molti spazi. Per avere successo, però, è essenziale non
proporre solo sushi: l’offerta deve essere variegata e
includere anche piatti cotti, nonché dolci. Il nostro
menu comprende ben 150 opzioni, tutte corredate
da foto e dalla descrizione della pietanza. La carta è
stata stampata in due versioni: su un catalogo 20x20
cm a uso sala e in formato pieghevole 20x8 cm su 16
facciate da consegnare ai clienti a fine pasto insieme
al conto.
Perché hai introdotto anche il menu in formato
pieghevole?
Perché è uno strumento di marketing potentissimo!
I clienti lo portano a casa e quando desiderano il
servizio home delivery ci contattano con le idee già
chiare.
Ogni tre mesi, inoltre, lo inviamo attraverso un’atti-
vità di direct marketing a tutte le buche delle lettere
della città e dei paesi confinanti.
Take-away e home delivery quanto incidono sul
vostro fatturato?
Circa il 30%. In un anno, riceviamo 10 mila richieste
di take-away e di home-delivery, di cui almeno 4 mila
solo nel ristorante di Como.
Nel 2007 il SushiBar di Como è stato pioniere nel
lanciare il servizio e-comm. Un bilancio?
Suggerirei di introdurre il servizio, perché è un mezzo
in più per arrivare nelle case dei clienti. L’ideale, però,
sarebbe gestirlo in maniera autonoma, direttamente
dal proprio sito. Noi lo abbiamo fatto sin dall’inizio
e negli ultimi tempi anche attraverso una piattaforma
esterna, Just Eat, che ci assicura alta visibilità, ma ci
costa il 15% di ogni scontrino e, di fatto, allontana
i clienti dal portale di SushiBar
(www.sushibar.it).Credit
Charlott
Ommedal
ristorazione
Sushi
pillole di storia
Storia del
sushi
Si dice sushi e si pensa
subito al Giappone. In
realtà il sushi arrivò nel
Paese del Sol Levante solo
nell’ottavo secolo, dal
Sud Est asiatico e dalla
Cina del Sud. Secondo
Ole Mouritsen, biofisico
danese della Syddansk
Universitet esperto di
cucina giapponese, il sushi
nasce come metodo per
conservare il pesce.