di franchising: Costa Coffee, Krispy Kreme, McDonald’s e Starbucks, che in joint venture con i locali Tata Sons ha già aperto 75 locali.
MADE IN ITALY NEL MONDO
Il caffè in grani monorigine si diffonde anche in Giappone, ci dice Melinda Joe, e sono sempre più numerose le caffetterie che utilizzano macchine per l’espresso hi-tech. Anche in Medio Oriente la tecnologia Made in Italy va per la maggiore. Una tendenza confermata dai numeri: secondo ANIMA, Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia ed Affine, il settore delle macchine per caffè espresso in Italia nel 2014 ha prodotto 394 milioni di euro di attrezzature e quest’anno si sfioreranno i 400 milioni, con una crescita dell’1% (+2,3% l’anno scorso). L’export assorbe il 72% della produzione, ovvero 284 milioni di euro nel 2014 (+3,3% sul 2013) e 286 milioni quest’anno (+0,7%). Tra i mercati, gli occhi sono puntati sull’Asia che ha raddoppiato la quota di esportazione dal 15% del totale nel 2010 al 31% nel 2014, anno che ha visto l’impennata di Corea del Sud (+44%), Cina (+51%), Taiwan (+101%) e Thailandia (+34%). Ma la crescita è globale: secondo Euromonitor International, il consumo di tazze di caffè aumenterà tra il 2015 e il 2017 del 9,2%.
[caption id="attachment_89053" align="alignright" width="200"] Costa Express all’aeroporto di Dubai, progettato da Intel e Microsoft[/caption]
VENDING TRA NATURALITÀ E HIGH-TECH
Il vending è un settore che guarda al futuro diversificando la proposta. Due le direttive scelte: alta tecnologia (con pagamenti tramite App) e qualità e naturalità. Negli Emirati i distributori sono aumentati con la diffusione dei centri commerciali spiega Judy Sebastian. Ma è all’aeroporto di Dubai che potete trovare la Marlow 200 di Costa, un gioiellino progettato con Intel e Microsoft e disegnato da Pininfarina “per soddisfare i cinque sensi dell’amante del caffè: vista, olfatto, gusto, udito e tatto” sollecitato da un touch-screen da 27 pollici in HD sviluppato insieme allo specialista di gaming Atomhawk. Nelle stazioni di Tokyo i distributori hanno una funzione che consiglia la bevanda più adatta alle necessità del consumatore.
[caption id="attachment_89054" align="alignleft" width="300"] Distributori Farmer’s Fridge in Australia distribuiscono solo cibo fresco in barattoli[/caption]
Scrive Melinda Joe: “con il design sofisticato delle nuove vending con schermo touch sembra di utilizzare uno smartphone gigante”. Il movimento salutista è arrivato a influenzare, oltre a layout e packaging, anche un settore fino a pochi anni fa piuttosto conservatore come il vending: Leiti Hsu ci parla dei distributori di Farmer’s Fridge “che erogano solo cibo fresco, contenuto in barattoli di plastica riciclabili e preparato in una cucina nelle vicinanze”. E in Australia i distributori puntano ai consumatori attenti alla salute offrendo insalate pronte.
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A cura di Matteo Cioffi
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