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18 Gennaio 2017“Il 2016 per quanto ci riguarda si è chiuso con aspetti di moderata soddisfazione perché a fronte di consumi alimentari in diminuzione il fuori casa cresce”. A dirlo, a fronte di una crescita dell`1,1% nel 2016, il Presidente FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Lino Stoppani durante la presentazione del Rapporto ristorazione FIPE 2016. L`occasione giusta per presentare anche la nascita della FIPE Business School in collaborazione con Partesa, per supportare le imprese della ristorazione con una piattaforma formativa, in ossequio ad alcuni elementi di necessità emersi dalle stime elaborate in questi anni dall`Ufficio Studi dell`associazione e presentate ieri dal suo Direttore Luciano Sbraga.
[caption id="attachment_117769" align="alignright" width="300"] Riccardo Giuliani di Partesa con Lino Stoppani di Fipe[/caption]
Nonostante il cauto ottimismo iniziale, in merito all`esigenza di formazione, Stoppani non ha nascosto alcuni deficit del fuori casa legati alla mancanza di competenze e professionalità degli operatori, denunciando quindi: “Una mortalità spaventosa delle imprese del nostro settore pari al 48% in cinque anni”. Vale a dire che 48 imprese su 100 chiudono così creando un forte turnover che determina perdita di competitività di tutto il sistema sul mercato. Infatti se sugli aspetti della qualità dell`offerta di ristorazione il settore offre buone garanzie qualità e servizio, prosegue Stoppani: “Le carenze le ravvisiamo soprattutto sugli aspetti di contorno quali sono quelli amministrativi, legali e commerciali”. Per arginare la situazione e andare incontro alle aspettative degli imprenditori della ristorazione in attività che desiderano aggiornarsi, sono stati predisposti 4 moduli, ognuno da assimilare in una giornata in corrispondenza seguenti aree tematiche: 1) Come trasformare gli utenti della rete in clienti, che mira all`introduzione dei social media come strumento profilato di comunicazione per la creazione di eventi e fanpage. 2) Identificare i bisogni della clientele per aumentare la fidelizzazione, che si dedica alla rilevazione dei trend di mercato nel mondo di bar e ristorazione al fine di cogliere nuove opportunità di business anche attraverso piccoli investimenti 3) Le voci di costo come leve di fatturato e profitto, che riguarda l`analisi del conto economico per stimolare l`imprenditore ad adottare buone prassi e strategie di gestione utili a migliorare l`efficienza dell`attività. 4) Gli elementi chiave di una start up di successo`, unico modulo di 4 giornate, che riprende i contenuti delle Guide Business di Fipe sintetizzandoli con esempi concreti alla presenza di esperti del settore.
Come ha spiegato Riccardo Giuliani Amministratore Delegato di Partesa,. “L`obbiettivo in concreto è quello di supportare il mondo dei pubblici esercizi della ristorazione attraverso un percorso che unisce competenza, innovazione e cultura di prodotto e di business” Oggi Partesa che fa capo al Gruppo Heineken, offre il suo know-how in virtù di 250 mio di fatturato, dei suoi 1000 dipendenti, di 44 depositi sul territorio nazionale e di un catalogo di 10.000 referenze costituito principalmente sull`asset assortimentale birra-vino-spirit, seppure gestisca anche soft drink e succhi di frutta caffè e food dry. Il leader di mercato della distribuzione di liquidi italiana con il 12% di quota di mercato sarà trasversale in tutti i moduli e si rivolgerà a classi di 15 imprenditori per giornata di formazione. Conclude Giuliani
“Il distributore moderno nella nostra visione assume per i propri clienti un ruolo consulenziale a tutto tondo[…], in un mercato sempre più competitivo in cui è essenziale comprendere, e ancor più anticipare, le esigenze del consumatore”
La ristorazione che cresce
[caption id="attachment_117770" align="alignright" width="225"] Luciano Sbraga[/caption]
Dal Rapporto FIPE 2016 emerge il calo dei consumi alimentari domestici pari al -12% tra il 2007 e il 2015, che si traduce in una flessione di 18,4 mld di euro nel periodo analizzato. Un dato che si contrappone alla crescita dei consumi fuori casa (+1,1% nel 2016), che valgono ormai il 35,% del totale dei consumi alimentari delle famiglie per un valore pari a 78 miliardi di euro. “Dopo otto anni flessione non si può più parlare di crisi ma bisogna rendersi conto che c`è stato un cambio di paradigma nel canale dei consumi a casa –ha commentato il Direttore del centro studi FIPE Luciano Sbraga dopo la lettura dei primi dati- per cui a causa della mancanza di tempo delle persone il vero ormai fast food è diventato il canale casalingo”
Sono infatti 39 milioni gli italiani che hanno dichiarato di aver consumato pasti fuori casa nel 2016 confermando l’immagine di un’Italia in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove al contrario i consumi alimentari fuori casa hanno registrato una significativa contrazione
(-4%): mentre in Italia, secondo le stime dell’ufficio studi di Fipe nel nostro Paese nel 2016 è proseguito, da un lato il calo dei consumi alimentari domestici (-0,3% a prezzi costanti -0,1% a prezzi nominali), dall’altro come già affermato, l’incremento di quelli fuori casa (+1,1%).
