caffè
03 Ottobre 2020Da un lato c’è chi giudica il caffè un ammortizzatore sociale, che deve avere un prezzo basso e abbordabile per tutti. Dall’altro il buon senso che vuole il caffè come un prodotto diversissimo, una materia prima che può essere pessima, mediocre o ottima, pregiata e in certi casi persino unica. Il prezzo della tazzina è una polemica che scoppia regolarmente ad ogni minimo rincaro. Anche se in Italia è tra i più bassi al mondo. Non ha fatto eccezione l’aumento attuato da qualche bar che alla riapertura post-Covid ha osato superare la soglia psicologica dell’euro. Ci siamo chiesti: ma un euro è un prezzo giusto oppure no? Prima di rispondere bisognerebbe capire quanto costa al barista una tazzina di caffè, quanto incide la materia prima, ma anche il lavoro, l’affitto, l’energia, le tasse. Un calcolo che forse non tutti i gestori hanno fatto. Ed è un problema, perché dalla caffetteria dipende circa un terzo del fatturato di un bar. Per rispondere a questa domanda abbiamo coinvolto Andrej Godina, caffesperto di chiara fama. Ecco cosa ne ha ricavato.
TRA LAVORO E MISCELA, I COSTI IN TAZZA
Partiamo come è logico dalla materia prima. Sono stati considerati i due estremi, un’ottima 100% Arabica e una miscela corrente 50% Arabica 50% Robusta. Costa al bar dai 10 ai 16 centesimi la tazzina: una voce importante. A questa vanno aggiunti i costi dell’elettricità, circa 2 centesimi a tazzina, e altri 8 centesimi che vanno nell’affitto. È però il personale la voce più “pesante”: 51 centesimi a tazzina. Il basso margine dell’espresso fa sì che il costo del lavoro pesi enormemente: nello stesso tempo e con lo stesso costo lavoro si prepara ad esempio uno spritz che si fa pagare cinque volte tanto. Il ricavo mensile è la riga da considerare più attentamente: al prezzo di un euro a tazzina va valutato se sia sostenibile alla sopravvivenza del bar. Ma basta salire a 1,30 euro ad esempio per triplicare la cifra. Cosa che si può fare però solo in presenza di un’ottima materia prima, se no come giustificare l’aumento con il cliente? “Il prezzo di vendita del caffè espresso al bar dovrebbe essere il frutto di un’analisi imprenditoriale che deve tenere conto di molteplici parametri – spiega Andrej Godina – che, spesso, il gestore del bar trascura. Il cosiddetto “food cost” della tazzina di espresso è un passaggio fondamentale nella costruzione del business plan di qualsiasi attività che preveda la somministrazione dell’espresso”. Dunque come valuti il prezzo medio nazionale di un euro a tazzina? “Alla luce del guadagno netto per tazzina di caffè servito al cliente [dall’8 all’10%, ndr] trovo sconsiderato continuare a sostenere la politica del prezzo fisso”.
Il prezzo della materia prima è una media del prezzo in varie regioni d’Italia, da Nord a Sud.
PREZZO DI UN ESPRESSO IN VARIE CITTÀ NEL MONDO
COSTO DELL’ATTREZZATURA IN CASO DI ACQUISTO
Si stima che circa l’80% delle attrezzature nei bar italiani sia in comodato d’uso, anche se non ci sono statistiche certe. La tabella mostra come il costo più alto della miscela in presenza di comodato (circa 3 centesimi a tazzina) non sembra giustificare la fornitura di una attrezzatura media (il cui costo può essere calcolato in meno di un centesimo a tazzina).
Anna Muzio ha scritto con Andrea Cuomo “Mondo Caffè. Storia, consumo ed evoluzione di un’invenzione meravigliosa” (ed. Cairo, I libri de Il Golosario). Gli autori hanno appena lanciato il loro magazine online, coffeando.it
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A cura di Matteo Cioffi
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