GABRIELE RUBINI,
IN ARTE CHEF RUBIO
Foto: Paolo Lafratta
«Io di tatuaggi ne ho tanti, ma non ho mai subito di-
scriminazioni sul lavoro» tiene a precisare Gabriele
Rubini, in arte
Chef Rubio
, tattoo ovunque (incluso
uno sulle dita dedicato al fish and chips). Ma i tatuaggi
sono una moda o un fenomeno di costume destinato a
radicarsi nella nostra cultura? «Dipende.
Il mondo del
tatuaggio associato alla professione è un vezzo,
una sorta di identificazione
. Alcuni cuochi, per
esempio, si sentono rassicurati dal disegno di coltelli,
forchette, tarallucci et similia. E c’è persino chi si tatua
il piatto di pasta sulla pancia. In questi casi, il tatuaggio
è solo una moda legata al bisogno di appartenenza a
un gruppo. I tatuaggi, per me, sono invece ricordi dei
viaggi compiuti, incluse le esperienze dietro ai fornelli
in Nuova Zelanda e Corea, tanto per citarne un paio»,
osserva Chef Rubio.
M
Io di tatuaggi
ne ho tanti, ma
non ho
mai subito
discriminazioni
sul lavoro
LA PAROLA ALLE ISTITUZIONI
L’Aibes: «Un tattoo
può ‘fare curriculum’.
Ma anche chiudere
delle porte»
«Ci sono strutture – penso ai bar dei grandi
alberghi o ai caffè storici – in cui i tatuaggi a
vista sono espressamente vietati al personale
a contatto con il pubblico, tanto che la loro
presenza, in punti che non possono essere
nascosti dall’abbigliamento, preclude a un
candidato anche la possibilità di un periodo
di prova», spiega
Andrea Pieri
, presidente
nazionale dell’
Aibes – Associazione Italiana
Barman e Sostenitori
. «D’altro canto,
in attività con una caratterizzazione più
giovanile, notturna e commerciale la presenza
di tattoo spesso non solo è accettata, ma
può rappresentare un plus per l’immagine
stessa del locale, fino a diventare un
elemento qualificante nella valutazione di un
curriculum. Ciò che fa la differenza è il target
di riferimento: in un certo tipo di clientela
– come quella business – esiste ancora una
preclusione mentale nei confronti di persone
che esibiscono tatuaggi.
Del resto, molti locali vietano espressamente
la barba, quando in altre tipologie di
esercizi – dallo speakeasy al cocktail bar di
tendenza – il bartender ‘barbuto’ è invece oggi
considerato un must. In generale – conclude
Pieri – possiamo dire che in assenza di tatuaggi
visibili un barman può lavorare ovunque,
diversamente possono essergli preclusi
determinati percorsi professionali».
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