bevande

16 Marzo 2014

La divaricazione della società e dei consumi


La divaricazione della società e dei consumi

«Il maggiore fattore di cambiamento nei consumi è legato all’iniqua distribuzione della ricchezza». Bruno Berni, managing director di CFI Group, società di ricerche internazionale, ha lasciato un po’ di stucco la platea della convention che Cda ha organizzato per i 25 anni di attività. Ma Berni non è nuovo a stimolare le platee con ragionamenti che partono da lontano per arrivare al nocciolo della questione. Così il punto di partenza di questo excursus sui consumi è una previsione al 2038, una data scelta per significare un domani lontano, ma che poggia solide fondamenta nell’oggi. Qualche dato di base. Se oggi il 47% delle donne lavora, nel 2038 saranno il 57%; la percentuale di stranieri nel mondo del lavoro passerà dall’8% al 15%; il 35% della popolazione sarà formato da over 55enni e il 19% da giovani fino a 25 anni, contro rispettivamente il 30% e il 26%. Una società più vecchia, più multiculturale e un po’ più femminile, insomma. Ma fino a qui nulla di nuovo. Ciò che forse non ci si aspetta in un Paese come l’Italia (ma in questi anni di crisi ne abbiamo avuto i presagi, ndr) è che i10% della popolazione controllerà ancora più ricchezza, passando dal 45% al 60%. E il 50% degli individui ne controllerà di meno: il 7% contro il 10% di oggi.

Qualità e value for money

«Ci avviamo anche in Italia verso una distribuzione a coppa di champagne, con il 20% della popolazione mondiale che possiede l’87% della ricchezza », afferma Berni, la cui tesi alla base del ragionamento è che siamo in presenza di una forte divaricazione nella società. Quindi anche nel sistema dei consumi, accanto a formule che crescono, come i discount nell’alimentare o il fast food nella ristorazione, trovano spazio offerte di lusso a 360 gradi, come il Palazzo Prada in fase di realizzazione a Milano dove viene messo in risalto tutto il mondo del brand del lusso dai prodotti alle mostre d’arte, con l’immancabile ristorante. E per un Eataly che espande la proposta gourmand in vendita e in degustazione o per un Peck che consolida il suo posizionamento di tempio della gastronomia, arriva il primo mall tutto cinese. «Parimenti nell’horeca - afferma Berni - dove sono assenti (per quanto ancora?) le grandi catene, assistiamo a fenomeni che vanno nella direzione della ristorazione di qualità con la predominanza dell’estetica, grazie alle trasmissioni televisive sulla cucina che hanno diffuso termini specialistici come “impiattare”, della spettacolarità dei luoghi come il pools&restaurant Ceresio 7 sul tetto della sede di Dsquared a Milano, dell’esperienza di California Bakery e della sostenibilità ambientale dell’olandese De Kaas». Sul fronte esattamente antitetico abbiamo esempi di ristorazione value for money, dove i paradigmi sono quelli del fast food, del couponing come ricerca del valore a un prezzo conveniente, dell’all you can eat (il giropizza, i sushi a volontà, eccetera), la formula one dish, del locale cioè monotematico, dalla pizzeria al taglio (e solo quella) alla piadineria, alla più recente Bracioleria o, nel campo della caffetteria, il Caffè Vergani

Secondo Berni, quindi, le direzioni verso cui indirizzare l’offerta nel fuoricasa sono abbastanza precise, ma, quel che più conta, sono polarizzate. Verso l’alto, un’offerta di artigianalità, di non omologazione, di prodotti “senza” (il vino senza solfiti, gli ortaggi coltivati senza prodotti chimici, e così via) o di dieta scientifica che premia alimenti integrali e proteine vegetali. Verso il basso alimenti come risultato di allevamenti intensivi, di utilizzo di Ogm, di proteine dagli insetti.

L’opportunità di expo 2015

«In questo quadro, la differenziazione per chi fa il mestiere di dispensatore di alimenti - afferma Berni - sarà ancora più cruciale: avere chiaro il tipo di offerta è l’elemento più importante, così come la necessità di selezionare i prodotti e i fornitori. Se questa è la strada, la competenza e la professionalità sono lo spartiacque per fidelizzare i propri clienti. Ci vogliono persone preparate per fare delle scelte coraggiose. La prima domanda da porsi è “che cosa voglio offrire”, la seconda è se si hanno a disposizione persone in grado di raccontare i prodotti che vengono proposti».

E per non lasciar l’idea che quanto fin qui detto sia una questione proiettata tra venticinque anni, Berni ci riporta al domani che è già oggi, quello di Expo 2015. «Dalla primavera del 2015 Milano e l’Italia saranno oggetto di un afflusso di turisti che in buona parte appartengono a una fascia intermedia che andranno intercettati. Il cibo italiano andrà proposto e venduto con molte argomentazioni. Dobbiamo a tutti i costi evitare il rischio che ci possa essere chi pensa di rifarsi in sei mesi di quanto ha perso dal 2008 a oggi, lucrando sul gran numero di turisti. Per questo è necessario colmare al più presto un gap di professionalità ancora enorme. Il tempo a disposizione non è molto, ma ce la si può fare».

TAG: CONSUMI,HORECA,SOCIETà

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