MAGGIO 2016
Mixer
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Buddha Bar ha una dimensione a sé. Il vino infine è un’altra delle mie
passioni, una metafora della vita riuscitissima: due identiche uve in
mano a due differenti produttori daranno sempre due risultati differenti.
Non conta cos’hai in mano o con quali mezzi inizi un sogno, conta solo
quanta passione e impegno ci metti.
Sappiamo chi è Francesco Galdi oggi. Ma quando ha cominciato,
cosa sognava Francesco?
Ho iniziato, come molti colleghi, per puro caso. La mia ambizione era
diventare un broker come nel film “Wall Street”. Ero al secondo anno di
Università e mi avvicinai a un bancone bar con la semplice intenzione
di recuperare qualche soldo extra per le vacanze estive. Non sono più
sceso dal bancone e così sono passato da contare dividendi e studiare
piani marketing allo studio dei distillati e a dirigere beverage briefing
con i miei bartender.
Dai sogni alla meta il passo richiede ovviamente tanto impegno…
Tantissimo impegno, molti sacrifici e la testa dura di chi ha lavato tazzine
per mesi rubando qui e là piccoli pezzetti dei colleghi più bravi. Ho
aspettato pazientemente il mio turno, senza mai strafare, e l’esperien-
za maturata nei più importanti caffè storici di Torino mi ha aiutato a
costruire una base importante di conoscenza dei prodotti abbinandola
a severi criteri di servizio. Poi c’è il discorso formazione, che reputo
fondamentale. Nonbisognamai trascurare la parte di
product knowledge
,
ma è anche necessario aggiornarsi sempre sulle ultime tendenze nel
mondo dell’ospitalità, non solo della miscelazione. Investire su se stessi
è la chiave del successo. Il prossimo obiettivo è creare un laboratorio
sperimentale dove raccogliere tutte le tecnologie esistenti per testare,
provare e soprattutto giocare con i liquidi. Ci stiamo lavorando personal-
mente io e
Mathias Giroud
, l’Executive Worldwide Beverage Director
di George V, la società che ha ideato e aperto nel mondo Buddha Bar.
Gavetta, formazione e poi c’è un altro elemento nella vita del bar-
tender: le competizioni.
Adoro competere. L’emozione delle gare, la ricerca della ricetta per-
fetta, in qualche modo sento che quando affronto la competizione, la
sfida è solo con me stesso. In tutto questo c’è l’aiuto costante di mia
moglie Giada: è la mia super-tester, se approva i cocktail li porto alle
gare, altrimenti qualcosa nella ricetta non va. È lei che mi aiuta con le
preparazioni degli homemade (sua la marmellata alla barbietola della
ricetta vincente per World Class di quest’anno) ed è lei il mio ingredien-
te segreto: se c’è lei alla gare mi rilasso e performo alla grande. Nella
semifinale ho vinto garantendomi un posto tra i migliori 8 di Dubai che
si sfideranno a Maggio per un posto nella Finale Mondiale di Miami. I
giudici della gara erano
Antonio Lai
e
Dennis Zoppi
, due mostri sacri
del bartending, che ammiro moltissimo. Tante le gare a cui ho parteci-
pato in Italia e all’estero, oggi però la gara quotidiana più importante è
lo sviluppo del mio team: ho in totale 21 persone dedicate solo al bar
tra cui l’impagabile
Giacomo Vezzo
, mio Assistant Bar Manager, che
parla 4 lingue alla perfezione e ha un’esperienza internazionale incre-
dibile. Il Buddha Bar è oggi un punto di riferimento imprescindibile
del bere a Dubai e i miei ragazzi si piazzano sempre molto bene nelle
competizioni che contano.
Ti abbiamo paragonato a un Cappellaio Matto ricco di sorprese,
fra queste ce n’è una molto curiosa: la passione e la specializza-
zione nel Sake.
Nel 2014 ho seguito a Milano il primo corso tenuto nel nostro Paese
Ingredienti:
30 ml Fat wash di Tanqueray Ten
30 ml Nigori Sake Gekkeikan infuso con zest
fresche di yuzu
15ml Succo di lychee
5ml Acqua del Mediterraneo (per ogni mezzo
litro di salamoia di olive dolci - Olive Belle
di Cerignola ad esempio - una manciata di Sale
di Maldon e Sale Rosa dell’ Himalaya)
90ml Acqua di Cocco
5ml Homemade Blue Curacao (al Buddha Bar
la ricetta è semplice ma segretissima...)
Preparazione:
Alla base della ricetta c’è un fat wash di
Tanqueray. Per ogni 1500 ml di Gin al Buddha
Bar usiamo 2 once di Olio di sesamo di altissima
qualità e lasciamo il preparato in freezer.
Lavorando con olio e non con un vero e proprio
grasso, la divisione tra le due componenti sarà
più fragile, e l’olio se non si è veloci e attenti
tenderà a riamalgamarsi con il Gin subito dopo
il raffreddamento. Dopo un attento e meticoloso
straining, imbottigliamo il Gin nella sua bottiglia
originaria e lo teniamo in frigo. Attenzione alle
regole HACCP del proprio paese, a Dubai per
esempio l’importante è etichettare ogni singola
bottiglia e spiegarne il contenuto.
Si andranno poi a unire tutti gli ingredienti
in uno shaker agitando il contenuto. Versiamo
il tutto in un sacchetto di polipropilene riempito
con una decina di cubetti di ghiaccio e ci
sistemiamo una paperella di gomma
a galleggiare. Controindicazioni per il bar?
Spariscono più paperelle al giorno di quanto
previsto. Ci sono clienti affezionati che hanno
ormai una collezione di cinquanta papere a casa
e ci mandano le foto!
I COCKTAIL DI FRANCESCO GALDI
What the Duck!