bevande
04 Novembre 2022Nell’agroalimentare l’Alto Adige ha saputo farsi conoscere nel mondo per le mele e per i vini. Un’attività di valorizzazione del territorio unita alla capacità, diventata esemplare, di saper fare squadra. I bianchi, Pinot grigio e Gewürztraminer in testa, sono il cavallo di battaglia, ma è in corso un meticoloso lavoro in vigna e in cantina per dare risalto anche alle caratteristiche dei rossi, dalla Schiava al Pinot Nero. La superficie vitata è di 5600 ettari (circa l’1% di quella nazionale) e ogni produttore possiede in media 1,5 ettari di vigneto, questo permette di svolgere un attento lavoro qualitativo, a partire dalla vigna, e di ottenere quindi dei prodotti con un rapporto qualità-prezzo molto interessanti. La fama che l’Alto Adige ha saputo costruirsi, grazie alle cantine e al Consorzio Vini Alto Adige, ha portato a delle buone remunerazioni per i produttori (chi possiede 3-4 ettari di vite può dedicarvisi come unico lavoro) e a una domanda che supera l’offerta, tanto che, in particolare per i bianchi, le scorte vengono esaurite da una vendemmia all’altra. Oltre il 50% del vino altoatesino viene consumato direttamente in loco grazie al turismo.
Il Gewürztraminer o Traminer è il più conosciuto tra i vini bianchi dell’Alto Adige. Consumato in regione ed esportato principalmente nel resto del territorio italiano, è molto amato per l’aperitivo dai più giovani per la facile riconoscibilità, il profumo e il gusto aromatici. Viene coltivato sull’11% della superficie vitata dell’Alto Adige; potrebbe essere considerato un vino lontano dalle tendenze più recenti, che vanno verso il residuo zuccherino zero e una grande freschezza nella bevuta, ma le cantine hanno saputo adattarlo ai tempi, senza snaturarlo.
Martin Foradori Hofstätter alla guida della cantina che porta il suo cognome, racconta questa evoluzione: “Negli anni Novanta del secolo scorso le uve erano portate a sovramaturazione, ne risultavano dei vini densi. Oggi si punta a una maturazione completa, comunque necessaria per equilibrare la chiusura amarognola tipica del vitigno, ma senza andare oltre; abbiamo ridotto la parete fogliare della vite, defogliando però solo la parte attorno al grappolo che volge verso Nord e siamo passati dalla vigna a pergola a quella a spalliera. Il risultato sono vini meno esuberanti e più moderni”.
La zona più vocata alla coltivazione è Termeno fino a 500 metri slm. “Per poter arrivare a una piena maturazione mantenendo l’acidità, per natura bassa – afferma Wolfang Klotz, direttore commerciale della cantina Tramin – il Traminer deve trovare delle microzone climatiche. Avendo un’acidità bassa concilia bene con cibi con limone, aceto, grassi e speziati. Con questo vino si stravolge il paradigma per cui negli abbinamenti la bevanda è subalterna al piatto”.
Il Gewurtztraminer dà espressioni molto apprezzabili anche dopo qualche anno in bottiglia: con l’invecchiamento le catene degli zuccheri si sciolgono e al palato sembra secco, mentre in realtà alla prova dell’analisi chimica il grado zuccherino non è mutato affatto. Con l’invecchiamento si apre: i profumi e l’ampiezza del Traminer si evolvono e la chiusura amara si sente meno. Assolutamente da tenere in cantina per i palati più consapevoli.
La Schiava è un vitigno dalla resa molto elevata e dai grappoli con gli acini molto grandi; era il tipico vino da tutti i giorni adibito a un consumo locale e domestico. Negli ultimi anni i produttori dell’Alto Adige stanno cercando di rilanciarlo puntando sul basso contenuto di tannini, il colore rosso poco acceso e la freschezza. Viene proposto come un’alternativa ai rosati o un vino rosso estivo da servire fresco (12-14 °C) da abbinare con pesci dalle carni saporite come trota e crostacei, zuppa di pesce e piatti di pasta con ragù semplici. Se si vuole rimanere nella tradizione locale è perfetta con speck, formaggi e Schuttelbrot, il pane di farina di segale altoatesino.
Girlan è tra le aziende maggiormente impegnate nel lanciare fuori dai confini dell’Alto Adige la Schiava. Per limitare le rese e concentrare gli aromi viene tagliata la parte inferiore dei grappoli, a ciò si aggiunge un attento lavoro in cantina. Il risultato è una Schiava che si distingue e che nell’invecchiamento è capace di dare note speziate molto eleganti.
Dalle vigne di Schiava della frazione Santa Maddalena, immediatamente a ridosso di Bolzano, si ottiene l’omonimo vino, il cui disciplinare di produzione consente di aggiungere un 15% (di prassi ci si limita a un 5-8%) di altri uvaggi, in genere Lagrein. La Cantina di Bolzano produce diverse selezioni di Santa Maddalena. Le annate più vecchie hanno dimostrato di mantenersi bene. Fino a 4-5 anni non emergono particolari differenze rispetto a un’annata recente, mentre dai 6-7 anni cede un po’ il colore rosso e al gusto i sentori di amarena e ciliegia diventano sciroppati e si esalta la nota di marzapane.
La Schiava è un vino da proporre a palati allenati.
Jessika Pini
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A cura di Matteo Cioffi
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