pubblici esercizi

11 Giugno 2013

Cantiere aperto a favore della flessibilità

di Silvio Moretti


Cantiere aperto a favore della flessibilità

I dati purtroppo sono sotto gli occhi di tutti. è ancora crisi e gli effetti continuano a farsi sentire sull’economia reale. Lo stesso presidente di Confcommercio Sangalli, nell’assemblea di Rete Imprese Italia ha ricostruito il quadro negativo del nostro Paese.

In Italia ha chiuso, nel 2012, un’impresa al minuto. è, ancora, il quadro di un’Italia in cui il numero dei disoccupati è ormai prossimo ai tre milioni di unità e la disoccupazione giovanile ha ormai oltrepassato la quota del 38%. Nel 2012 - ha ricordato l’Istat - la caduta dei consumi privati è stata di oltre il 4% ed il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8%. E anche la Corte dei Conti ha recentemente osservato che: “il 2012 evidenzia, rispetto agli obiettivi programmatici, un netto peggioramento dei saldi di bilancio e del rapporto debito/pil, nonostante le imponenti dimensioni delle manovre correttive adottate nell’ultimo triennio”.

Il nostro settore

Nel settore dei pubblici esercizi, secondo i dati dell’Ufficio Studi di Fipe, nel 2012 i consumi delle famiglie nella ristorazione hanno subito una contrazione reale stimata nel 2,5% pari, in valore, a circa 1,6 miliardi di euro. Le presenze turistiche hanno subito una contrazione media del 6,4% per effetto del forte ridimensionamento della domanda interna. Il clima di fiducia delle imprese di ristorazione è tornato sui livelli più bassi del 2008. Ed il lieve recupero registrato nel I° trimestre 2013 non sembra avere la forza per avviare un’inversione di tendenza del ciclo negativo.

Come se non bastasse a definire un quadro drammatico, nel primo trimestre del 2013 nel settore dei pubblici esercizi hanno avviato l’attività 5.125 imprese mentre 9.198 l’hanno cessata. Il saldo imprenditoriale è negativo per 4.073 imprese. Il risultato conferma il permanere di una situazione di forte difficoltà per la domanda interna che non risparmia neppure la ristorazione e che nel corso del 2012 aveva già raggiunto picchi di particolare intensità.

A livello europeo

L’Italia è l’unico Paese della periferia dell’area euro che non ha migliorato la competitività. A sostenerlo è la Bce, ricordando come la Grecia abbia fatto progressi sul costo del lavoro e Irlanda, Spagna e Portogallo sull’aumento della produttività. La Bce afferma che questi Paesi hanno fatto miglioramenti “incoraggianti” sul fronte delle riforme strutturali, ma che servono ulteriori sforzi per ridurre l’alto livello del debito pubblico e gettare le fondamenta per tornare a crescere. Fra le riforme da fare, l’istituto di Francoforte mette ancora l’accento sul mercato del lavoro, dove in tutti i Paesi “deboli” dell’Eurozona hanno preso misure importanti per aumentare la flessibilità dei negoziati salariali e degli orari e ridurre un’eccessiva protezione dei posti di lavoro. La Bce, che ancora una volta sottolinea il problema dell’alta disoccupazione, soprattutto quella giovanile, li considera “primi passi” verso un miglioramento del mercato del lavoro e della competitività.

Dire adesso che le politiche di riforma del lavoro messe in atto dal ministro Fornero non solo non hanno reso più facili gli impieghi, ma anzi hanno finito per ingessare tutti i contratti cosidetti “atipici”, sembra un esercizio inutile. In realtà chi, come la Fipe, lo ha sostenuto con insistenza in passato tanto da ricevere solenni rimproveri pubblici dallo stesso ministro del Lavoro, non può che constatare amaramente il fallimento di certe proposte.

Si dirà che non è solo con le leggi che si possa arginare la crescente disoccupazione. è vero le leggi da sole non bastano, però gli interventi sbagliati, soprattutto in relazione alla grave emergenza che tutto il Paese sta affrontando, di certo non aiutano.

Un cambio di marcia

Tanto è vero che il nuovo governo di Enrico Letta ha pensato bene di prendere le misure al mercato del lavoro: più flessibilità per stimolare l’impiego dei più giovani anche se pesa l’incognita dei costi per le misure da attuare.

Ricordare che l’avevamo detto, serve a poco. E tuttavia la partenza è con il piede giusto e non può che rallegrare quanti, come noi, avevano da sempre sostenuto l’inefficacia, considerato il contesto in cui venivano adottate, delle misure sul lavoro messe in atto dal precedente Governo Monti.

Tra le misure previste, si parte dall’apprendistato andando verso il superamento delle contraddizioni tra legislazione nazionale e regionale, che seppure con il nuovo testo unico erano state attenuate, non sono servite a superare la diffidenza delle imprese. Per proseguire con il contratto a tempo determinato, considerato dalla riforma Fornero una forma di precarietà e pertanto da scoraggiare rendendolo più complicato e soprattutto più costoso, “tassato” dell’1,4% in più. Il Governo sembra non volersi fermare qui, prevedendo una staffetta tra generazioni e credito d’imposta per i redditi più bassi. Il cantiere si apre non solo per semplificare contratti a termine e apprendistato, ma la “seconda fase” prevede misure ad hoc per i giovani, anche con il sostegno di fondi europei.

Misure assolutamente indispensabili ma forse non sufficienti se il Governo non riuscirà a metter in atto la riduzione del cuneo fiscale per abbassare il costo del lavoro e consentire di mettere più risorse in busta paga. La riduzione del cuneo fiscale rappresenta, quindi, un fattore chiave non solo per le aziende e dipendenti, ma anche per il sistema paese, nel complesso, in quanto concorre a porre le basi per un rilancio dello sviluppo. Il timore è che su questo fronte si dovrà aspettare, visto il budget preventivato di 8-9 miliardi.

Solo misure così incisive potrebbero consentire alle parti sociali di costruire buone relazioni evitandogli di avvitarsi in posizioni conservative che rischiano di non cogliere il cambiamento in atto che non può più essere governato attraverso i canoni tradizionali del diritto del lavoro di matrice fordista e statutaria.

Continuiamo a credere, a differenza di alcuni, che le buone relazioni, attraverso una contrattazione collettiva che non prevarichi le posizioni degli uni nei confronti degli altri, continuino ad essere necessarie a patto che sappiano interpretare, senza comprimerlo, il dinamismo di un mondo del lavoro che cambia incessantemente.

TAG: CAFFè DIEMME,CUNEO FISCALE,MARCO BERETTA

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