pubblici esercizi
01 Dicembre 2020Scrivo queste righe a fine ottobre, in un clima particolarmente teso e preoccupante, e ignoro quale situazione ci sarà tra qualche settimana quando leggerete queste mie righe. Ma nulla lascia pensare che la situazione possa migliorare. Anzi. L’impressione forte, con continue misure che cambiano giorno dopo giorno, è di essere in bilico su una superficie in pendenza che ci trascina verso il basso…
Sono giorni di proteste, spesso, anche di scontri in piazza. La rabbia è comprensibile, la violenza meno. La rabbia di chi è costretto a chiudere l’attività e non sa più come portare a casa i soldi per sfamare la propria famiglia è sempre comprensibile. Ma è difficile vedere onesti esercenti e negozianti dietro l’assalto ai negozi di Gucci o in chi spacca le vetrine di altri negozianti.
I titolari di pubblici esercizi sono in prima fila tra chi subisce gli effetti nefasti della pandemia. La domanda che si fanno in molti è: paghiamo gli effetti della pandemia o di politiche sbagliate che colpiscono solo alcuni?
[caption id="attachment_159213" align="alignright" width="150"] David Migliori[/caption]
Difficile rispondere. Anzi, bisogna diffidare di chi risponda con troppa sicurezza, in un senso o nell’altro. La diffusione su scala mondiale di un pericoloso virus è una cosa inedita per la società moderna: nessuno può sapere con esattezza quali possono essere le giuste misure per fronteggiare e contenere la diffusione della malattia. In Italia, come in tutto il mondo, si procede a vista, a tentoni. Con difficoltà e inevitabili errori.
È difficile accettare la chiusura per i baristi e i ristoratori che in questi mesi hanno riaperto adottando tutte le misure necessarie per gestire l’attività in sicurezza, dalla riduzione del numero dei posti per consentire il giusto distanziamento, alla sanificazione costante e continua dei locali, dalla adozione di mascherine e termometri per la misurazione della temperatura corporea, al controllo dei comportamenti dei clienti,. Tanto più mentre le Chiese restano (finora) aperte (per “tenersi” buono il Vaticano come sostengono i maligni o per lasciare uno spazio di spiritualità importante in un periodo difficile, come dicono altri?), i mezzi pubblici girano pieni di gente ammassata; gruppi di giovani sono liberamente e impunemente in giro senza mascherina protettiva. Dov’è il senso di tutto questo?
Facile sentirsi vittime di ingiustizia. Ma comunque la si pensi – e il sottoscritto fa parte di quelli che faticano a capire il senso della chiusura di locali controllati lasciando ampi spazi di incontrollabilità nelle piazze – la Politica, con la P maiuscola, ha fatto le sue scelte. Ed è legittimo che sia così. Ha scelto di salvaguardare e dare priorità alla scuola e ai minori (permettendo ai genitori di poter andare al lavoro senza essere costretti a stare a casa a curare i più piccoli, ad esempio), e di intervenire sul “tempo libero”. Si sarebbero potute fare altre scelte. Certo. Ma nessuno può dire oggi con certezza che sarebbero state più efficaci nell’ottica del contenimento del virus. Perché al momento non c’è nessuno che sappia dire con numeri scientifici se ci si ammala di più a scuola o al bar, in ufficio o sui mezzi pubblici. Perché la situazione è sfuggita subito al controllo di chi nei mesi scorsi avrebbe dovuto quantomeno prepararsi. E questo, nel Paese dell’improvvisazione e della disorganizzazione non stupisce. Anche se intristisce e non è perdonabile.
Se altre scelte avrebbero potuto essere fatte, è quindi giusto e legittimo protestare se ci si sente colpiti ingiustamente. Siamo in democrazia ed è sacrosanto che ci siano gli spazi per manifestare dissenso e rabbia. Bisogna però evitare di farsi usare. I tanti baristi e ristoratori scesi in strada in questi giorni devono fare di tutto per non essere lo scudo di teppisti per i quali qualsiasi occasione è buona per far casino e spaccare vetrine, e che nulla hanno a che vedere con gli esercenti. Oppure, pure peggio, essere strumentalizzati da movimenti politici violenti, antisistema e fascisti, che non hanno certo a cuore gli interessi della categoria, ma vogliono approfittare della situazione per creare un clima di tensione e di violenza. A tutti costoro interessa il disordine, non certo la riapertura di bar e ristoranti.
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A cura di Matteo Cioffi
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