bevande
09 Maggio 2020La chiusura prolungata di bar e ristoranti sta determinando un grave danno a migliaia di imprese dell’indotto, prime tra tutte alcune categorie del food che hanno nei pubblici esercizi il loro unico canale di distribuzione. I dati dell’Unione Italiana Food non lasciano spazio a dubbi: solo nei primi due mesi di chiusura di bar, ristoranti e mense, servizi di catering, le aziende che fanno parte delle categorie rappresentate dall’Unione hanno registrato una contrazione dei fatturati superiore al miliardo di euro. Destinato a raggiungere quota 4 miliardi sul 2020. Per questo l’Unione Italiana Food ha deciso di appoggiare la battaglia condotta fino a questo momento da Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, che da settimane chiede tempi certi e rapidi per la riapertura in sicurezza del settore.
Forte, infatti, la preoccupazione espressa da Mario Piccialuti, Direttore di Unione Italiana Food: “Nonostante spesso si pensi che tutto il settore dell’alimentare abbia avuto buoni risultati perché non ha subìto le chiusure, molte aziende del settore hanno visto però chiudere il loro unico canale distributivo: pensiamo alle torrefazioni, che non hanno la distribuzione nei supermercati e negozi di alimentari, o alla cioccolateria di alta gamma, i gelati, le croissanterie industriali, i surgelati e così molti altri. Stiamo ancora contando i danni, pesantissimi, che abbiamo accusato dalle mancate vendite del periodo pasquale, con colombe (-33 milioni di euro) uova di cioccolata (-88 milioni di euro) in perdita fino al 40%. Decine di aziende hanno da mesi interrotto completamente la loro attività perché non hanno sbocco sul mercato se i pubblici esercizi rimangono chiusi: ristorazione, bar, catering, oltre ad offrire servizi a tutti i loro clienti, rappresentano anche un canale di vendita indispensabile per l’economia dell’alimentare. Abbiamo retto molto a lungo, non riusciremo oltre”.
Una crisi drammatica che si somma a quella dei pubblici esercizi: la perdita stimata per il settore nel 2020 è di 34 miliardi di euro, con 50mila imprese che potrebbero non riaprire e 350mila posti di lavoro a rischio. “Ora basta – tuona il Direttore generale di Fipe, Roberto Calugi – non possiamo più aspettare. Non soltanto chiediamo al governo di anticipare i tempi e riaprire i pubblici esercizi, ma pretendiamo di sapere quali saranno le modalità. I nostri imprenditori chiedono regole certe per potersi organizzare: distanze minime, materiali per la cessione delle bevande e degli alimenti, percorsi e luoghi da organizzare all’interno dei locali. Ogni giorno perduto rappresenta un danno irreparabile”.
Oltre a chiedere una riapertura rapida dei pubblici esercizi, le due associazioni invitano il governo a dettare regole uniformi su tutto il territorio nazionale, per evitare che ciascuna Regione adotti un’ordinanza differente. “Ben vengano le ripartenze diversificate a seconda dell’incidenza dei contagi – precisano Calugi e Piccialuti – ma tutte le regioni devono attenersi a linee guida comuni. Altrimenti sarebbe il caos”.
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