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mixer
luglio/agosto 2015
Hospitality Trend
pubblico esercizio
D
ai kebab gourmet che
nascono nei quartieri
trendydi Londraagli chef
creativi come il sudafricano
Peter Tempelhoff
, dopo l’era
delle cucine asiatiche e del Sudamerica (Perù e chevice
in primo piano al momento), la Next Big Thing arriverà
dal continente africano. Che dopo secoli di miseria e
sfruttamento sta rialzando la testa, con alcuni Paesi in
fase di grande sviluppo economico. Tra questi, l’Angola:
“C’è molto interesse per la cucina africana, perché è
saporita, piena di colori, odori e gusti diversi, e perché
partendo da ingredienti “europei” riesce ad ottenere ri-
sultati completamente diversi” ci dice
Elsa Viana
, ap-
prezzatissima chef del ristorante del padiglione Angola
a Expo. Ha imparato a cucinare da mamma e nonna,
che però facevano cucina portoghese. La cucina africana
l’ha scoperta da adulta, tornando nel suo Paese, “ed è
stata una rivelazione: era ricca, interessante, varia”. Gli
elementi che accomunano le varie cucine africane sono
ingredienti quali l’olio di palma, la patata dolce, e l’uso
delle foglie: di manioca, di ocra, di zucca, “Poi ci sono
le farine di vari cereali, dal mais alla manioca: le usiamo
anche per fare polente, una diversa dall’altra”. Il gioco
in una cucina come l’angolana, a detta di Elsa Viana, è
tutto fatto di rimandi e influenze, che rimbalzano da
un lato all’altro del mondo: “Ad esempio la cucina della
mia città, Benguela (lei vive tra qui e il Portogallo, con
il marito tedesco) è simile a quella di Salvador de Bahia,
perché gli schiavi africani trasportati in Brasile venivano
dall’Angola. Abbiamo il tempura, piatto in origine porto-
ghese, ma lo facciamo con fagioli freschi e granchietti”.
Un’esplosione di sapori contaminati e reinventati che ci
aspettiamo di vedere presto anche nelle nostre città, per
ampliare la gamma assai ristretta delle cucina africane
oggi disponibili. Le quali presentano una versatilità che
dall’alta cucina (che Elsa è andata a studiare a Parigi)
potrebbe riversarsi anche in chioschi e strade: che ne
direste del capretto alla griglia con pan di manioca fer-
mentata in foglie di banana, per cominciare?
È
l’altra faccia della meda-
glia rispetto ai ristoranti
che vendono fiori, libri o
prodotti del territorio: oltre
lostreet food, oltre la strada
il cibo, grande icona con-
temporanea, segue il cliente ovunque, anche durante la
spesa e lo shopping, entrando negli spazi retail. E spesso
“tira” di più che il prodotto principale, come è succes-
so al flagship store di
National Geographic
a Londra.
Antesignano in questo senso è stato il ristorante della
Rinascente
in piazza Duomo a Milano, con vista sulle
guglie. Ma recentemente il food è entrato anche nei saloni
di bellezza (a Milano c’è
Bahama Mama
, crossover tra
boutique, caffè e beauty salon) mentre al supermercato
Albert Heijn XL
di Eindhoven ci si può sedere e ordinare
una pizza, un sushi o un’insalata.
M
Africa! e
ibridazione
La
ristorazione
ovunque
elsa viana, chef
del ristorante del
padiglione angola
a expo