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Pensiamo un attimo al tequila: ricavato da una

materia prima povera di sostanze aromatiche e

facile preda di microrganismi, distillato un tem-

po in alambicchi primitivi, non è mai stato una

gioia dei sensi. Per sopperire a questa carenza

naturale fu introdotto l’uso del limone e del sale

sull’incavo formato dall’indice e dal pollice: una

leccata e poi unbicchierino d’acquavite tutto d’un

fiato. Divenne rito e per il tequila fu la fortuna.

Non meno importante, volendo riferirci a tempi

più vicini a noi, è stato il recupero della tradi-

zione dello spritz (pirlo per i Bresciani, furlan

per i Friulani) con un conseguente insperato

business per gli ingredienti (Prosecco, Aperol,

Campari) e per i bar che organizzano aperitivi.

Qui sorge spontanea un’altra

riflessione: la complessità del rito

Recarsi al bar al mattino per un espresso veloce è

comunque un rito, per molti irrinunciabile, ma è

decisamente semplice. Sedersi inunbar aVienna,

farsi servire un caffè in tazza di porcellana fine

con panna e latte a parte, dosare con cura gli

ingredienti, intercalare il sorseggio con piccola

pasticceria costituisce un rito decisamente più

complesso.

Ecco che i riti possono nascere da abbinamenti

tra più elementi sapientemente uniti dal parteci-

pante o dall’officiante del rito. Se invece di essere

una caffè alla viennese avessimo preso come

esempio un cappuccino a Costa Masnaga, a fare

la parte del leone sarebbe stato il barista con la

sua capacità di montare il latte alla perfezione e

di versarlo con arte su di un espresso eccellente.

Molti riti - da quello del tequila al cappuccino -

sono costruiti attraverso abbinamenti.

L’ombra con l’ovetto, tipicamente veneta, è co-

stituita da un semplice bicchiere di vino (in ge-

nere bianco) con un nuovo sodo: il piacere di

un’abitudine che diventa rito irrinunciabile, con

conseguente aumento dei consumi.

Una bevanda semplice diventa ritoquando soddi-

sfa un mito collocandosi in un preciso momento

di aggregazione, come può farsi complessa di-

ventando rito stesso la sua preparazione. Caso

classico la caipirinha.

Ma un mito può volere un rito: quanti pren-

derebbero mai in mano disinvoltamente una

bottiglia di vino da qualche centinaio di euro

e la stapperebbero distrattamente versandone

il contenuto in un vetraccio di infimo ordine?

Un rito ha naturalmente la necessità di una sce-

nografia, coerente con il rito stesso. Fanno parte

di questa il luogo, gli arredi e i complementi di

arredo. La piazza di Manzanarre in Spagna è il

luogo del rito dell’aperitivo serale per tutta la

città. Quattro bar offrono preziosi Xeres serviti

in piccoli bicchieri e accompagnati da formaggi

e stuzzichini a base di pesci, entrambi scelti con

estrema cura.

La poltrona di casa vostra può essere il tempio in

cui officiate il rito di un incontro con voi stessi

accompagnatoda unCognac d’annata, servitoper

l’occasione in un balloon di vetro leggerissimo

da avvolgere nel palmo della mano.

Ma non meno importante è l’officiante di un rito

che ha il compito di preparare il tempio curando

ogni minimo particolare, ma anche di dimo-

strarsi all’altezza del proprio ruolo attraverso

uno stile impeccabile. Se un ballon può essere

riscaldato nel palmo della mano e un tumbler

gestito con disinvoltura e incuranza, un calice

da degustazione va tenuto rigorosamente per

lo stelo pinzandolo tra il l’indice e il medio o,

se volete fare i fighetti, pinzando il piede con il

pollice e l’indice.

M

del

bere

74

mixer

MAGGIO 2015