28 Dicembre 2020
L’abbinamento enogastronomico crea un equilibrio tra i componenti di un piatto e le caratteristiche di un vino. Per quanto associare cibo e vino sia complesso, le basi sono semplici da comprendere. Un abbinamento congruo crea equilibrio amplificando i composti aromatici ed enfatizzando la condivisione. Alcuni lo chiamano anche matching. Addentrandoci in una delle zone più belle e selvagge del Sannio, nel beneventano, è una continua scoperta di sapori antichi e genuini, a iniziare dai vini di eccellenza che popolano questa parte della Campania. Alle pendici del Monte Taburno si produce un vino di grande pregio, l’Aglianico omonimo, un vino DOC rosso rubino frutto delle favorevoli condizioni ambientali. Accanto a questa produzione è molto rinomata anche una varietà di vini bianchi, la Falanghina. Sfruttando l’unicità dell’area beneventana, ci siamo addentrati nel wine pairing non solo a livello enogastronomico ma anche di marketing strategy.
Non ci si può fermare certo al territorio
Al giorno d’oggi bisogna allargare le vedute, essere coscienti che ci sono oltre venti gusti diversi presenti nel cibo: dai più semplici, compresi quelli dolci, acidi e grassi, fino all’estremo che transita dal piccante e raggiunge anche l’umami, ovvero il quinto sapore (in giapponese, saporito). Nel wine pairing ci si deve concentrare ‘solo’ su sei gusti: salinità, acidità, dolcezza, amarezza, grassezza e piccantezza.
Considerare sempre l’intensità. Ed essere creativi
Un’insalata può sembrare leggera ma se il suo condimento è una vinaigrette balsamica ad alta acidità, le cose cambiano. La forza di un piatto non è scontata, ecco perché bisogna concentrarsi solo sull’intensità di ogni componente del gusto (acidità, grasso, dolce…). Identificati tutti i componenti di base nel piatto, si può iniziare a testare le opzioni e i conseguenti abbinamenti. Una volta creato l’equilibrio con i principali elementi del gusto sia nel vino che nel piatto, si può diventare creativi. Come? Abbinando i sapori più lievi. Angelo Uzzo, chef della tenuta La Fortezza (Torrecuso Bn) da sei anni, fa chiarezza sul tandem cibo e vino. “Il cibo è alla base della nostra vita - dice - Ognuno di noi, per svolgere le attività di ogni giorno, ha bisogno di assumere un determinato numero di calorie, ma per me il cibo e il vino sono soprattutto allegria, sono elementi che arredano e scaldano la casa e la cucina, sono il centro della creatività di un piatto. Bisogna partire da qui, analizzare i dettagli gustativi e olfattivi e creare un gioco a incastro”.
Come fa a scegliere il giusto vino da usare in cucina? Sulla base di cosa?
Il vino, oltre a essere la bevanda che accompagna ed esalta il gusto dei piatti, è anche un importante ingrediente per dare sapore a molte ricette. Scegliere un buon vino per cucinare è molto importante. La prima regola è evitarne uno maturo e di vecchia annata, il cui sapore mal si adatta alle sfumature di gusto del cibo; bisogna preferibilmente scegliere un vino giovane o novello. La seconda regola, è optare per un vino per cucinare legandolo al tipo di ingredienti che si andranno a usare. Ad esempio, i vini bianchi sono scelti soprattutto per preparare zuppe e per aromatizzare il pesce, le carni bianche, le verdure e diversi dolci. I vini rossi, invece, vanno usati per cucinare la carne rossa, le salse, il brasato e lo stracotto. Nella nostra gamma c’è l’Aglianico, che usiamo per lo stracotto marchigiano, per il brasato all’Aglianico, il risotto con riduzione all’Aglianico. Ma anche la Falanghina è tanto usata nei nostri piatti.
Quali sono le regole per il migliore abbinamento tra piatti e vino?
