caffè sta crescendo esponen-
zialmente e che dispone già
di una produzione propria in
discrete quantità nella regione
montagnosa dello Yunnan) e
la sperimentazione di nuove
miscele, si aggiungono oggi
le soluzioni più innovative,
basate sulla ricerca scientifica
avanzata.
Dal DNA i sapori del
futuro?
Uno studio tutto italiano dura-
to ben sei anni, finanziato da
Illy e Lavazza e condotto dalle
Università di Padova, Trieste e
Udine (v. Mixer Maggio 2014),
ha permesso infatti di sequen-
ziare per la prima volta il DNA
del caffè arabica. Grazie alla
conoscenza del genoma, sarà
possibile ad esempio ricono-
scere i geni che conferiscono
allepiantedi caffè la resistenza
alle malattie e l’adattamento a
condizioni climatiche sfavo-
revoli. In questo modo sarà
possibilefronteggiareglieffetti
negativi del surriscaldamento
globale, che sta mettendo in
forte crisi la produzione del
caffè in zone come il Brasile
e il Centro America.
Grazie alla decodifica del DNA
si potrà stimolare labiodiversi-
tà attraverso tecniche naturali
riuscendoaottenere,attraverso
la selezione delle piante, l’au-
mento dell’intensità di specifi-
ci aromi e la diminuzione del
livello di caffeina (che potrà
essere ridotta o eliminata del
tutto, senza ricorrere ad estra-
zionichimiche).Infuturosipo-
trà probabilmente contare su
una scelta molto più variegata
e alcuni esperti e degustatori
si spingono già a parlare di
“terroir” come per i vini.
La crescita del piacere della
degustazione è infatti l’altra
grande protagonista del mon-
do del caffè in questa fase. Un
fenomenoche,paradossalmen-
te, sembracrescerepiùall’este-
ro, dove consumare espressoè
un’abitudine di tendenza e che
fastatusedovesistasviluppan-
do una cultura dell’espresso
cosmopolita, che non in Italia
dove il caffè espresso continua
a essere visto per lo più come
una “bevanda di tutti i giorni”,
sempliceebasica,cioèappunto
come una “commodity”.
Nonostanteinotevolisforziche
tutte le aziende protagoniste
delsettorestannoprofondendo
nella formazione dei baristas,
sembrapersistereuna“rottura”
nella catena del valore, che va
dal torrefattore al cliente fina-
le, passando per i produttori
di macchine espresso e i pub-
blici esercizi, che solo ora sta
cominciando a colmarsi grazie
allamaggiorediffusione,anche
nel nostro Paese, di nuovi for-
mat più orientati alla customer
experience.
Una risposta a questa “rottura
della catena” può essere un
coinvolgimento ancorapiùdi-
retto del cliente finale? In un
recente incontro organizzato
da SCAE – Speciality Coffee
Association of Europe (part-
ner di Host 2015), a proposi-
to di evoluzione dei concept,
ha commentatoLuigiMorello,
SCAE Director/Event Com-
mittee Chair SCAE e Export
Director di Cimbali: “Stiamo
assistendo alla ‘migrazione’
della macchina espresso dal
retro del mobile bar, dove
il barista preparava il caffè
dando le spalle al cliente,
al bancone, dove invece lo
prepara standogli di fronte.
Il consumatore si sente così
più partecipe dell’esperienza
dell’espresso, ne sperimenta
‘dal vivo’ la preparazione vi-
vendo la macchina come un
elemento qualificante dell’e-
sperienza-bar enonsolocome
uno strumento”.
28
mixer
Giugno 2014
Osservatorio Host
IN PROFONDITà
Il caffè espresso
in Italia è una
commodity, una
bevanda semplice
e basica, “di tutti i
giorni”