bevande
09 Marzo 2015Una disamina della difficile vendemmia 2014 rivela che sono tante le ombre. Eppure c’è anche qualche spiraglio di luce e... di vino
Alcuni rinunciano. Pochi festeggiano. I più fortunati brinderanno alla grande annata del... tartufo! In Langa si dice che quando il ‘tubero’ è buono, l’uva soffre. Alle quantità di tartufo che da un lato permetteranno ad alcuni fortunati di riempire i piatti, per altro pare senza svuotare troppo le tasche, non corrisponderanno altrettanto elevate ‘abbondanze’, purtroppo neppure sotto il profilo qualitativo, in fatto di etichette. Al nord molti produttori vitivinicoli sostengono che la 2014 sia da considerare come la peggiore annata da 100 anni a questa parte. Esagerazioni? Non proprio, visto che ad un inverno praticamente inesistente sono seguite piogge incessanti, intervallate, per le zone meno fortunate (ad es. Val di Cembra), addirittura da intense grandinate. Per gli amanti delle cifre va detto che in alcune zone della Toscana, in luglio si è registrato un aumento delle precipitazioni pari al 490%. Annata bagnata annata fortunata? Non scherziamo! Il problema semmai è che, durante quella del 2014, le precipitazioni sono sempre state disgiunte dal calore, gonfiando gli acini ma svuotandoli al tempo stesso in quanto a sapore. A questo purtroppo va aggiunto che la piovosità e l’umidità hanno aggravato la situazione, permettendo la proliferazione di malattie. Non ci sono stati sconti per nessuno, anche se a dire il vero, proprio in questo millesimo, sono state letteralmente ‘lavate via’ le distinzioni relative all’impiego di pratiche fitosanitarie più o meno naturali. Un reset che tuttavia ha rimesso al centro del vino, - ecco quello che secondo me è l’aspetto più positivo di questa annata difficile - due elementi essenziali come il terroir e l’uomo. La difficoltà del clima ha in molti casi riscritto, meglio sarebbe dire riproposto, i terreni più vocati come scialuppe di salvataggio in un’annata come la 2014. Come? L’eccellenza di alcune parcelle o territori se in millesimi molto buoni esaltano le caratteristiche delle uve, in annate non altrettanto brillanti limitano i danni, quantomeno a livello qualitativo.
IL FATTORE UMANO
A questo si aggiunge, come detto, il fattore umano. Quello di chi ha scelto in primo luogo di non gettare tutto all’aria quando materialmente gli era mancata la terra da sotto i piedi, pensiamo alla zona del Prosecco, oppure chi ha deciso, come dicevo in apertura, di non produrre l’annata, senza dimenticare infine chi, per ragioni diverse, ha accettato la sfida di far vino anche in questo difficile millesimo. Al di là della scelta, ciò che maggiormente è emerso è il grande coraggio dei produttori di casa nostra. Quello di chi ha rinunciato agli incassi per non svendere la propria reputazione enologica, pensiamo nel flagellato Veneto a Bertani o Zonin, oppure quello di quei vigneron che si sono messi in gioco modificando, in alcuni casi in maniera molto radicale, il proprio modo di fare vino. Se i produttori piangono, anche i consumatori non ridono si penserebbe. Non proprio, soprattutto se consideriamo che la mancata realizzazione di alcune etichette di punta, per ragioni legate alla qualità o alla qualità, vedrà tuttavia un conseguente accrescimento qualitativo proprio delle referenze meno pregiate.
Un esempio?
Meno Amarone significherà in molti casi Valpolicella migliori. Andando ad analizzare il problema dell’annata 2014 da una prospettiva più ampia, bisogna tuttavia rimarcare come anche in Europa le cose non siano andate poi tanto meglio. Anzi proprio l’Italia, per la sua conformazione allungata e ricca di catene montuose, in grado spesso di contrapporsi come ostacoli alle perturbazioni, può vantare zone in cui l’annata può dirsi più che buona. I nomi? Maremma, Chianti e quel Piemonte dove i vitigni autoctoni –pensiamo al precoce Dolcetto che pur producendo poco non ha fatto tempo a soffrire freddo e malattie- pare abbiano aiutato i produttori a superare con successo l’annata 2014. L’elenco dei nomi di zone meno fortunate è purtroppo più numeroso, anche se le etichette che comunque verranno prodotte in queste zone daranno vita a vini più sussurrati, ma non per questo meno eleganti o poco tipici. Etichette che non sbaglierei a definire contemporanee, in quanto in grado di armonizzarsi meglio con i trend della cucina; sempre più legati al parametro della leggerezza. Insomma cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno, sperando di riempirlo l’anno prossimo con una nuova grande annat
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