Background Image
Table of Contents Table of Contents
Previous Page  57 / 104 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 57 / 104 Next Page
Page Background

luglio/agosto 2015

mixer

51

para pranzi e cene per un numero contenuto di ospiti

(paganti, of course).

La forza degli Home Restaurant,

oggi, risiede nella capillarità di diffusione ottenuta

grazie al web e ai social.

La loro fama arriva lontano,

propagata viralmente dai like, dai commenti e dai re-twe-

et, ma sempre sottotraccia, stile società segreta, novelli

carbonari dei fornelli, congiurati della

mise en place

.

La

mission, dichiarata dai più, è quella di far conoscere,

propalare e diffondere tradizioni culinarie locali

che

altrimenti sarebbero vittime dell’oblio. La loro, insomma,

è una proposta culturale rivolta ad appassionati in cerca di

un’esperienza gastronomica peculiare. Il costo di un pasto

oscilla dai 25 fino ai 50 euro, di solito, e sul web è possibile

consultare il menù prima di effettuare la prenotazione.

L’altra faccia della medaglia

Di fatto sono tanti i risvolti sanitari e fiscali che lascia-

no perplessi. Al punto che di recente lo stesso Mise

(Ministero dello Sviluppo Economico) ha rilasciato

una risoluzione in cui equipara, senza possibilità di

equivoco, l’attività di home restaurant all’attività di

somministrazione di cibo e bevande.

Richiedendo, per-

tanto, a questi “nuovi imprenditori” di presentare la Scia

(Segnalazione Certificata di Inizio di Attività).

Sulla vexata quaestio se l’attività

di Home Restaurant si possa a tutti

gli effetti equiparare all’attività

di somministrazione, il Mise si

è così pronunciato: «L’attività in

discorso, ad avviso della scrivente,

anche se esercitata solo in alcuni

giorni dedicati e tenuto conto

che i soggetti che usufruiscono

delle prestazioni sono in numero

limitato, non può che essere

classificata come un’attività di

somministrazione di alimenti e

bevande, in quanto anche se i

prodotti vengono preparati e

serviti in locali privati coincidenti

con il domicilio del cuoco, essi

rappresentano comunque locali

attrezzati aperti alla clientela.

Infatti, la fornitura di dette

prestazioni comporta il

pagamento di un corrispettivo

e, quindi, anche con l’innovativa

modalità, l’attività in discorso si

esplica quale attività economica

in senso proprio; di conseguenza,

ad avviso della scrivente, non

può considerarsi un’attività libera

e pertanto non assoggettabile

ad alcuna previsione normativa

tra quelle applicabili ai soggetti

che esercitano un’attività di

somministrazione di alimenti e

bevande».

Attività di cuoco a domicilio

Il parere del

Mise- Risoluzione

n. 50481 del

10 aprile 2015