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MIXABILITY

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Mixer

MAGGIO 2016

DAL FUTURISMO AL FUTURO:

ALLA RISCOPERTA DELLA TRADIZIONE ITALIANA

DEL BERE MISCELATO

Tra i seminari di spicco, un approfondimento merita

quello dedicato all’influenza del Futurismo sul mondo

dei cocktail italiani. Già, perché il movimento fondato

da

Filippo Tommaso Marinetti

non sovvertì solo le

regole dell’arte, del linguaggio, della comunicazione

e della cucina, ma anche quelle della miscelazione.

Che cosa abbia rappresentato il Futurismo per il mon-

do del bere miscelato nostrano lo spiega bene

Fulvio

Piccinino

, autore del libro “La miscelazione futurista”

e del sito Saperebere. «A differenza dei drink ameri-

cani, basati sul bilanciamento acido-zucchero-spezie,

quelli futuristi puntavano sull’equilibrio dolce-salato»,

puntualizza l’ex barman, che a

Zero Design Festival

insieme a

Yuri Gelmini

e

Fabio Tarroni

ha tenuto un

seminario dedicato proprio alla miscelazione futurista.

«Così ecco ‘polibibite’ (vietato all’epoca usare parole

straniere) che accostavano dolce e piccante come il

Brucia in Bocca, con amarene riempite di pepe nero.

Gli ingredienti principi erano grappe, vini, vermut,

amari, bitter. Inoltre, per i futuristi era importante la

presentazione in un tripudio di decorazioni plastiche,

meglio se tridimensionali: datteri ripieni o arrotolati nel

prosciutto, cubetti di formaggio con cioccolato, succhi

di frutta congelati…». Last but not least, la miscelazione

futurista non dettava regole esatte sulle dosi, lasciando

al barista la libertà di sperimentare. Come mai? Perché

per Marinetti «ogni errore di dosaggio potrà dar vita

ogni volta una ricetta diversa». E oggi qual è lo scenario?

«Assistiamo a un ritorno alle origini dopo la crisi della

miscelazione degli anni Ottanta e Novanta e il boom

dei format legati a tradizioni straniere, dagli speakeasy

ai tiki bar. Tuttavia, vanno per la maggiore prodotti

stranieri come mezcal, tequila, pisco e dimentichiamo

di usare grappe e amari nostrani, eccellenti e unici

nel mondo», commenta Piccinino. «Il fatto è – aggiun-

ge Yuri Gelmini – che troppo spesso la liquoristica

italiana rimane chiusa in ambito regionale. Eppure si

tratta di liquori meravigliosi, prodotti con ingredienti

spontanei o coltivati in zone limitatissime». «Oggi, al

di là del Negroni riportato in auge da

Luca Picchi

, la

storia della miscelazione made in Italy rischia di essere

dimenticata», conclude Piccinino. «La mia idea è quella

di proporre delle ‘neopolibibite’ con amari, distillati,

frutti del nostro territorio: dall’amaro Segesta ai capperi

di Pantelleria, dal liquore alle noci allo zafferano».

SIETE DA BOSTON O DA PARISIENNE?

Alla quarta edizione di Zero Design Festival si è parlato

anche degli strumenti fondamentali per chi lavora dietro

al bancone, ripercorrendo la storia di due oggetti cult

realizzati da

Alessi

, azienda simbolo del design made

in Italy. Di cosa stiamo parlando? Dell’agitatore per

cocktail 870, classico shaker a tre componenti nato nel

1957 dalla matita di

Luigi Massoni

e

Carlo Mazzeri

e venduto in oltre un milione di esemplari in tutto il

mondo, e del Boston 5050 o “americano”, disegnato

nel 1979 da Ettore Sottsass grazie anche al contributo

Inchiesta