18 Novembre 2020
Come ha reagito alla pandemia la metropoli che da decenni si rinnova costantemente e lancia nuove mode e nuovi stili di vita? Londra è stata colpita duramente e l’industria dell’ospitalità non ha fatto eccezione. Dopo la riapertura il 4 luglio con le nuove regole di distanziamento e sicurezza, un inedito aiuto dal Governo è arrivato nel mese di agosto grazie al programma “eat out to help out” che finanziava uno sconto del 50% su cibo e bevande non alcoliche – con un tetto di 10 sterline a persona – per chi mangiava fuori casa dal lunedì al mercoledì. Approfittando di questo vantaggio oltre 100 milioni di pasti sono stati consumati in 84.700 ristoranti e pub. Tanto che alcuni hanno deciso di prorogare i vantaggi a settembre e oltre, finanziandoli in proprio. Un volano importante che ad agosto secondo OpenTable ha fatto aumentare le prenotazioni del 53% nei primi tre giorni della settimana rispetto all’anno precedente, mentre luglio aveva visto un crollo del 54%. Intanto però la capitale ha messo sul campo nuove idee e formati. Come il “dehors condiviso” appontato da una delle più antiche Chinatown occidentali, nel centralissimo quartiere di Soho. Qui ogni giorno per tutto settembre, da mezzogiorno alle 20, è possibile immergerti nei sapori dell’Asia orientale all’aperto approfittando dell’offerta ideata dai ristoranti con la campagna #LoveChinatown. Con un prezzo fisso di 8 o 10 sterline si acquista la tradizionale scatola da asporto cinese quadrata che aprendosi diventa un piatto, da consumare nei tavoli allestiti rispettando il distanziamento in Newport Place nello spazio decorato dall’artista Samantha Quinn con lanterne, fiori di loto e carpe koi.
[caption id="attachment_181075" align="alignnone" width="840"] Mentre le restrizioni sanitarie stringono, non si fermano le new entry nel mondo dell’ospitalità londinese[/caption]
E se il dehors anche qui è stato la chiave di tante riaperture estive, una versione più chic e molto londinese è quella dei ristoranti galleggianti su barche, chiatte o barconi. Londra oltre al Tamigi possiede innumerevoli canali. E la nuova onda di ristoranti galleggianti coniuga un ambiente suggestivo, specie di sera al lume di candela, con le luci che si specchiano nelle acque, con la “sicurezza” dello spazio aperto, tendoni anti pioggia inclusi. La cucina è spesso gourmet e firmata da alcuni dei giovani chef più interessanti in città, come Stefano Camplone a Barge East, una chiatta olandese di fine Ottocento attraccata ad Hackney Wick. La magia è completa quando poi il ristorante da galleggiante diventa navigante, come nel caso del Willow Room a Windsor, che oltre a una cucina inglese rivisitata propone una crociera sul Tamigi, e della chiatta Prince Regent della London Shell Company, che naviga l’iconico Regent’s Canal passando da alcuni highlights della Londra vittoriana come lo Zoo e il Maida Hill tunnel. Intanto mentre si stabilisce il coprifuoco ai pub alle 10 di sera e si discute di un nuovo lockdown, Londra è in preda a quella che Eater ha chiamato le “realtà parallele”: in mezzo agli allarmi continuano ad aprire nuovi locali e pop-up. Tra i primi Pantechnicon a Belgravia, un inedito fusion di cucina nordica e giapponese in un imponente edificio neoclassico, e Noble Rot a Soho che coniuga Francia e Ungheria a tavola. Tra i secondi tornano per la stagione fredda gli igloo lungo il fiume a Southbank di Jimmys Lodge and Snow Globes e Hot 4U, alleanza tra chef tra cui Matthew Scott e Eddy Tejada formatasi durante il lockdown per il delivery che scende in campo (anzi, i cucina) per quattro cene a prezzo fisso allo chicchissimo ristorante Laylow, ai piedi della deliziosamente brutalista Trellick Tower di Kensal Town. London insomma, is still Calling.
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A cura di Matteo Cioffi
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