L’autore è Consigliere
dell’Istituto Internazionale
Assaggiatori Caffè e
Amministratore del Centro
Studi Assaggiatori
www.assaggiatoricaffe.orgP
erché all’estero si ostinano a stu-
diare l’espresso italiano? Qualcuno
si sta facendo questa domanda in
modo insistente. E ogni tanto river-
sa sui social la sua preoccupazione,
la condivide, cerca di lenire il dolore che
gli causa vedere che, no, l’espresso italiano
non è morto.
L’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè
è operativo a livello quasi globale nella for-
mazionededicataall’analisi sensorialedell’e-
spresso italiano. Solo nell’ultimo scorcio di
questo 2014 una ventina i corsi tra Giappo-
ne, Corea, Cina, Taiwan, Australia e Nuova
Zelanda. A conferma di un trend positivo
per il nostro caffè, molti export manager
raccontano che le vendite all’estero stanno
andando bene (ben inteso che qualche tor-
refattore si sta purtroppo approfittando di
questa vitalità: che dolore al cuore vedere
all’estero certi orribili chicchi in confezioni
che recitano “made in Italy”).
Insomma là fuori gli operatori studiano, stu-
diano e studiano il nostro caffè. E vogliono
entrare nelle pieghe delle miscele, carpirne
l’anima, investigarle a fondo. Per farlo una
sola via: la formazione, strumento talvolta
misterioso in Italia, ma di utilizzo comune
all’estero. E allora, tornando alla domanda
iniziale, quella che tormenta alcuni perso-
naggi del coffee business italiano: perché
l’espresso italiano è oggetto di studio, non
era già morto?
Una prima ragione deriva dall’autostima dei
professionisti stranieri. Molti baristi, impor-
tatori edistributori semplicementeritengono
inammissibile che il loro ruolo possa essere
offuscato da una patina più o meno spessa
di ignoranza sul prodotto. E poi sanno che
la conoscenza è spendibile nella loro attività
quotidiana e li qualifica come esperti agli
occhi dei loro interlocutori, agevolandogli
quindi il compito.
C’è anchemolta fascinazione per la miscela,
idea che nasce in Italia. C’è da parte del
professionista all’estero interesse a capire
comesipossaaverecomplessitàedequilibrio
(perché la prima senza la seconda è solo
caos sensoriale). Eccoli quindi andare alla
fonte per vedere come noi italiani abbiamo
risposto a questa domanda. E si stia atten-
ti: non è più un copiare, ma comprendere
un modello e verificarlo rispetto al proprio
mercato.
È Giotto che guarda Cimabue e talvolta l’al-
lievo supera il maestro.
Daultimoc’èallabasedellostudiodell’espresso
italianolavogliadientrarenellanostracultura.
Il caffè come chiave che apre le porte di
un mondo diverso, fatto di città antiche e
di culture gastronomiche e non solo che si
differenziano nell’arco di pochi chilometri.
È la bellezza di studiare soprattutto per gli
asiatici una cultura esotica ed evoluta (fasci-
nazione che subiamo anche noi all’inverso
naturalmente). È la voglia di vedere la vita
in modo diverso, di allargare l’orizzonte:
per molti stranieri è una ricerca sensoriale
semplicemente affascinante.
M
Chi fosse interessato a contattare l’autore può
farlo scrivendo a:
carlo.odello@assaggiatori.com100
mixer
dicembre/gennaio 2015
Global Coffee
gestione e impresa
Gli stranieri studiano
l’espresso italiano
CARLO ODELLO
c’è la voglia di capire come si possa
avere complessità ed equlibrio
ma anche di entrare nella nostra
cultura che tanto affascina il mondo
di carlo odello