Nello specifico, nel 2016, circa 5 milioni di italiani hanno fatto colazione tutti i giorni fuori casa circa, ben 10 milioni ogni giorno hanno pranzato fuori casa anche al bar, mentre nel fine settimana sono usciti a cena 7 milioni di italiani, almeno 2 volte al mese, in questo caso con una spesa media di 16 euro.
La disamina dei dati è poi proseguita rilevando diversi altri dati di consumo che hanno ridiscusso, anche sfatando, alcuni luoghi comuni:
1) La dieta mediterranea perde colpi considerando la significativa contrazione dei consumi di frutta (-11,6%) e vegetali (-11%) negli ultimi 3 lustri. “Questo -specifica Sbraga- nonostante la narrazione contraria di alcune associazioni di settore che dichiarano il contrario a fronte di un calo del 23% -registrato da FIPE- negli ultimi 15 anni (ndr cioè da dopo il passaggio lira-euro) pari 3,5 mld a prezzi costanti. Non si può quindi parlare di trend salutista. Per altro il tasso di obesità degli italiani non è in calo ma in crescita”
2) Aumentano gli occupati nel settore mentre le ore lavorate restano ancora al di sotto dei livelli pre-crisi del 2008. Infatti sono tre anni che i dati dimostrano un recupero con i voucher rappresentano appena l’1,1% del costo del lavoro complessivo del settore. Una percentuale che corrisponde a 19 milioni di vaucher acquistati nel mondo dei pubblici esercizi nell`ultimo anno. Ciò vuol dire l`1,5% del totale lavoratori, quindi: a favore di 9.600 persone rispetto a 620.000 impiegati dal settore. Questo: “Non significa sostituire il lavoro sicuro con il lavoro precario”, dice Sbraga sottolineando che, tra l`altro, il riferimento è ai dati di contabilità nazionale (Istat), smentendo le sedi istituzionali in cui spesso si denuncia un abuso dei vaucher.
3) Per quanto riguarda l`inflazione prendendo ad esempio il costo di una tazzina di caffè alcune fonti media incontrollate rilevavano un aumento dichiarato negli ultimi 15 anni del 123%. Per tanto da 900 lire a 90 centesimi. Ebbene dopo un controllo FIPE sull`inflazione si è scoperto che l`aumento è in media del 29%, laddove in un`economia normale si considera convenzionalmente contenuto un aumento inflazionario entro il 2% all`anno.
4) Per tornare ai deficit di servizio prospettati dal Presidente FIPE, preoccupanti sono i dati del Rapporto 2016 sulla la ristorazione priva di servizio che vedono l’aumento della quota di take away (+41,6%) contrapposto al calo dei bar (-9,5%). In questo caso Sbraga ha evidenziato alcune controindicazioni. È vero infatti che il cosiddetto asporto diminuisce i costi dell`impresa di ristorazione (tassa dell`immondizia, personale eccetera) ma con questa pratica, parallelamente si eleva il rischio di incidere negativamente sulla qualità del servizio con ripercussioni in termini di clientela, qualora questa ricerchi invece i valori della convivialità. Diversamente va considerato il servizio di home delivery che rappresenta una componente di business in più rispetto all`attività di ristorazione.
5) Per concludere, è interessante rilevare alcuni trend legati al consumatore. Nella giornata tipo fuori-casa degli italiani emerge che: a colazione le donne preferiscono i bar/pasticceria (65%), le trattorie e le osterie scalano le preferenze degli italiani nel week end e battono le pizzerie. Solo un consumatore su cento è disposto a pagare più di 50 euro per una cena.
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