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Mixer
/ FEBBRAIO 2017
LA PROFESSIONE
Global Coffee
Q
uandoerostudenteal liceomi ricordodi compagni
di classechescomparivanodallascenaperqualche
tempodopouna sonorabocciatura. Poi all’univer-
sità venivi a sapere che pure loro si erano iscritti
allo stesso ateneo e rimanevi perplesso perché, davvero,
quei ragazzi non brillavano certo per acume o per voglia
di studiare. Ma nel mentre c’era stato un qualche istituto
privato che aveva generosamente elargito un diploma di
maturità. E con questo aveva dato speranza a quella fami-
glia che tanto teneva a vedere il proprio figliolo adornato
con la corona d’alloro. Speranza non male riposta poiché
negli ultimi anni, di fronte a un’Europa che ci rimproverava
di avere troppo pochi laureati, abbiamo assistito a copiose
sfornate di nuovi dottori in qualcosa, a qualunque livello e
di qualunque tipo.
E IN ASIA…
Più di una volta in Asia ho riprovato quella stessa sensazione
di stuporeparlando conprofessionisti del caffè che avevano
una parete tappezzata di diplomi. Stupore non tanto per
l’enorme investimento in cornici, devo dire quasi sempre
molto belle, quanto per la successione cronologica dei cer-
tificati. Più che un corso di studi, una corsa agli studi. Poi
parlando con alcuni di loro mi sono accorto che, portando
la discussione a un livello più tecnico, almeno sotto l’aspetto
sensoriale dovemi muovo quotidianamente, a quel punto la
corsa evidenziava un certo fiatone. Anzi, una vera e propria
conoscenza dal fiato corto.
IL CARATTERE ASIATICO
Del carattere asiatico ho sempre ammirato due aspetti. Il
primo è il grado di umiltà, normalmente superiore al nostro:
ho visto torrefattori con trent’anni di esperienza tornare sui
banchi di scuola e discutere di curve di tostatura come se
fosse la prima volta. Il secondo è la loro voglia di imparare
e la determinazione a investire in formazione. Eppure con
questo loro atteggiamento così ragionevole e compìto i
professionisti asiatici sono talvolta preda di alcuni falchi
della formazione sul caffè.
Si aggira in Asia lo spettro di una
coffee education
che
ricorda i più mesti diplomifici di cui sopra. In mercati nuovi
e altamente competitivi, dove il professionista è tenuto a
esibire determinate credenziali, c’è oggettivamente una
forte domanda di certificazione delle proprie conoscenze
e capacità. Una vera e propria corsa al diploma di questa o
di quella organizzazione. Questa brama del pezzo di carta,
viatico per il successo nel
coffee business
, è talvolta agevo-
lata, se non caldeggiata, da formatori senza grandi scrupoli
che fanno
dumping
sul prezzo dei corsi o sono riconosciuti
per essere meno severi agli esami.
In sostanza tutte le organizzazioni del caffè che operano
sul mercato asiatico con l’encomiabile intento di portare
e condividere conoscenza saranno chiamate a un control-
lo sempre più capillare dell’attività dei propri formatori.
Compito la cui difficoltà è naturalmente proporzionale
alle dimensioni dell’organizzazione stessa (più formatori,
più controllo), ma che deve diventare una priorità
per mantenere la propria reputazione sul mercato.
I rischi delle
corse al diploma
LA RICERCA AFFANNOSA DEL “FOGLIO DI CARTA DA ESIBIRE” COMPORTA
LA NECESSITÀ PER I FORMATORI DI ESSERE SEMPRE PIÙ PRECISI, SERI E RIGOROSI
di Carlo Odello
L’autore è Consigliere dell’Istituto
Internazionale Assaggiatori
Caffè e Amministratore del
Centro Studi Assaggiatori
www.assaggiatoricaffe.orgM
CARLO ODELLO