fatti in casa?
No, a meno che non ci sia alle
spalleuna serissimaconoscen-
za della materia in termini le-
gislativi e tecnici. È vero che
introdurre sciroppi e bitter di
propria produzione permette
di differenziarsi dalla concor-
renza. Ma attenzione: i nostri
home made non sono mai nati
dalla semplice lettura di libri,
quantodall’esperienzaacquisi-
taattraversocorsiprofessionali
di erboristeria e stage in azien-
de esperte nella produzione di
certi prodotti. Onestamente,
ritengo molto più importante
che il barman sia preparato, si
mantenga aggiornato e sappia
creare buoni drink piuttosto
che proporre pozioni spesso
pessime per cercare di im-
pressionare il cliente o peggio
i colleghi.
Come si riconosce il drink
perfetto?
La perfezione assoluta non esi-
ste. Piuttosto, parlerei di coc-
ktail realizzati con consapevo-
lezza, equilibrati e armonici. Vi
suggerisco di lavorare per sot-
trazione e di ridurre il numero
di ingredienti: evitatedi usarne
più di quattro. Tenete presente
che ilmestieredelbarmanclas-
sico èmolto difficile: inmolti si
dedicanoallasperimentazione
pernascondere leproprie lacu-
ne, puntando su presentazioni
scenografiche, spessopacchia-
ne e a volte ridicole.
Che ruoloha ladecorazione?
Perme, è inutile. Vi consigliodi
puntare più sulla scelta del bic-
chiere,chesulladecorazionein
senso stretto. Basta un assorti-
mentodi20-30bicchieridiversi
per garantirsi un elemento di
ornamentononstandardizzato.
Detto ciò, parola d’ordine deve
essere eleganza, il che significa
essere essenziali e minimalisti
per evitare che il decoro si
sostituisca al drink. Certo, le
eccezioni nonmancano, penso
per esempio aMarianBeke del
Nightj
ardiLondra:haallespalleanni di ricercanell’ambitodella
creazione di decorazioni parti-
colari e di modalità di servizio
uniche cheoggi rappresentano
il suo marchio di fabbrica, ed
è tra i pochi capace di rendere
elegante l’eccesso. Il mio con-
siglio? Evitate di copiarlo, ma
cercate di capire i concetti alla
basedel suooperatoedi trarne
ispirazione.
Capitolo food pairing. I tuoi
consigli?
Non esistono abbinamenti
perfetti, anche perché ognu-
no percepisce i sapori inmodo
diverso, ma dal punto di vista
commerciale il tema va svilup-
pato perché genera business.
In tutta sincerità, però, non
vedo un grande futuro in Ita-
lia nella miscelazione connes-
sa al food, perché siamo un
Paese di vino e birra. Il food
pairing si svilupperà in deter-
minate situazioni, come eventi
fashion e di design o nei risto-
ranti che aspirano a regalare
un’esperienza a tutto tondo,
limitandosi a restare un gioco
divertente.
I tuoi consigli per contrasta-
re gli effetti della crisi?
Intanto, padroneggiare le tec-
niche e le ricette tradizionali.
Inoltre, servono semplicità e
sorriso. Dobbiamo smettere di
pensare che la gente vada al
bar solo per bere. Per riempire
il locale occorre offrire valore
aggiuntoattraversounservizio
impeccabile,un’offertacoeren-
te con il target di riferimento
e una scelta musicale in linea
con l’ambiente.
Quali consideri i freni mag-
giori imposti dalla burocra-
zia al sistema bar italiano?
Oltre alla tassazione sproposi-
tataeallaconseguenteimpossi-
bilitàdi remunerare inmaniera
adeguataicollaboratori,unfre-
no importante è rappresenta-
to dalla totale incapacità delle
istituzioni di gestire le criticità
delmercato,cheall’esterospes-
so è un traino per l’economia.
Bisognerebbe mettere gli im-
prenditori incondizionedi fare
impresa attraverso una totale
deregulation.
La mia proposta? Aboliamo
l’Haccp e riscriviamo le rego-
le insieme a chi fa impresa nel
bar e nella ristorazione. Inol-
tre, sarebbe utile che i comuni
predisponessero un servizio
notturno di mezzi pubblici
adeguato che consenta ai cit-
tadini desiderosi di uscire a
bersi un drink di lasciare l’auto
a casa senza essere costretti a
prendere un taxi. Insomma, è
ora di dire basta al killerag-
gio istituzionale verso i locali
notturni che porta a forme di
proibizionismointollerabile.
M
The Jerry Thomas
Project
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