26 Febbraio 2019
Francesca Marzano ci racconta la sua avventura nel mondo del bartending, iniziata per caso a Milano, cresciuta con la passione per il brand Campari (per il quale è attualmente Brand Ambassador) e approdata oltremanica, confermandola, oggi, barlady in uno dei più prestigiosi locali di Londra, il Bar Termini a Soho.
Da Milano a Londra per portare avanti la tua grande passione per il bartending. Com’è iniziato tutto?
La verità è che è iniziato tutto per caso, seppure avevo già avuto esperienze lavorative all’interno di un bar, la vera spinta verso il mondo del bartending è arrivata quando, al ritorno da un lavoretto estivo oltremanica, ho trovato impiego in un bar di Milano: lì si miscelavano cocktail in modo professionale, si creavano mix interessanti, cosa con la quale non mi ero mai confrontata prima ma che mi incuriosiva molto, così ho deciso che mi sarebbe piaciuto approfondire. La vera svolta però è arrivata quando mi è stato proposto di lavorare nel bar di Villa Campari, ovviamente ho accettato subito, conoscevo bene il brand e la sua Accademia, che vedevo ancora irraggiungibile per le mie possibilità, ma era un’ottima opportunità per cominciare e per conoscere meglio il mondo Campari. Il mio percorso formativo è iniziato lì: ho frequentato i corsi, partecipato alle masterclass, ho fatto da assistente ai trainer e collaborato agli eventi fino all’opportunità di lavorare a Londra.
Trasformarsi da “barlady per caso” a “professionista riconosciuta” avrà richiesto, oltre che talento, un percorso professionale e personale di grande impegno…
Dopo la maturità non avevo voglia di continuare gli studi. Una mia amica lavorava in un bar e mi ha proposto di fare un’esperienza con loro, quindi le aspettative verso questo mestiere erano più legate all’idea di avere 18 anni e riuscire a essere quanto più possibile indipendente economicamente da mamma e papà per la vacanza, l’entrata in discoteca e i piccoli sfizi. Col tempo ho capito che questa era la mia strada e ciò ha voluto dire impegnarsi per intraprendere un percorso formativo autorevole.
Come è arrivata l’opportunità di trasferirti a Londra?
Londra è stata sempre il mio pallino: per chi fa questo mestiere rappresenta una meta importante, per molti è stata un punto di partenza per altri ha segnato la consacrazione. Io sono stata fortunata, perché sono arrivata a Londra avendo già un lavoro: durante Expo Milano collaborando con Campari ho avuto modo di conoscere, tra i grandi protagonisti della miscelazione internazionale, Agostino Perrone del Connaught Hotel bar di Londra che, sapendo del mio desiderio di trasferirmi oltremanica, mi ha offerto il primo lavoro come barback. Il mio livello di inglese era base e quindi mi sono offerta di cominciare da zero. Dopo il primo anno a Londra ho capito che era la città giusta per raggiungere quelli che erano (e sono) i miei obiettivi professionali.
Attualmente stai lavorando al Bar Termini di Londra, noto locale a Soho. Come vi siete “incontarti” professionalmente?
Durante le prime esperienze dietro i banconi londinesi, ho cominciato a pensare a quali potevano essere i bar nei quali mi sarebbe davvero piaciuto lavorare. Ne è venuta fuori una lista nella quale non poteva mancare il Bar Termini. Ho inviato il mio cv e sono stata contattata, così dopo vari colloqui e trial shift (sessioni di prova) sono stata assunta. È poco meno di un anno che faccio parte del team ma sono soddisfatta dell’esperienza e dell’opportunità che ho tutti i giorni di imparare tantissimo e di crescere in questa professione. Gli aspetti positivi di lavorare in compagnie così riconosciute è che trovi colleghi con una forte passione per il mestiere, il che ti spinge ad andare avanti a migliorarti.
Che tipo di servizio caratterizza il Bar Termini?
Bar Termini (che prende il nome dalla stazione Termini di Roma, visto che i proprietari sono inglesi ma di origine italiana) si trova in una delle zone più cool di Londra, a Soho, e ha una clientela molto varia ma prevalentemente giovane. È un locale votato essenzialmente all’aperitivo, la nostra drink list, fedele a quella originale messa a punto con l’apertura del locale, comprende un numero limitato di drink. Bar Termini riprende il concept del bar anni ‘50 in Italia, quando in stazione ci si fermava a prendere il caffè prima di andare a lavoro oppure per un veloce aperitivo prima di tornare a casa per cena: di conseguenza le porzioni sono tendenzialmente piccole proprio per essere fedeli al concetto di aperitivo cioè aprire lo stomaco prima di cena. La nostra è una clientela attratta da questo concept e comunque interessata all’arte della miscelazione, per cui è sempre molto soddisfatta dell’esperienza che il nostro locale è in grado di offrire.
A questo punto la domanda è d’obbligo: per te che hai scelto di vivere e lavorare all’estero, come percepisci e cosa vedi nel panorama di casa nostra?
Posso dire che molti dei nostri clienti italiani sono incuriositi dalle novità e dalle proposte che Londra può offrire in termini di mixology, se consideriamo poi che molti bartender a Londra sono italiani e che negli ultimi anni molti di loro scelgono di tornare a casa, mi sento di dire che il futuro per l’Italia ha sicuramente una buona base per scrivere una storia di successi. Vedo molto potenziale, molti bartender che in Italia credono nelle loro realtà territoriali, vedo molte iniziative e progetti da parte di realtà formative di alto livello come Campari e Planet One. Nel mio ultimo viaggio in Italia, per esempio, sono stata invitata per una masterclass nelle sede Planet One di Milano, per condividere la mi esperienza e i trend londinesi con i ragazzi che frequentano i corsi di bartending.
Cosa significa essere una donna in un mondo, quello del bartending, prevalentemente maschile?
Il bartending è notoriamente “un mondo maschile”. Per quanto mi riguarda, la cosa non ha mai condizionato le mie scelte: sono sempre aperta ad apprendere da chi è più bravo di me. Forse la voce maschile può essere più forte in molti casi, ma personalmente non mi è mai capitato di avere scontri o avere l’impressione di essere meno considerata perché donna, questo anche in Italia. Forse, sulla scelta di intraprendere questa professione da parte di una donna, incidono gli orari spesso impossibili, i turni, molto stancanti; si lavora prevalentemente di notte, il che a un certo punto può non collimare con scelte personali e di vita familiare.
Se ti dicessi di immaginare il tuo futuro, come sarebbe?
Cerco di godermi il presente e vedo la mia vita qui a Londra. Sono soddisfatta di quanto ho ottenuto fino ad ora e di essere diventata Brand Ambassador Campari, visto l’amore che mi lega a questo brand. Per il futuro si vedrà!
Pensando ai ragazzi che vorrebbero diventare bartender, cosa senti di poter suggerire loro?Ai ragazzi posso dire che avere alla base una buona formazione è l’inizio del percorso, il mondo dell’hospitality è però tanto altro rispetto a saper fare bene un drink: il modo di approcciarsi alla clientela, riuscire a coinvolgerlo… tutto questo è esperienza. Per far bene questo mestiere hai bisogno di avere come migliore amico il tempo, perché è con il tempo che si raggiungono gli obiettivi: il percorso per arrivare ti mette davanti tante persone e situazioni diverse, alcune volte va bene altre male, ma se hai la passione, se rimani concentrato e sai avere pazienza i risultati non mancheranno.
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A cura di Matteo Cioffi
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