20 Gennaio 2016
La formazione è un asset centrale per chi lavora nel mondo del caffè. A confermarlo un incontro promosso ad Host 2015 da CPC - Consorzio Promozione Caffè. Il convegno - parte di una serie di otto appuntamenti - ha sottolineato l’importanza di un percorso di specializzazione formativa per chi opera nel settore, illustrando la vasta offerta presente sul mercato che si rivolge tanto ai produttori quanto ai baristi.
Al primo filone appartiene la Scuola italiana del caffè organizzata dall’Istituto Italo Latino-Americano (IILA) cui fanno capo, oltre all’Italia, 20 Paesi produttori dell’America Latina. «In questi ultimi due anni - ha detto Naomi Costantini, funzionario dell’Istituto - abbiamo organizzato 4 edizioni, di cui due con il contributo finanziario del Comitato Italiano del Caffè. La scuola prevede docenze gratuite, visite agli impianti di produzione, attività di formazione e assaggio nei training center. A questo si affiancano corsi di pre e post raccolta nei Paesi produttori dell’America latina con l’obiettivo di migliorare le tecniche di produzione fornendo anche attrezzature e tecnologie italiane».
Del secondo fronte fa parte invece Scae Europe che «dal 2011 - ha raccontato il presidente Paul Stack - ha istituito il Coffee Diploma System, un sistema certificato articolato in 6 diversi moduli, a loro volta strutturati in 3 livelli che per essere superati richiedono un esame conclusivo. Un sistema complesso, quindi, che ci sta dando però grandi soddisfazioni: nel 2011 i diplomati sono stati 1000, in questo 2015 saranno invece 22.000. E di pari passo con questo incremento si è mosso naturalmente anche il corpo docenti, passato da 212 unità del 2011 alle attuali 680». E sempre rivolta ai baristi è anche l’attività di Inei. «Fin dal 1998 - ha spiegato Luigi Odello, presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano - investiamo nella formazione. Negli anni abbiamo preparato 9.000 baristi grazie a 160 trainer e qualificato centinaia di bar. Ma la capacità di trasferire nozioni non è più sufficiente: è invece determinante che i trainer sappiano modulare il modo di trasferire i contenuti in relazione agli allievi. Nel caso si insegni all’estero, è fondamentale ricorrere alla mediazione culturale in funzione del contesto in cui si opera». Un esempio? «In Giappone mediamente gli studenti sono più attenti e precisi degli italiani, di norma per svolgere lo stesso programma occorre il 30% in meno del tempo. Per contro l’allievo nipponico ha pretese molto più alte nei confronti del docente ». Come dire, insomma, che pur trattando lo stesso argomento, ogni corso deve oggi essere diverso dall’altro.
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A cura di Rossella De Stefano
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