bevande
07 Novembre 2014Abbinamento perfetto: il rigore dell’abbinamento è una punizione con relativa espulsione. Non sto parlando di calcio ma di chi, sbagliando, pretenda di disciplinare eccessivamente la tavola ed i piaceri legati ad essa.
Tra questi uno tra i più appaganti è sicuramente quello dell’abbinamento. Carne rossa con vino rosso, il pesce solo col bianco, sono litanie superate che hanno per altro il demerito di omologare il piacere dello stare a tavola. Rivoluzione allora è la parola d’ordine. Non pensate tuttavia ad un ‘famolo strano’, l’abbinamento intendo, perché se le regole sono sorpassate, non è possibile accostare cibo e vino senza un minimo di tecnica. Non mi sto tirando indietro, nessuna restaurazione, anche se credo che nell’abbinamento servano concetti precisi –non dimenticate mai che si tratta di piacere personale- con cui accostare piatto e bicchiere.
[caption id="attachment_21784" align="alignleft" width="186"] Luca Gardini[/caption]
La rivoluzione che intendo si fonda innanzitutto sul fatto che l’abbinamento perfetto non esiste. Molte pubblicazioni invece poggiano, a mio parere, su di un falso ideologico che difetta in quanto caratterizzato da eccesso di superficialità. Peccato mortale, o per riprendere il paragone calcistico dell’inizio, un fallo da espulsione, visto che l’abbinamento va esplorato sin nei minimi dettagli.
I motivi dell’errore vanno ricercati nella miopia di chi realizza gli abbinamenti. Nessuno di essi infatti si è accorto del fatto che cucina ed vini siano cambiati profondamente. Se i ‘morsi’ sono spesso caratterizzati da una maggiore leggerezza, fattore che ha interessato anche le più ortodosse preparazioni della gastronomia tradizionale, e da inflessioni gastronomiche esotiche, anche i sorsi oggi finiscono per descrivere vini molto diversi da quelli che venivano versati solo 10/15 anni fa. Perché allora gli abbinamenti dovrebbero rimanere immutati nel tempo?
Paralleli e complementari...
Il vino può andare incontro al piatto o viceversa. Per farlo tuttavia sono necessarie conoscenze approfondite con cui riuscire a combinare le sensazioni, senza che tuttavia vengano penalizzati i singoli elementi che hanno determinato l’abbinamento.
Vino e piatto dovranno quindi camminare sempre in parallelo, come le rotaie di un treno ideale che arriva diretto al gusto. In molti diranno che esistono anche i binari morti. Quali?
Ma quelli rappresentati ad esempio dagli abbinamenti impossibili, come quelli che interessano i carciofi oppure il gelato. In realtà possiamo sfatare l’inabbinabilità del carciofo con un bicchiere di vino bianco. Non certo uno qualunque, bensì uno molto morbido, in grado di contrastare la parte amarotica del vegetale, ma anche dotato di buona evoluzione, media sapidità –troppa dolcezza affaticherebbe il palato- e poco alcol. L’identikit corrisponde a molti vitigni autoctoni atesini e a qualche varietà friulana.
Al gelato invece affiancheremo un vino non troppo zuccherato, ma morbido, in grado di palesare una buona persistenza gustativa. Sorpassati i tabù sarà più facile sfatare, in fin dei conti stiamo o no facendo una rivoluzione, gli altri dogmi dell’abbinamento, come quello del vino rosso con il pesce.
Per affiancare nella maniera migliore questi due elementi, andranno tuttavia presi in esame fattori determinanti come: il tipo di pesce, la modalità di cottura e gli ingredienti che utilizzeremo per ultimare la preparazione. Ben venga allora un polipo affogato nel pomodoro con una Lacrima di Morro d’Alba, un Lagrein atesino con un pesce all’acqua pazza oppure un fritto di paranza con un Lambrusco, meglio se di Sorbara.
Per quanto riguarda i vini non dimenticate mai di attingere dal grande serbatoio degli autoctoni italiani in grado, grazie alle proprie variabili aromatiche, di sposare le cucine di ieri, quelle di oggi, più improntate alla leggerezza, e quelle di domani. Come saranno? Non lo so ancora, ma sicuramente immagino saranno ricche di abbinamenti rivoluzionari.
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