vino
24 Settembre 2024È uno scenario in chiaroscuro quello della vendemmia italiana 2024: pur registrando un +7% sui valori del 2023 con 41 milioni di ettolitri, il raccolto di quest'anno rimarrà distante (-12,8%) dalla media produttiva dell’ultimo quinquennio, mancando l’obiettivo ottimale stimato dalle imprese del vino tra i 43-45 milioni di ettolitri.
Lo dice l'Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini che, nonostante la riduzione del potenziale produttivo a causa di fenomeni climatici estremi, piogge eccessive al Centro-Nord e estrema siccità nel Sud, evidenzia come si tratterà di un'annata di buona qualità.
LE DIFFERENZE GEOGRAFICHE
Rispetto allo scorso anno, l'indagine fotografa una sostanziale tenuta al Nord (+0,6% la performance della macroregione), accompagnata da una ripresa importante nel Centro (+29,1%) e da un incremento contenuto nel Sud (+15,5%) che tuttavia non bastano a riportare la produzione sui livelli di medio-periodo.
Mentre Nord e Centro si discostano dalle medie quinquennali (2019-2023) rispettivamente del 5,3% e 5,4%, la performance dei vigneti di Sud e Isole si conferma in forte flessione, a -25,7%. Nello scenario globale, la drastica contrazione della Francia (-18% sui valori 2023) riconsegna all’Italia il primato produttivo mondiale.
Per quanto concerne le tempistiche della vendemmia, la trasversalità dell’andamento climatico ha influenzato i tempi di raccolta in base alle varietà, alla tipologia, alla giacitura e alla disposizione dei terreni, fornendo uno scenario variegato. Al Sud, dove allo stress da carenza idrica si è aggiunto (da maggio) anche lo stress termico, il periodo della raccolta è stato anticipato, come al Centro e al Nord per le varietà precoci. Rientrano invece nelle medie stagionali le varietà tardive del Nord. La siccità ha influito sicuramente in maniera negativa sui volumi, ma l’andamento delle temperature ha consentito una maturità fenolica completa che rappresenta il vero valore aggiunto di questa annata enologica.
GEOGRAFIA DEL VIGNETO ITALIA 2024
Nel Nord Ovest si assiste alla buona ripresa del Piemonte (+10% a/a), a cui si affianca una riduzione dei volumi consistente in Lombardia (-30%), Valle d’Aosta (-20%) e, più lieve, in Liguria (-3%). Variegata la situazione nel Nord-Est dove, a una crescita moderata in Emilia-Romagna (+7%), si sommano la flessione del Trentino-Alto Adige (-12,4%) e la stabilità di Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Più omogenea la situazione al Centro, caratterizzato da recuperi in doppia cifra rispetto alla scarsa produzione 2023, con Marche a +25% e Toscana, Umbria e Lazio a +30%. Al Sud, invece, si hanno incrementi significativi soprattutto in Abruzzo e Molise (rispettivamente +85% e +100% dopo il flagello della peronospora dello scorso anno), seguiti da Basilicata e Campania (entrambe a +30%), Puglia (+18%) e Calabria (+10%).
Con il segno meno, invece, Sicilia (-16%) e Sardegna (-20%) dove è la siccità a dettare ormai le regole. Sul fronte della classifica regionale, con 11 milioni di ettolitri e una quota pari al 27% del raccolto made in Italy, il Veneto si conferma la principale regione produttiva italiana, seguita da Emilia-Romagna e Puglia, in sostanziale parimerito con circa il 17%. Seguono nella top5 Piemonte e Sicilia, tallonata dalla Toscana.
