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06 Maggio 2020“Il Business si genera se nel locale ci sarà gente. L’abilità del gestore dovrà essere quella di comprendere il reale potere di spesa del cliente e attirare servizi che gli permettano di generare profitto”. Queste le parole a caldo di Marco Ranocchia, vecchio amico di Mixer e mixerplanet, titolare della scuola di formazione Planet One con cui da anni il nostro magazine (e il nostro sito) ha una proficua collaborazione, sia per i servizi che pubblichiamo grazie alla loro expertise sia per i numerosi eventi che realizziamo attraverso il loro supporto.
Partiamo da un dato di fatto. I pdv horeca sono rimasti chiusi più di due mesi. Qual è il piede giusto per riavviare le attività?
Non ci sono alternative. Se hai un’attività che prima del virus funzionava, devi ripartire da quella. Anche se lo scenario potrebbe essere: attività che già erano in difficoltà e sopravvivevano nel debito, chiuderanno poco dopo la riapertura o, addirittura, non riapriranno. Attività che erano in ‘galleggiamento’, saranno in seria difficoltà nel superare l’onda di crisi economica e finanziaria. Attività che erano ben strutturate, che avevano il controllo manageriale, soffriranno ma sopravviveranno e si prenderanno il mercato lasciato libero dalle chiusure.
Da cosa iniziare?
Prima di tutto fare obnosi, ovvero comprendere l’ovvio, fare autoanalisi della propria attività, individuare i punti di debolezza e i punti di forza, simulare un’organizzazione sostenibile con le nuove normative (e qui è tutto in alto mare). Comprendere se ci sono opportunità di adeguamento in merito, i costi straordinari (non previsti) a cui si andrà incontro per riorganizzare il locale, verificare di quanto personale si necessita per ripartire al minimo regime e in relazione al numero di servizi che si prevedere erogare. Individuare inoltre i costi nascosti che, con il loro 10% circa di peso sulle entrate, potrebbero darci ossigeno finanziario. Fare a questo punto i bilanci preventivi per valutare il break even e, se le cose saranno fattibili, rimboccarsi le maniche, fare in fretta e dedicare il 101% al cliente per soddisfare le vecchie e nuove esigenze.
Si riparte, purtroppo, con una grossa spada di Damocle. Distanziamento sociale e, probabilmente, altre restrizioni non ancora certe. Hai pensato a una ricetta per questo possibile scenario?
Qui dare un’indicazione sarebbe molto simile a una preveggenza di Mago Merlino, oltre alla enorme approssimazione sulle misure da mettere in atto (al momento solo parole enunciate dai mass media e solo ipotesi), che condizioneranno non poco la funzionalità di un locale, ammesso e non concesso che il distanziamento sociale sarà comunque il caposaldo della prevenzione, qui la storia si farà molto complicata. Serviranno spazi enormi per ospitare un numero sufficiente di clienti in relazione alla sostenibilità economica, significherà investimenti importanti. Immaginate numero di tavoli, adeguamento dei banchi di lavoro, vetrine espositive, percorsi interni, wc, menu digitali o a perdere, personale in eccesso per gestire il doppio dello spazio, dilatazione dei tempi di servizio… Aspettiamo il risultato della task force governativa e vediamo cosa tirano fuori dal cilindro (con la speranza che non la cambino 10 giorni dopo), e dopo mettiamo in atto quello che si potrà. L’abbandono di talenti farà indietreggiare il mercato, mancherebbero i punti di riferimento professionale. La dispersione di cervelli e mani capaci potrebbe essere un danno enorme nel medio termine.
A cosa dovremo necessariamente rinunciare e come possiamo comunque generare business?
Quello che caratterizza gli operatori del nostro settore è la proverbiale TENACIA, ora serve anche il CORAGGIO. Non so a cosa si potrebbe rinunciare oltre a quanto non abbiamo già fatto, ogni esercente nella sua intima conoscenza dell’attività e delle proprie possibilità farà quello che serve ed è impossibile fare un decalogo. Ci vuole buon senso e nessuna azione emozionale.
Quali saranno i momenti di un bar a pagare il prezzo più alto, e quali supponi potranno ancora funzionare?
