diffondere non solo su tutto il territorio nazionalema
anche all’estero dove potrebbe efficacemente essere
inserito nell’italian style tanto amato.
TEQUILA: LA LECCATA DEL PISTOLERO
Un bicchierino di tequila, di coccio o di vetro poco
importa. L’indice e il pollice chiusi a formare un
incavo impermeabile in cui spremere limone finché
sia pieno. Poi sale a piacimento. Quindi una bella
leccata e, a seguire, il bicchierino di tequila.
Ecco il rito che ha reso famoso questo distillato nel
mondo. E ha avuto la sua ragione d’essere. Il tequila
è prodotto con una materia prima amilacea (la parte
basaledell’agave) praticamenteprivadi aromi primari
e povera di acidi, per cui facile preda di infezioni in
fase di fermentazione. Per giunta la trasformazione
degli zuccheri in amidi veniva fatta in tunnel scavati
nella terra con calore trasportato dal fumo e i primi-
geni alambicchi usati per la distillazione erano a dir
poco rudimentali. In parole povere: il piacere dovuto
all’acquavite tal quale era escluso. Occorreva unamo-
dalità per appropriarsi dell’alcol in modo piacevole.
Il limone da questo punto di vista è perfetto, perché
attraverso i terpeni riesce a mascherare molti difetti
olfattivi. E il sale genera una confusione percettiva
rendendo più accettabile il bruciore dovuto all’alcol
e la pungenza dei composti bassobollenti.
Oggi il prodotto è migliorato tantissimo, pur non
essendo un’acquavite dotata di grande personalità,
ma il rito è rimasto.
WHISKY: ACQUA E GHIACCIO
Dove l’ambiente si fa ostile per la vite in quanto
carente di luce e temperature sufficienti, prospe-
rano i cereali che forniscono fermentati non molto
generosi ma sufficienti per dare birra e acqueviti.
La prima è più facile da ottenere, ma un tempo
evidenziava due problemi: occupa grandi volumi
che ne rendevano difficile il trasporto e ha una vita
decisamente corta. La soluzione fu l’alambicco. Con
esso i fermentati di cereali erano concentrati fino a
dieci volte e acquisivano una vita quasi eterna e una
trasportabilità eccellente anche in zone impervie.
Ecco nascere il whisky nelle diverse declinazioni:
Scotch, Irish, Bourbon e fratelli, Canadian. Il suo
incontro con l’acqua prima e il ghiaccio poi fu ine-
vitabile. L’acquavite - estratta un tempo da 55 a 70
gradi dall’alambicco, oggi molte volte a gradazioni
ben più elevate - doveva innanzitutto essere portata
a una ricchezza alcolica adeguata al consumo: in-
torno ai 40° per un consumo fuori pasto, intorno ai
15° per accompagnare i cibi. Il ghiaccio, un tempo
status symbol, aveva la stessa funzione nel consumo
fuori pasto con un valore aggiunto: la riduzione di
eventuali difetti e il piacevole contrasto che nasce
dall’assunzione di una bevanda fresca che subito fa
avvampare di calore la mucosa orale.
Fin qui non c’è rito. Questo nasce quando il consu-
mo dà vita a una serie di azioni rituali: preparare
il tempio con una collezione di whisky, il ghiaccio
a cubetti della giusta dimensione e il bicchiere con
una corretta capienza, per poi passare all’uso del
tutto per prepararsi un drink e sorseggiarlo. Scena
tipica dei film americani, oggi sempre più rubata
dal calice di vino.
Ma molto più rituale è lo Scotch ridotto con acqua
purissima delleHiglands che accompagna il salmone
appena pescato in una sala illuminata da un grande
camino che attenua i rigori dell’inverno scozzese.
Se tutti questi elementi non li possiamo avere nelle
nostre abitazioni, almeno l’acqua sì: ed ecco un bu-
siness derivante da chi desidera perpetuare il rito
fuori dal suo contesto tradizionale.
Tra le curiosità dei riti legati al whisky vi è anche
quella della bevuta con il bicchiere al tavolo prati-
cata nel Regno Unito, ma anche nei Paesi Bassi: in
questo caso è vietato portare il bicchiere alla bocca,
ma si porta questa al bicchiere e si deve bere senza
usare le mani.
CALVADOS: TROU NORMAND
Unpranzo inNormandiapotrebbeancheesseremolto
lungo. Non perché è lento il servizio, ma perché le
portate sono molte e il rischio di non poterle assag-
DEL BERE
i riti
70
Mixer
GIUGNO 2015