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12 Febbraio 2014Le nuove chef stellate italiane sono brave, under 40, acclamate e grandi professioniste. Ammettono che non è facile ma non ci stanno ad essere trattate diversamente dai colleghi. Negano che ci siano differenze di stile dettate dal genere, e vogliono essere giudicate solo per quello che fanno sul campo. Determinate ed entusiaste, a sentirle danno davvero l’idea che qualcosa stia cambiando nelle cucine d’Italia.
«L’alta cucina è come l’alta moda, segue regole diverse dalla cucina di trattoria – spiega Paolo Marchi, ideatore di Identità Golose che ogni anno a febbraio porta i più bei nomi della ristorazione internazionale a Milano -. L’Italia ha la cucina casalinga più evoluta e ricca del mondo, e da questa tradizione, dall’osteria famigliare, provengono grandi cuoche riconosciute ovunque come Nadia Santini. Tanto che la metà delle cuoche stellate della guida Michelin sono italiane. È una tradizione che ha dei vantaggi quindi, ma anche dei limiti che stanno nella sua struttura famigliare, chiusa. Altrove i ristoranti sono da tempo imprese commerciali. E lo chef è il capo della brigata di cucina, non basta sia un ottimo cuoco. Per le donne è difficile raggiungere il top come lo è in tutti i campi. Con una differenza: la donna manager in maternità può seguire il lavoro da casa, la chef può lavorare solo in cucina. E il cliente vuole che lo stellato sia lì, tra i fornelli».
Il soffitto di cristallo quindi c’è anche qui, e sembra più spesso che altrove. Però «il settore si sta internazionalizzando, con investitori importanti che dall’estero puntano sulla cucina italiana. E stanno crescendo donne che fanno le cuoche per scelta, non per tradizione famigliare». Alcune si sono laureate e poi hanno cambiato strada, per passione. Raggiungendo l’eccellenza.
Ma esiste una differenza tra i generi in cucina? «Gli uomini sono più creativi, le donne più legate alla tradizione» dice categorico Marchi.
Risponde Antonia Klugmann, che, forse grazie a una laurea in Giurisprudenza, sa essere ottimo avvocato della causa senza scadere in semplificazioni o estremismi (quello che lei chiama “femminismo di forma, che non mi interessa”). «Per essere creativi bisogna essere liberi, e come in tutti i settori ci vuole tempo. Da poco ci siamo
[caption id="attachment_19507" align="alignright" width="159"] Antonia Klugmann a Venissa Photo ©Mattia Mionetto[/caption]
affacciate in un settore in cui i maschi sono molti di più, è una questione di numeri. Ma sono fiduciosa, perché credo che la cucina sia meritocratica: per rimanere in brigata devi essere bravo». Confermata chef del Venissa sull’isola veneziana di Mazzorbo (riaprirà il 14 febbraio) una stella Michelin, la chef triestina è una delle rare donne che ha accettato la sfida di dividersi tra due ristoranti: Venissa e il locale che aprirà nel Collio, l’Argine di Vencò. «È un progetto che ho da tanto tempo, e siamo in dirittura d’arrivo. Però ho anche ottenuto una stella al Venissa e non voglio perderla. In fondo la ricetta per riuscire è questa: cogliere le opportunità quando si presentano e accettare i sacrifici per noi stesse, per la nostra carriera, non sempre e solo per gli altri. Un insegnamento che mi hanno dato mia mamma e mia nonna. E poi c’è la cultura che può fare oggi la grande differenza per uno chef».
[caption id="attachment_19511" align="alignleft" width="159"] Iside De Cesari con la famiglia[/caption]
Avere due figli e una stella non è cosa semplice. Eppure Iside De Cesare de La Parolina di Trevinano Acquapendente (VT) ce l’ha fatta, «con un po’ di organizzazione e tanta volontà e impegno». Abbandonata la facoltà di ingegneria per seguire una passione che aveva fin da bambina, nega ci siano differenze tra cucina maschile e femminile «dipende da dove sei cresciuto se la tua cucina è più o meno strutturata. Io forse dopo essere diventata mamma ho posto più attenzione alla salubrità degli ingredienti e dei piatti. Certo, la donna è più versatile e abituata ad organizzarsi. Alle donne che incominciano dico che bisogna essere costanti e impegnarsi al massimo da subito per raggiungere dei risultati entro una certa età, perché abbiamo meno tempo, dobbiamo imparare più in fretta». Con il marito ha scelto di aprire un ristorante proprio per avere la possibilità di mettere radici e formare una famiglia «così ogni momento libero lo passiamo con i nostri figli».
Anche Loretta Fanella, chef-pasticcera, dopo essersi fatta le ossa nelle cucine di
[caption id="attachment_19508" align="alignright" width="210"] Loretta Fanella[/caption]
Cracco e Ferran Adrià ha deciso di fermarsi per diventare mamma. Ma presto ripartirà in grande stile. Tra i suoi progetti c’è un ristorante in un resort di lusso in Toscana dove lavorerà al fianco di Igles Corelli e una catena di pasticcerie a suo nome. Ha avuto problemi a lavorare nelle cucine dei grandissimi? «No, dopo aver dimostrato di saper lavorare. Devi confrontarti alla pari, devi fare tutto quello che fanno gli uomini, sollevare i sacchi di farina e impegnarti sempre. Io sono stata operata a una gamba e dopo due giorni ero già al lavoro, e questo atteggiamento è stato apprezzato».
«Non mi sono mi sentita discriminata, le prime che devono pretendere la parità sono le donne. Anche se è vero che - ammette Klugmann - in un mondo dove le donne sono poche le nostre esigenze non sono gestite al meglio. Però da quando ho iniziato, 13 anni fa, le donne sono aumentate». E si è ampliato l’orizzonte. «Un tempo era difficile trovare donne disposte a girare il mondo per formarsi: oggi è più facile che accettino questo tipo di vita».
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A cura di Matteo Cioffi
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