03 Maggio 2017
Alcuni la definiscono la moda del momento, altri parlano di “rivoluzione”di uno stile di vita orientato a un rapporto più sano con cibo e bevande; altri ancora precisano che siamo di fronte a una svolta decisiva, a una tendenza etica che andrà ad abbracciare una vasta fetta della popolazione occidentale. A prescindere da quale sia la versione più veritiera, il vino vegano è diventato uno dei protagonisti del mercato, con un’impennata nelle vendite di tutto rispetto anzi, in alcune regioni si parla di numeri importanti che si aggirano attorno al 20%. Cifre significative che fanno riflettere molti produttori italiani i quali, cogliendo in modo lungimirante un comparto in piena evoluzione e con buoni margini di mercato, hanno pensato di convertire la loro intera produzione o affiancare ai vini “tradizionali” la linea dei vini vegani.
In modo concreto, cos’è il vino vegano? Quali sono le sue peculiarità? Come ormai è noto, coloro che seguono l’alimentazione vegana, non solo non si nutrono di carne e pesce come i vegetariani, ma escludono dalla loro dieta anche tutti gli altri alimenti di origine animale, quali latte, uova, formaggio… In sintesi, dicono NO a tutto ciò che ha attinenza con il mondo animale,inclusa anche la fase di lavorazione dei singoli cibi, vino compreso. Quest’ultimo, per l’appunto, se prodotto in modo convenzionale, può entrare a contatto con quelli che, in gergo, vengono definiti coadiuvanti tecnologici, come l’albumina, la colla di pesce, la caseina e la gelatina,tutte proteine usate per filtrare il vino e “ripulirlo” dalle particelle in sospensione. Bene, un vino vegano deve estromettere tutti questi fattori, compreso l’utilizzo dei guanti di pelle in fase di raccolta delle uve. Nonostante queste “apparenti proibizioni o limiti”, sono molte le cantine che hanno deciso di cambiare in parte o completamente la loro produzione, anche aziende che, riferendosi alla loro posizione in zone da sempre riconosciute per una determinata tipologia di vino, hanno deciso di intraprendere questa strada.
È il caso di Perlage Srl di Soligo, zona vocata per il Prosecco Docg. “Da oltre 30 anni la nostra azienda coltiva e produce in modo biologico. Poi,nel 2011 abbiamo dato un’ulteriore svolta con la totale conversione al vegano” dichiara Ivo Nardi, Amministratore Perlage. “Il primo Prosecco Doc Vegan è stato Sgajò, a cui si è aggiunto l’anno successivo Zharpì, primo Prosecco DOC Brut 100% Vegan”.
Come si svolge il lavoro in vigna per avere un vino vegano?
“Sia in vigna che in cantina le uve vengono lavorate nel rispetto della filosofia vegan, a partire proprio dalla gestione del terreno: per ottenere delle uve sane e controllate,in vigneto è fondamentale preservare la biodiversità del suolo” afferma Andrea Gallina, enologo Perlage. “Si tratta di un lavoro lungo e certosino che però ci consente di avere la certificazione Vegana rilasciata dall’ente verificatore CSQA.”
Dal Veneto a un’altra regione dalla consolidata fama per la qualità del vino: l’Abruzzo. Qui ha sede una delle maggiori realtà vitivinicole del centro-sud, la Cantina Tollo, una cooperativa con circa 800 soci che conferiscono uve da 3.200 ettari di terreno. Anche loro, da diversi anni, hanno affiancato alla linea produttiva tradizionale quella dei vini vegani.
Quali procedure devono essere necessariamente seguite - oltre all’abolizione totale di ogni elemento di origine animale - per avere un vino vegano?
"Occorre essere certificati da un organismo terzo come la CCPB con il compito di controllare la corretta applicazione di tutti i protocolli di lavorazione per escludere ogni forma di contaminazione" spiega l’enologo Daniele Ferrante. “Inoltre occorre verificare, tramite dichiarazione del produttore, che gli impianti e i coadiuvanti di lavorazione non abbiano usato prodotti di origine animale e che non siano stati sfruttati animali in nessuna fase”.
Quali sono le caratteristiche che evidenziano un “buon vino vegano” in termini di colore, olfatto e gusto?
“Non ci sono o non dovrebbero esserci sostanziali differenze organolettiche tra il vino vegano e quello convenzionale. In entrambi i casi le proprietà delle uve devono esprimersi al meglio così da offrire un ventaglio completo in degustazione. Se ci riferiamo ai coadiuvanti, ne esistono di alternativi rispetto a quelli di origine animale, sono solo molto più costosi ma altrettanto validi. La nostra è stata una ricerca attenta e scrupolosa proprio per mantenere inalterata anche la tipicità dei nostri vini, simbolo dell’Abruzzo.
Come si posiziona il vino vegano nella ristorazione e sul mercato in generale?
“Il consumo è ancora destinato a una nicchia di mercato nonostante, nel nostro caso specifico, l’ultimo anno ha registrato un incremento di circa il 30%” dichiara Maurizio Primavera direttore commerciale vendite Italia. “La forte spinta di diversificazione nel consumo fuori casa ha certamente trovato in questa categoria un valido supporto, riscontrando un eccellente equilibrio di posizionamento anche con i vini convenzionali”.
(Maddalena Baldini)
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