19 Agosto 2016
Non basta disporre di un bel locale, avere una buona cucina e offrire un servizio impeccabile perché un ristorante abbia successo. Bisogna che i conti tornino e per questo ci vuole una consapevolezza sui costi che nella ristorazione italiana troppo spesso manca. «La cultura gestionale – spiega Giuseppe Cannito, Food & Beverage Manager e docente nei corsi organizzati da CAST Alimenti - in Italia non è abbastanza sviluppata. All’apertura di una nuova attività pochi redigono un business-plan e questo espone a maggiore rischio di chiusura. Io ho iniziato a organizzare corsi su questi temi nel 1993-94 con 6 persone in aula. Oggi la media è intorno a 15 corsisti e questo indica maggior interesse. Tra i corsi che tengo in CAST Alimenti uno dei più gettonati è quello sul food cost, il primo gradino nella strada che porta a gestire meglio l’attività di ristorazione». Per food cost – il principale costo variabile che un ristorante deve sostenere – si intende il costo degli ingredienti di ogni piatto in menù. Si calcola moltiplicando il costo medio al grammo di ogni ingrediente per i grammi utilizzati. Interessante è anche l’incidenza del food cost, ovvero il rapporto, espresso in percentuale, tra il costo degli ingredienti di un piatto e il prezzo di vendita. Il food cost può essere calcolato anche su base mensile tenendo conto dell’andamento dell’inventario e dei ricavi complessivi. Voci di spesa come il personale, le utenze, l’affitto... non rientrano in questo parametro. Una volta tutti i conti venivano fatti a mano, oggi esistono dei software che gestiscono le ricette e i loro costi, fino all’ultimo centesimo, rendendo molto più agevole il calcolo. Eppure questo non basta. «Se chiedo a un gruppo di ristoratori il costo degli ingredienti di un piatto – racconta – pochi lo sanno, se non in maniera approssimativa. Eppure controllare il food cost può aiutare a migliorare le performance complessive del proprio locale, anche del 10-15%».
QUANTO DEVE INCIDERE
[caption id="attachment_104455" align="alignright" width="199"] Giuseppe Cannito, Food & Beverage Manager e docente nei corsi organizzati da CAST Alimenti[/caption]
Non esiste un livello di incidenza ottimale: varia in funzione della tipologia di ristorazione e di offerta. «Per esempio – spiega Cannito – l’incidenza del food cost di un hamburger in un fast food è molto alta: se il panino costa 1 euro, la materia prima incide per il 45-50% circa. Se lo stesso hamburger viene servito in un ristorante stellato il prezzo di vendita è sicuramente più elevato, diciamo 25 euro. Anche il costo delle materie prime è più alto, magari intorno a 3 euro, ma l’incidenza è intorno al 10%. Qui gli altri costi hanno un’incidenza maggiore. Non esiste però una forma di ristorazione “ideale” sotto il profilo del food cost. Tendenzialmente uno stellato è favorito perché il prezzo dei piatti è alto, ma parte da materia prima più costosa e anche gli scarti sono in genere di più». L’incidenza del food cost potrebbe diventare un obiettivo che la direzione indica allo chef e alla brigata, per responsabilizzarli. Se il calcolo del food cost compete a chi si occupa di amministrazione, chi lo deve mettere in pratica è il personale di cucina. «Conoscere il food cost – afferma – serve per stabilire dei prezzi al pubblico coerenti, ma anche ad avere maggiore consapevolezza negli acquisti e nella gestione degli ingredienti, riducendo scarti e spre- Giuseppe Cannito, Food & Beverage Manager e docente nei corsi organizzati da CAST Alimenti chi». Anch’essi, infatti, incidono sul costo in misura maggiore per pesce, carne, frutta e verdura. «La scelta di lavorare a partire da ingredienti convenience (IV gamma, surgelati, semilavorati vari) permette di abbattere il food cost – precisa – perché annulla l’incidenza dello spreco, però questa scelta va valutata anche da un punto di vista organolettico».
Non tenere conto degli sprechi o degli scarti è un errore frequente quando si calcola il food cost. «Per un corretto calcolo del food cost è importante registrare voci – commenta Cannito – come i pranzi gratuiti, i piatti test e materie prime non utilizzabili. Tutto ciò che consuma ingredienti e non produce ricavo va sempre computato. Per un calcolo corretto bisogna tenere conto anche della merce trasferiti da un altro reparto, per esempio un litro di olio del ristorante usato in cucina, e delle differenze inventariali». A fine anno poi, bisogna prestare molta attenzione per non avere dei dati fuorvianti, se il food cost si calcola su base mensile: «Se un ristorante organizza il cenone per San Silvestro – conclude Giuseppe Cannito – fa acquisti importanti a fine dicembre e incassa in gennaio. Se non tiene conto del cambio di data rischia di avere costi altissimi in dicembre e alti ricavi in gennaio, una valutazione che non è espressione fedele della realtà».
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