Domanda da un milione di dollari. Partendo dal fatto che 60 milioni di abitanti avranno per sempre le esigenze primarie di sopravvivenza, mangiare per nutrirsi e bere per dissetarsi, il fatto che arrivino a consumare all’interno di un locale vuol dire che cercheranno anche il piacere di mangiare e bere. Pertanto fino a due mesi fa eravamo i migliori del mondo a fare questo, non siamo morti, saremo piegati ma non spezzati e le mani abili sono le stesse di prima. Quindi, continuiamo a fare quello che sapevamo fare e poi ci giochiamo la partita sul campo.
Parliamo di mixability. L’happy hour aveva trasformato un momento di consumo ‘veloce’ in un momento di condivisione. Dovremo tornare a un aperitivo ‘on the go’? Non credo che quanto di buono è stato fatto finora non possa continuare ad esistere. L’aperitivo è un momento di “scarico” dalla giornata lavorativa, è una “necessità”. Tornerà a essere sempre questo; quello che cambierà, probabilmente, è che per una “finestra” di tempo dovremo abituarci a comportamenti sociali meno “ravvicinati” con la speranza poi che dalla scienza arrivino cure e vaccino.
Hai contatti con i maggiori esponenti del settore hospitality: dalle aziende, ai distributori, agli imprenditori. Che aria tira?
Se oggi chiedi a un collega o fornitore come va, all’unisono la risposta è “si tratta di un grande problema”, “è un enorme casino”… sono tutti giustamente preoccupati, virtuosi o meno. Indubbiamente, la preoccupazione è ancora a cavallo fra quello che si è perso di certo e l’incertezza di quanto si perderà domani. La reattività spesso è emotiva e si può ben comprendere, ma serve pro-attività, sangue freddo, fare appello alla tenuta psicologica, attingere dall’esperienza e gestire quello che c’è da gestire con lucidità.
Vi occupate di formazione. Si può pensare, anche nel vostro settore specifico, a video lezioni/corsi?
Assolutamente sì, ma facendo un distinguo. Non tutta la formazione può passare da uno strumento bi-dimensionale; alcune nozioni possono tranquillamente essere studiate attraverso questo mezzo. Poi c’è l’altra parte che il digitale non potrà mai sostituire: il contatto umano, il calore della relazione fra trainer e studenti, fra studente e studente (la pacca sulla spalla, lo scherzo, la stretta di mano, la bevuta insieme, lo sharing di un pasto, etc.), la profondità tridimensionale e poi l’apprendimento attraverso i sensi, l’olfatto, il gusto, il tatto… Questi fattori sono determinanti per l’apprendimento, creano ricordi sensoriali che durano anni, si sedimentano nella memoria remota e strutturano le abilità pratiche e motorie.
Come immagini il futuro di Planet One?
Abbiamo 29 anni di storia. Raggiungeremo nel 2021 il 30esimo anno di attività. Nessuna struttura del nostro settore vanta un primato di longevità come il nostro (salvo gli amici dell’Aibes). Saranno tempi duri, soprattutto per noi che con codice Ateco di scuola… ci “rimanderanno” a settembre (forse). Indubbiamente per un po’ dovremo accontentarci del digitale, ma per tutti i corsi di Area Manageriale/Fare Impresa Re-Evolution, non ci sono problemi anzi tutt’altro, ne stiamo facendo anche a livello di consulenze personalizzate sia per i locali che per i distributori e industria di food & beverage.
Hai voglia di lanciare un messaggio d’incoraggiamento?
Cari operatori italiani, chiunque voi siate, ovunque siate. Sappiate che siamo e resteremo i più ‘fighi’ e capaci del mondo. Il nostro stile è studiato, copiato e adottato da altri popoli da millenni. Domani servirà capacità manageriale, visione e coraggio. Quindi formarsi nella gestione aziendale sarà imperativo per riprenderci le nostre vite professionali e la nostra incommensurabile passione di servire i clienti. Avanti tutta, testa alta e passo deciso. Non voltiamoci indietro, non ce n’è bisogno. Ci lasceremo tutto alle spalle.
Scriveteci all’indirizzo marco.ranocchia@planetone.it se saremo in grado di aiutarvi lo faremo più che volentieri.
IN BOCCA AL LUPO!!!
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A cura di Matteo Cioffi
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