Una cosa importante a cui prestare attenzione sarà l’abbinamento con il vino da bere durante il pasto. La prima regola prevede di scegliere lo stesso vino utilizzato per cucinare in modo da armonizzare il gusto tra ciò che si mangia e ciò che si beve. In alternativa, non avendo a disposizione lo stesso tipo di vino utilizzato per cucinare, è consigliabile berne uno dalle caratteristiche più o meno simili per mantenere un buon equilibrio di armonia e corposità.
IL RAPPORTO CON I RISTORANTI
A tutti interessa poter essere presenti all’interno dei ristoranti stellati e di alto livello. Ma l’obiettivo principale è poter avvicinare quanti più consumatori possibili. “Affermare un brand è possibile solo attraverso la diffusione dello stesso - secondo Enzo Rillo, patron de La Fortezza - L’azienda è alla continua ricerca della novità e dell’innovazione, sempre con l’obiettivo principale della soddisfazione della clientela. Un prodotto diventa buono quando il consumatore riesce a trovarlo, e quindi a sceglierlo, e infine ad apprezzarlo. La nostra forza sta proprio nella qualità e nella bontà dei nostri vini. Se un consumatore ha la possibilità di provarlo, abbiamo la certezza che avrà la volontà anche di riacquistarlo. Ma sappiamo bene che i ristoranti stellati non sono accessibili a tutti, pertanto l’interesse rimane quello di poter avvicinare e servire i ristoranti con cucina tipica, le trattorie di qualità, le pizzerie gourmet, in modo da dare la possibilità ai consumatori di provare ed apprezzare i nostri vini”.
Bisogna quindi avere una buona presenza sul territorio domestico?
Non solo, puntare in maniera convinta al mercato internazionale, consolidando ciò che è già attivo e spingendosi verso maggiori e interessanti risultati. I mercati di maggiore interesse restano quello americano, asiatico e tedesco. Abbiamo investito in maniera significativa sulle bollicine, siamo riusciti ad anticipare le tendenze di mercato capendo in anticipo che il mondo del vino si stava proiettando verso gli spumanti, grazie ai quali si raggiunge un pubblico più vasto.
È stato semplice porre l’attenzione su uno spumante di Falanghina?
No, in quanto tutti associano la parola bollicina al prosecco e offrire qualcosa di diverso non è stato facile. Ma ci abbiamo creduto, forti della materia prima utilizzata: il meraviglioso vitigno della Falanghina è ricco di struttura, freschezza, corpo e acidità, così il prodotto si presta benissimo ad essere spumantizzato.
ATTENZIONE MASSIMA AL CLIENTE
Nicola Pastore, direttore commerciale de La Fortezza, parla di qualità, immagine e supporto all’area vendita Horeca grazie a eventi, presentazioni, degustazioni specifiche. “Tutto ciò che possa servire per far conoscere la nostra realtà produttiva, ma anche il nostro territorio, il Sannio”. Precisa che la sua azienda e la tenuta omonima sono due aziende differenti (“ovviamente c’è sinergia, perché ognuna dà supporto all’altra”) e illustra l’appoggio fornito al cliente nella presentazione e nell’abbinamento dei vini di casa con i piatti della cucina della propria tenuta. “Cibo e vino vanno di pari passo, la promozione di un territorio parte sia dal piatto che dal bicchiere”.
OGGETTISTICA E MATERIALI ESALTANO L’IMMAGINE COORDINATA
Antonella Porto, marketing manager, entra nel dettaglio della sinergia interna. “Le due aziende sono nate l’una per necessità dell’altra. La cantina è nata prima e, subito dopo, è arrivata la tenuta, una location per promuovere tutte le attività come gli openday”. Le attività in loco mettono ancor più in risalto poi l’azzeccata scelta di abbinare vino a cibo. “A volte organizziamo serate a tema con un menù che associa direttamente ogni nostro vino a un piatto preciso. Abbiamo collaborato con Vissani, ospite spesso della tenuta. A Milano, abbiamo organizzato una cena con Cannavacciuolo. Infine, i nostri distributori horeca fanno il grosso del lavoro posizionandoci al giusto livello. L’importante è creare il giusto equilibrio tra cucina e cantina”.
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A cura di Matteo Cioffi
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