pubblici esercizi
16 Giugno 2020Chissà se, quando questo articolo avrà visto la sua pubblicazione, qualcosa sarà cambiato, e come, 18 maggio a parte. Di certo c’è, oltre a una situazione di vera emergenza in continuo divenire, che nulla nella ristorazione sarà come prima. Il focus è sulle pizzerie post Covid-19: quali gli scenari? Chi e come riaprirà? E che futuro avrà il comparto? Le nubi all’orizzonte descrivono un cielo plumbeo per un domani incerto: difficile pensare che si potrà tornare al passato, quello pre pandemia. Una ‘mise en place’ nuova, quindi, con diversi elementi: fatturati difficili, distanze e igiene, riorganizzazione, delivery e take away, smart menù, nuove proposte in carta, aumento dei prezzi…
NUOVE REGOLE PER RIPARTIRE
Due metri: è il cosiddetto distanziamento sociale, tra una persona e l’altra, stabilito per ridurre il rischio di contagio. Tradotto, significa tra il 30 e il 50% di coperti in meno e, chi ha un locale di dimensioni ridotte, probabilmente non riaprirà, a meno che non pensi a un futuro chiamato asporto e delivery, che però economicamente non risolve il problema. I mesi di interruzione hanno messo in ginocchio l’economia del comparto, lasciata senza alcuni ammortizzatori sociali: ne fanno le spese anche i grandi, come conferma Gino Sorbillo: “dovrò chiudere almeno 4 pizzerie. Tra affitti altissimi, serrande abbassate e impossibilità, fino ai primi di maggio, di effettuare consegne come da delibera regionale voluta dal governatore De Luca (ma le panetterie campane non si sono mai fermate, sfornando pizze in loop – ndr), non mi rimane altro da fare. Un danno enorme, che mi costringe a lasciare a casa parecchi dipendenti, spesso tolti dalla strada, e ridurre il personale allo stretto necessario”.
INVESTIRE NEL DOMANI
Riaprire, oltre a nuove distanze sociali, significa anche dotarsi di presidi sanitari e accorgimenti ben precisi: dalle mascherine ai guanti, dagli igienizzanti agli eventuali separé in plexiglass, dalla sanificazione dei locali fino a ingressi e uscite diverse, senza dimenticare che, scomparendo o quasi tovagliato in stoffa e menù cartacei, bisogna dotarsi di alternative (prodotti monouso e un’agile piattaforma web per “carte” digitali). Investimenti notevoli, che si sommano ai mancati guadagni dovuti alla chiusura. Chi se li può permettere? E chi ne farà le spese? “Dovremo ricreare – sostiene Renato Bosco, pizzaiolo titolare di 5 locali – un ambiente in cui il cliente si senta sicuro e circondato da un’atmosfera confortevole e piacevole. Penso a divisori in plexiglass gradevoli, di design. Inevitabilmente ci sarà un rialzo dei prezzi, necessario soprattutto a garantire una continuità economica ai miei dipendenti”. A intervenire sul conto finale proprio non ci pensa, invece, il pluripremiato pizzaiolo Giorgio Sabbatini: “investirò sul delivery, senza intermediari, e sull’asporto, che gestirò attraverso una finestra che comunica con l’esterno; entrambi diventeranno i canali principali del mio lavoro. No in senso assoluto a divisori ai tavoli: ridurrò i coperti”.
[caption id="attachment_176255" align="aligncenter" width="924"] Le pizze e un locale di Giorgio Sabbatini[/caption]
RIORGANIZZARSI PER ESSERE VINCENTI
Se parte del futuro delle pizzerie è rappresentato da asporto e take away, gli interrogativi riguardano il ricollocamento del personale di sala, gli eventuali turni dei commensali (come, ad esempio, quelli dei ristoranti delle navi), orari di aperture e chiusure e ferie. “Fermo restando che non voglio chiudere né licenziare nessuno – dichiara il creativo chef Cristian Marasco – aumenterò il delivery con il mio personale, amplierò la fascia oraria dei miei 3 locali e non chiuderò in estate”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Massimo Innocenti, amministratore delegato di Spontini: “punteremo ancor di più, oltre che sull’asporto, da sempre nostro core business, sul take away; se fino ad oggi ci siamo affidati ad una società esterna per le consegne, d’ora in poi lo gestiremo con il nostro personale”. Cristian Marasco e Spontini vanno oltre: la riapertura rappresenta un incentivo per proporre nuove ricette, legate per Marasco alla stagionalità degli alimenti e a novità in teglia da terminare a casa, per Spontini ispirate a creatività e ai desideri dei clienti. Per tutti gli attori del comparto, però, una riduzione dei menù rappresenta la scelta più sensata, dettata dall’esigenza di razionalizzare la propria offerta per evidenti risparmi. Dall’emergenza emergono quindi opportunità: necessarie per ripartire e crearsi una precisa identità rispetto ai competitors e, soprattutto, prosperare.
TUTTI I NUMERI DEL LOCKDOWN
Di numeri ufficiali relativi al solo comparto pizzerie non ce ne sono, ma le cifre relative al settore della ristorazione, del turismo e dei pubblici esercizi sono impressionanti. Secondo una stima (probabilmente ottimistica) del Centro Studi FIPE sono 34 i miliardi di euro di perdite (e almeno 8, nella migliore delle ipotesi, per il solo segmento food & beverage), per più di 50.000 imprese che rischiano la chiusura definitiva; forse l’80% degli esercizi pubblici, tra bar, pizzerie e ristoranti potrebbero non riaprire mai più. Ben 350.000, invece, i posti di lavoro persi. A completare un quadro già di per sé dalle fosche tinte, gli stessi imprenditori del settore continuano a pagare alcune tasse relative alle loro attività ristorative, da tempo ferme.
[caption id="attachment_176250" align="aligncenter" width="647"] La cantina di degustazione del nuovo ristorante di Renato Bosco a San Martino Buon Albergo (VR)[/caption]
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A cura di Matteo Cioffi
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