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Non a caso proprio sul finire del 2015

un’azienda di Montalcino (Cerbaiona) è

passata, dalla storica proprietà dell’ex

pilota aeronautico Diego Molinari, sot-

to il controllo di un americano, comun-

que già cliente della cantina, alla guida

della compagnia cinese d’investimenti

Qiming Venture Partners. Proprio la

Cina tuttavia non pare troppo interes-

sata alle aziende italiane. Le ragioni

sono tante. Si va dal fatto che alcu-

ne cantine non hanno le dimensioni

adatte a soddisfare un mercato molto

‘assetato’ come quello orientale, fino

a questioni legate al blasone, concetto

in molti casi maggiormente connesso,

almeno nell’immaginario comune, a

realtà enologiche francesi, su tutte gli

Châteaux bordolesi.

VINO: UN PATRIMONIO

La love story tra Cina e Bordeaux ha

toccato, proprio nel 2015, quota 100,

visto che tanti sono i ‘castelli’ che ormai

hanno gli occhi a mandorla. Tornando

al vino di casa nostra, l’anno appena

cominciato si mostra incoraggiante.

Non si tratta questa volta di numeri,

è ancora troppo presto per leggerli

correttamente, ma di parole, se non

addirittura d’intenti. In primo luogomi

riferisco al fatto che proprio noi italiani,

in questo 2016, dovremmo realmente

diventare più consapevoli rispetto al

vino e alla sua grande capacità di essere

realtà colturale e culturale al tempo

stesso. Sembra un semplice cambio di

vocale, ma in realtà è molto di più. Ad

oggi il riconoscimento del vino quale

elemento del patrimonio culturale

nazionale credo sia ancora una

proposta di legge, mentre in Bolivia,

avete letto bene, risulta già essere una

realtà legislativa a tutti gli effetti. Si

sa che per il vino, in particolar modo

per quello italiano, ci vuole tempo,

ma spero vivamente che quello giusto,

per questa importantissima iniziativa

normativa, sia proprio il 2016.

M

FEBBRAIO 2016

Mixer

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