MERCATO E COMMERCIO ESTERO
La nuova campagna vendemmiale si inserisce in momento di forte complessità per il settore vino su scala globale. In questo contesto, caratterizzato dal cambiamento dei modelli di consumo, dalle difficoltà congiunturali e dall’impatto dei cambiamenti climatici, l’Italia sta dimostrando più anticorpi dei competitor, a partire dalla Francia. Per quanto riguarda le quotazioni, a fronte di una vendemmia 2023 con il raccolto più scarso degli ultimi decenni, l’indice Ismea dei prezzi alla produzione restituisce per la campagna 2023/24 un incremento dei listini generali intorno all’11%, maturato però con contributi totalmente differenti da parte dei singoli segmenti. Mentre sono cresciuti molto i vini da tavola (+42%, con i rossi meglio dei bianchi), le Igt hanno registrato un incremento ben più modesto (+4%), e i vini Dop hanno mostrato un segno negativo, soprattutto tra i bianchi. Risultano poi sempre più evidenti le disomogeneità all’interno delle singole Dop.
Tra i capitoli fondamentali per comprendere il mercato, quello relativo alle scorte. Dai dati di Cantina Italia risulta che a fine luglio i vini in giacenza erano il 14% in meno rispetto a quelli del pari periodo precedente, a fronte però di una produzione che ha fatto mancare il 23%. Si evince come nel corso di questa campagna i trend di uscita del vino dalle cantine siano stati piuttosto lenti, spia di un mercato che fa fatica ad assorbire con regolarità il prodotto.
Sul fronte della domanda, infatti, i consumi delle famiglie italiane risultano in lieve calo rispetto alla prima metà dell’anno scorso, e i segnali positivi dai mercati esteri non bastano a bilanciare le perdite interne. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv-Ismea su dati Istat, il primo semestre 2024 si è chiuso con risultati meno brillanti di quanto ci si aspettasse, a +2,4% sui volumi (a/a) e +3,2% in valore, complice una primavera sottotono rispetto al primo quadrimestre (ad aprile si registravano ancora crescite del 6-7%). Gli spumanti sono i veri protagonisti e tornano a fare da traino all’export nazionale con +11% in volume e +7% negli incassi. Sfusi e bag in box, invece, hanno visto scendere le consegne all’estero del 6% e 5%. Reggono i vini in bottiglia grazie soprattutto alle Igt. Tra i Paesi clienti, si sottolinea la lieve ripresa degli Stati Uniti e del Regno Unito a fronte della frenata di Canada, Francia e Svizzera.
«Il settore vive una stagione complicata anche se l’Italia sta facendo meglio dei competitor, ma non per questo si deve pensare di distrarre i fondi strategici per incentivare gli estirpi. La stragrande maggioranza delle nostre aziende è sana e ha bisogno di innovarsi, promuoversi, sintonizzarsi con un mercato in forte cambiamento; per questo il tavolo Ue del Gruppo di alto livello deve concentrarsi più a sostenere chi vuole restare nel business che a incentivare chi vuole abbandonare» ha detto Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini.
«È necessario continuare a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici con tecnologie e innovazioni mirate anche all’adattamento al nuovo contesto, che comunque richiederà sempre più conoscenza e preparazione tecnica di chi opera in vigna, adoperandosi per mantenere il forte appeal che per i giovani ha fin qui avuto il lavoro in vigna e in cantina. Attirare le giovani generazioni è lo scopo di percorsi di studio specifici, in grado di cogliere con adeguato anticipo le tendenze in atto e utilizzare la tecnologia al meglio valorizzando il vino per preservare ed esaltarne la cultura» aggiunge Livio Proietti, presidente di Ismea.
«Nonostante le difficoltà, ciò che emerge come un fattore determinante per la qualità finale dei vini è il lavoro degli enologi. Mai come quest’anno siamo stati chiamati a dimostrare la nostra competenza scientifica e il nostro sapere tecnico per gestire al meglio sia la conduzione della vigna sia quella della cantina. In campo abbiamo dovuto adottare strategie precise per ottimizzare l’uso delle risorse idriche, monitorare lo stato di salute delle piante e decidere il momento esatto della vendemmia per ottenere uve al massimo del loro potenziale. In cantina, il lavoro è stato cruciale per valorizzare la materia prima, lavorando con precisione per compensare gli squilibri creati dalle condizioni meteorologiche» ha concluso Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi.
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A cura di Matteo Cioffi
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