luglio/agosto 2015
mixer
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para pranzi e cene per un numero contenuto di ospiti
(paganti, of course).
La forza degli Home Restaurant,
oggi, risiede nella capillarità di diffusione ottenuta
grazie al web e ai social.
La loro fama arriva lontano,
propagata viralmente dai like, dai commenti e dai re-twe-
et, ma sempre sottotraccia, stile società segreta, novelli
carbonari dei fornelli, congiurati della
mise en place
.
La
mission, dichiarata dai più, è quella di far conoscere,
propalare e diffondere tradizioni culinarie locali
che
altrimenti sarebbero vittime dell’oblio. La loro, insomma,
è una proposta culturale rivolta ad appassionati in cerca di
un’esperienza gastronomica peculiare. Il costo di un pasto
oscilla dai 25 fino ai 50 euro, di solito, e sul web è possibile
consultare il menù prima di effettuare la prenotazione.
L’altra faccia della medaglia
Di fatto sono tanti i risvolti sanitari e fiscali che lascia-
no perplessi. Al punto che di recente lo stesso Mise
(Ministero dello Sviluppo Economico) ha rilasciato
una risoluzione in cui equipara, senza possibilità di
equivoco, l’attività di home restaurant all’attività di
somministrazione di cibo e bevande.
Richiedendo, per-
tanto, a questi “nuovi imprenditori” di presentare la Scia
(Segnalazione Certificata di Inizio di Attività).
Sulla vexata quaestio se l’attività
di Home Restaurant si possa a tutti
gli effetti equiparare all’attività
di somministrazione, il Mise si
è così pronunciato: «L’attività in
discorso, ad avviso della scrivente,
anche se esercitata solo in alcuni
giorni dedicati e tenuto conto
che i soggetti che usufruiscono
delle prestazioni sono in numero
limitato, non può che essere
classificata come un’attività di
somministrazione di alimenti e
bevande, in quanto anche se i
prodotti vengono preparati e
serviti in locali privati coincidenti
con il domicilio del cuoco, essi
rappresentano comunque locali
attrezzati aperti alla clientela.
Infatti, la fornitura di dette
prestazioni comporta il
pagamento di un corrispettivo
e, quindi, anche con l’innovativa
modalità, l’attività in discorso si
esplica quale attività economica
in senso proprio; di conseguenza,
ad avviso della scrivente, non
può considerarsi un’attività libera
e pertanto non assoggettabile
ad alcuna previsione normativa
tra quelle applicabili ai soggetti
che esercitano un’attività di
somministrazione di alimenti e
bevande».
Attività di cuoco a domicilio
Il parere del
Mise- Risoluzione
n. 50481 del
10 aprile 2015