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S

e lo si traduce dalla lingua d’origine,

quella inglese, il significato è “chiama-

re”, o “nominare”; due termini, in ita-

liano, monchi, zoppi, che non rendono

appieno il concetto, importantissimo,

proprio invecedella terminologiaanglosassone.

È il naming, ovvero l’arte (perché di questo si

tratta) di assegnare un nome a un’azienda, un

prodotto o a un locale. Una scelta strategica di

fondamentale importanza, in grado di determi-

nare successo o insuccesso, se non pensata in

maniera saggia e consapevole. Finiti i tempi, per

quel che riguarda ristoranti e, più in generale,

esercizi commerciali, di “Mamma Rosa”, “Al So-

lito Posto” e affini (per quanto ancora possa

molto la decisione di chiamare il proprio locale

con civico e nome della via, formidabile modo

per far sì che i clienti si imprimano bene nome

e indirizzo). Da diverso tempo

il marketing si

è, a ragione, impossessato del naming

. Una

vera e propria scelta strategica dunque, che af-

fonda le sue radici eorigini nella sceltadel nome

appropriato per aziende e prodotti, adattandosi

ed evolvendosi (ma non più di tanto) nel tem-

po in funzione degli esercizi commerciali, che

comunque soffrono, in molti casi, di decisioni

effimeredovute amodedelmomento, destinate

quindi a evaporare e ad avere vita breve; non è

purtroppo un caso, infatti, che parecchi locali

destinati a chiudere in breve tempo abbiano

nomi in realtà di basso impatto.

IL NAMING E LE BUONE REGOLE

Una veloce escursione nel naming proprio dei

prodotti: perché, ad esempio, un vermouth si

chiama

Oscar 697

? «Oscar è il nome di bat-

tesimo – spiega

Stefano Di Dio

, proprietario

della distilleria – del nostro esperto di miscele

(un omaggio alla sua figura, quindi), e 697 rap-

presenta il numero di brevetto. In più Oscar è

parola nota in tutte le lingue del mondo e dalla

forte connotazione positiva». Di facile ricordo,

quindi, e qui entrano in gioco alcune ma qua-

si obbligatorie regole di marketing, quasi dei

comandamenti (non a caso sono 10) validi sia

per prodotti e aziende, sia per locali: «

Cercare

di capire e conoscere

: senza conoscenza è im-

possibile dare un nome corretto e coerente. Il

Quando il nome fa la differenza

A VOLTE GIUSTO, ALTRE

SBAGLIATO; IN ALCUNI

CASI SOTTOVALUTATO, IN

ALTRI BEN CONCEPITO:

È IL NOME DEL PROPRIO

LOCALE, IMPORTANTISSIMO

BIGLIETTO DA VISITA. E

C’È UN’ARTE, QUASI UNA

SCIENZA, CHE NE STUDIA

TUTTI GLI ASPETTI PER UNA

SCELTA CORRETTA. È IL

NAMING, VERO E PROPRIO

MARKETING 3.0

DI ANDREA MATTEUCCI

Marketing

PUBBLICO ESERCIZIO

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GIUGNO 2015

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