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Mixer

/ FEBBRAIO 2018

IN PRIMO PIANO

Trend dall’estero

in fabbrica, ma da un cono di farina, qualche uova, acqua e

sale, un po’ di olio di gomito e una nonna che ti ha passato

tanta sapienza del saper fare. Sarà lunga ma si può tentare

di sostituire le

Fettucini Alfredo’s

con qualsiasi cosa che ci

rappresenti di più.

QUESTIONE DI TRASPARENZA

C’è un punto, però, che dovremmo riprendere dal modo di

fare ristorazione inAmerica, eparadossalmentenon riguarda

la cucina, almeno non direttamente.

Mi riferisco alla capacità americana, anche nella ristorazione,

di premiare la trasparenza nei confronti dei clienti. Questo

è vero certamente per il conto: negli USA sai sempre cosa

stai pagando.

Se, per esempio, il pasto costa 30$ sai che pagherai circa

l’8%di sales tax e una mancia compresa fra il 12% ed il 20% a

seconda di comegiudicherai il servizio. Sarebbe interessante

portare il sistema in Italia e provare a spiegare ai clienti che su

un pasto di 30 euro, almeno il 30% è appannaggio esclusivo

di Iva e servizio.

Acui poi andrannosommati i costi per

lematerieprime, le tassee il lavo-

ro profuso. Alla fine il nostro

ristoratore se ne troverà in

tasca 5, se va bene.

Ma la trasparenzanonsi

ferma a questo aspet-

to, riguarda anche la

pulizia del locale. In

America i ristoran-

ti sono obbligati ad

esporre all’ingresso un

certificatolegatoall’igiene

espresso con lettere A, B, C

a seconda del grado di pulizia

riscontrato durante un’ispezione

annuale del dipartimento di salute locale.

Lo stesso Dipartimento pubblica su internet la lista

con il giudizio su tutti i locali della città di competenza. Un

modo molto diretto, semplice, comprensibile dal consu-

matore, per promuovere il rispetto delle regole sanitarie.

Sarebbe fantascienza promuoverlo anche da noi? No, so-

no convinto che sarebbe la migliore garanzia per i tanti, la

maggioranza, che della qualità, del senso di ospitalità han-

no fatto quotidianamente il miglior biglietto da visita

per la straordinaria capacità di accoglienza italiana.

popolazione americana che ne è affetta è doppia rispet-

to a quella italiana), l’obesità (secondo il Center for Diseas

Controll and Prevention, circa il 38%degli americani è obeso

con punte del 40% fra le donne) o i problemi cardiovascolari.

Alla lucedi questeriflessioni, sonostatoassalitodaundubbio:

forse noi in Italia (dove la situazione, per fortuna, non è equi-

parabile al mercato a stelle e strisce) stiamo sottovalutando

le potenzialità “virtuose ed educatrici” dei nostri ristoratori

e baristi che possono essere fonte di ispirazione positiva e

traino dei consumi domestici.

IL RUOLO DEI RISTORANTI ITALIANI

Ma, ovviamente, le catene non mi sono bastate: ho volu-

to provare anche qualche ristorante cosiddetto italiano, in

qualche cittadina minore, lontano dai fasti, dai conti salati e

degli esclusivi locali alla moda. Mi ha colpito come la cucina

italiana proposta, almeno nei ristoranti fino a 50$ a persona,

non si sia evoluta poi molto rispetto ad un decennio fa. Le

fettuccine all’Alfredo, di cui credo che il 99,9% degli italiani

ignori sia lapreparazionesia lacomposizione, la fan-

noancoradapadroneneimenudellamiddle

class. L’apoteosi è stata però raggiunta

quando un signore di mezza età mi

ha chiesto come chiamiamo noi

la pizza in Italia, mentre ne ad-

dentava una all’ananas.

Agghiacciante l’ignoranza

abissale che ancora domi-

na negli States, in relazione

allenostre specialità, soprat-

tutto nell’offerta diretta alla

middle class.

Ed è proprio qui che dovrem-

mo impegnarci a lavorare, magari

sfruttando la rete dei ristoranti in Italia

per arricchiresia l’aspettoesperienzialesia

quello“educativo”,rivolgendociaitantituristiche

arrivano da noi. Non è impossibile: bisogna unire le tecniche

di entertainment, in cui loro eccellono, al contenuto unico

che abbiamo noi, per emozionarli, per spiegare la storia dei

nostri piatti, comenascono, comesi preparano, le loroorigini,

la loro storia. Sarebbe un traino formidabile per il settore

produttivo italiano e per le nostre esportazioni di prodotti

alimentari.Qui da noi, qualche ristoratorehagià riscoperto la

bellezzadimettere invetrinaqualche“Sfoglina”, per spiegare

che la pasta, quella artigianale, originariamente non nasce