pubblici esercizi
25 Luglio 2020Vittima di un forzato effetto “dondolo”. È così che appare la maggioranza degli intervistati dalla squadra dei nostri giornalisti (anzi, delle nostre giornaliste, un team tutto al femminile capitanato da Anna Muzio, Nicole Cavazzuti e Maddalena Baldini, che ha coinvolto titolari di bar, chef, barman…). Molti sembrano come appesi ad un pendolo, oscillano tra la soddisfazione di ripartire e di riprendere il lavoro là dove era stato bruscamente interrotto e, nel contempo, le preoccupazioni e i timori di non farcela e che le cose (i numeri, i guadagni) non possano più essere quelle di prima della pandemia. E, su tutto, domina la fastidiosa sensazione di muoversi in uno scenario mutato, in un territorio che prima era fatto di certezze e oggi appare quasi ostile.
[caption id="attachment_159213" align="alignright" width="150"] David Migliori[/caption]
Nel momento in cui scrivo il panorama che ho davanti agli occhi è quello di una ripartenza da un punto diverso da quello in cui ci si era fermati. Se pensiamo ad una corsa di quelle serie, una maratona per intenderci, è come se un atleta si fosse dovuto fermare per un improvviso crampo al polpaccio e, dopo un massaggio e un antidolorifico, pronto a rimettersi in gara, scoprisse improvvisamente di non essere rimasto fermo, bensì di essere stato trasportato, come per magia, su un percorso diverso e più impegnativo di quello di prima. La pianura è diventata montagna, le strade percorse altre volte sono divenute improvvisamente zone sconosciute e senza punti di riferimento per orientarsi. Cosa altro sono se non delle novità, inimmaginabili fino a poco tempo fa, la mascherina sul volto, la necessità di igienizzare continuamente qualsiasi oggetto e superficie, le distanze tra i tavoli, il calo di ingressi nel locale? Fino a febbraio ne avremmo parlato come di un film di fantascienza o di un incubo da cui ci si sveglia, agitati e sudati, in piena notte.
Nelle prossime pagine troverete la soddisfazione di chi ha ricominciato a lavorare e le preoccupazioni di chi non sa ancora come fare a far quadrare i conti. Non si tratta di atteggiamenti mentali diversi, di chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi mezzo vuoto. Si tratta di stati d’animo che coesistono.
Le cose torneranno come prima? I fatturati e le entrate raggiungeranno i livelli precedenti? A prescindere dai rischi di una seconda ondata, nessuno sa come la pandemia abbia cambiato le abitudini delle persone. E poi ci sono situazioni troppo diverse fra loro. Per il bar in centro al paese si tratta di riprendere il giro della propria clientela, per quello in una zona di uffici dove gli impiegati sono in smart working o per chi vive di turismo straniero, le cose sono molto diverse. Come leggerete più avanti, per qualcuno gli affari hanno ripreso quasi immediatamente e, in alcuni casi, sono addirittura migliorati.
Ma nessuno può dire nulla con sicurezza sul prossimo futuro. Una pandemia è una situazione inedita in epoca moderna e questo ci priva di quella fondamentale esperienza di vita che consiste nell’imparare dal passato, di fare tesoro degli errori fatti da altri prima di noi.
E quindi c’è poco da fare. Si va avanti a tentoni, come in una stanza buia, con quel brivido dell’ignoto e la paura di andare a sbattere contro un muro da un momento all’altro. E la speranza è che alcuni dei contributi che leggerete nelle prossime pagine siano delle piccole fonti luminose che rischiarino le tenebre e permettano di camminare con qualche sicurezza in più. In ogni caso, vale per tutti la regola di cercare di esercitare l’ottimismo della ragione. Sul lungo periodo è giusto credere di tornare alla situazione pre covid. Nel breve è saggio fare i conti con la realtà: accettare come un dato di fatto che i prossimi mesi saranno difficili, con incassi ridotti rispetto al passato e con una modalità di lavoro diversa, forse meno intensa ma più attenta.
Forse quando questa situazione sarà alle spalle, il settore del fuoricasa uscirà più forte e consapevole della propria forza. Perché chiusi forzatamente in casa, tutti, a parte pochi “orsi misantropi”, si sono accorti che fuori dalle proprie mura di casa c’era un mondo fatto di bar dove bere il caffè, pizzerie e ristoranti dove mangiare, locali serali dove rilassarsi, discoteche e live club dove ballare e sentire musica, un mondo di cui si sentiva la mancanza. E senza il quale la vita aveva perso molto del proprio gusto e sapore… E che ora vorranno rigustare e riassaporare con ancora più soddisfazione…
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A cura di Rossella De Stefano
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