GIUGNO 2016
Mixer
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Il Tour Campari
La formazione viaggia sul Truck
Ha preso il via solo pochi giorni fa il tour che sta portando
l’imponente Truck di Campari Academy in viaggio per l’Italia per
far conoscere, apprendere e sperimentare l’arte del“bere bene”
con numerose iniziative dedicate a professionisti e appassionati
del settore. L’attività promossa dal Truck di Campari Academy rientra
nell’ambito di #Beremeglio, il nuovo progetto congiunto lanciato
da Federvini e Fipe volto a sostenere il consumo responsabile
e a promuovere la qualità all’interno dei pubblici esercizi italiani.
Per il primo appuntamento, lo scorso 5 maggio, Campari Academy
non poteva che scegliere una location esclusiva come la centralissima
Piazza Duomo a Milano che, grazie alla disponibilità e al supporto
del Comune di Milano, è stata animata fino a tarda sera con speciali
iniziative come corsi di formazione, seminari tematici e tante
curiosità dedicate al mondo della mixology per operatori e semplici
appassionati. Nel corso della mattinata, si è svolta una tavola rotonda
con esperti del settore rivolta ai giovani e finalizzata a riscoprire
e valorizzare la figura del bartender sia come nuova opportunità
di lavoro e carriera, sia come figura fondamentale nella divulgazione
di uno stile di consumo e servizio responsabile di bevande alcoliche.
L’appuntamento milanese è stato il primo di una lunga serie di tappe
che, fino a ottobre 2016, porteranno l’esperienza e la competenza
di Campari Academy in numerose città del nostro Paese. Il calendario
completo delle varie tappe è consultabile sul sito di Campari Academy
al seguente link:
https://campariacademy.it/it/truck/2016/è diffondere la cultura del bere con un sito che possa
coinvolgere la gente comune, gli appassionati delmondo
del bere per aumentarne il loro livello di conoscenza.
In questo modo l’intero comparto ne trarrà giovamento.
C’è ancora un grande lavoro da fare in termini di
“cultura del bere”. Cosa manca effettivamente?
Direi principalmente il tempo: a me e ad altri colleghi di
andare in giro per l’Italia a parlare di cultura del bere,
alle aziende di lavorare e sviluppare progetti e idee con
i giusti tempi e ai baristi di poter partecipare agli eventi
perché hanno un’attività a cui dedicarsi.
Poi manca la coesione. Se noi italiani lavorassimo so-
lo il 10% in più in gruppo e sul nostro territorio non
avremmo da temere nessuno.
Si può davvero bere responsabilmente?
Si certamente. L’alcol ha sempre avuto una funzione
sociale, nel bene e nel male. Come tutte le cose dipende
dall’uso che se ne fa. Alcune aziende hanno veramente a
cuore l’argomento e fanno grossi sforzi in questo senso.
Sul consumatore e sui collaboratori.
Il tuonomeèspessoassociatoal concettodi Polibibite
Futuriste. Di cosa si tratta?
È una mia ricerca sulle miscele autarchiche dei primi
trent’anni del ‘900. Un periodo storico culturale molto
interessante che, combaciando con il regime, è stato
presto dimenticato. Un momento che per situazioni
contingenti legate all’autarchia ha permesso a barman
e artisti di creare miscele uniche nel loro genere, asso-
lutamente geniali pensando agli ingredienti usati.
Hai dichiarato che si è perso in miscelazione l’uso
della liquoristica italiana. Quali prodotti potrebbero
essere usati in miscelazione?
Tutti. I miscelatori futuristi e i barman italiani degli anni
‘30 ci hanno detto che si possono fare cocktail usando
il nocino, la genziana, il ferrochina, il pino mugo per
citare i primi che mi vengono in testa. Tutti i liquori
del nostro territorio si possono usare nelle giuste dosi
e con i giusti equilibri.
La tua attenzione non è rivolta solo all’operatore, ma
anche al consumatore. Tracciamo un profilo dell’av-
ventore moderno…
Varia a secondo dell’età, ma in genere è curioso (me ne
accorgo quando faccio le serate futuriste dove spesso
tengo lezioni al banco) e attento alla qualità. L’epoca del
consumatore sprovveduto e “tanto non capisce niente”
mi sembra, fortunatamente finita.
Quale sarà il futuro della mixability?
Spero sia una “Ricostruzione Futurista dell’Universo”,
ovviamente del bere, dove ci sianobarman che guardano
di più in casa nostra, senza rinnegare i prodotti stranieri.
La soluzione non è usare la grappa per fare improbabili
twist, ma saperla dosare in cocktail unici.
M