MIXABILITY
Il re del Negroni
“Eccezionale aperitivo, il Negroni Pallido è un
all time cocktail dal gusto persistente, con un
tenore alcolico medio, un buon bilanciamento
tra dolce e amaro e una nota di agrumi e spezie.
Alla vista appare leggermente velato, mai
limpido. Merito del Limoncello: oltre a regalare
il profumo di agrumi, dona al drink una texture
che lo fa apparire perennemente ghiacciato.
Il nome, Negroni Pallido, nasce non solo come
un riferimento al contrasto con l’originale
Negroni inventato da Camillo, ma è pure
un omaggio al Conte che, nei suoi trascorsi
americani, nel periodo dei Cow Boys e del far
West ha vissuto nel ranch del Wyoming. Dove
sicuramente ha incontrato degli indiani che
l’avranno soprannominato “viso pallido””.
Ingredienti:
25 ml London Dry Gin
25 ml Vermouth Martini Riserva Ambrato
15 ml Biancosarti
1 barspoon di Limoncello di Sorrento
Metodo:
stir and strain
Bicchiere:
coppa
Decorazione:
side di scorza d’arancia (nella
foto propongo una guarnizione di impatto a
base di mela verde, foglie di ananas, zucchina,
carota, scorza arancia e rosmarino, ideale per
competizioni o pubblicazioni)
Come si fa:
Mettete del ghiaccio nella coppa e nel mixing
glass, raffreddatelo muovendo il ghiaccio con
il barspoon e scolate l’acqua che si forma
usando lo strainer. Versate quindi
nel mixing glass un ingrediente
alla volta, dosandoli con
il jigger. Mescolate poi
la miscela nel mixing
glass con il barspoon
finché il drink non
è freddo, togliete
il ghiaccio dal
bicchiere,
chiudete
l’apertura del
mixing glass
con lo strainer
e versate con
delicatezza
il cocktail.
Infine, decorate
con un side di
scorza d’arancia e
servite il drink.
IL TWIST: ORIGINE E RICETTA
DEL NEGRONI PALLIDO
Fate come Luca Picchi: per
avvicinare al mondo del bere
miscelato teenagers e astemi
ha creato una lista di cocktail
analcolici, che ha incrementato
del 200% il fatturato.
dei grandi classici, dal Manhattan al Mint Julep. Ma direwhisky è troppo
generico: parliamo di un mondo ricco e complesso quanto quello del
vino. Ogni whisky presenta caratteristiche diverse in base alla prove-
nienza, alle materie prime, al tipo di conversione, di fermentazione, di
distillazione e di maturazione. Nonché del tipo di acqua, un elemento
essenziale per il distillato, che incide in tutte le fasi: dall’irrigazione
dei campi d’orzo alla macerazione, dalla fermentazione alla diluizione
prima e dopo l’invecchiamento. Bisogna quindi distinguere tra scotch
malt (a base di orzo maltato e affumicato con torba), scotch grain (con
mais e una piccola percentuale di orzo maltato), irish (con orzo non
maltato e orzo maltato non torbato), bourbon (con mais, segale, orzo
maltato e non affumicato), american e canadian grain (con mais, se-
gale, orzo non maltato e non affumicato). Senza dimenticare i whisky
asiatici, in primis quello giapponese.
A proposito, c’è chi dice che il whisky giapponese sia migliore di
quello scozzese, grazie alle purissime acque con cui viene preparato,
e che potrebbe rivoluzionare il mercato. Che cosa ne pensi?
È estremamente gradevole, ma è un prodotto molto caro e quindi
destinato a restare di nicchia: tenete conto che per una bottiglia si
spendono dai 70-80 euro in su.
Il futuro del bartending italiano
?
Sono molto ottimista! La cultura del bere miscelato cresce e si diffonde
non solo nelle città, ma anche in provincia. Di recente, per esempio,
sono stato invitato a tenere un seminario a Erba (CO). Dieci anni fa
sarebbe stato impensabile.
È merito anche della tv e di programmi come
Mixologist
e
Bar-
tendency
?
Sicuramente i bartending talent hanno il merito di accendere l’interesse
intorno al nostro mondo. Tuttavia, si potrebbe fare di più. Penso, per
esempio, a documentari sulla cultura della mixologist e a talent dove
i main sponsor non impongano di preparare i drink solo con il loro
distillato, ma facciano sistema e lascino più libertà di espressione e
creatività ai concorrenti.
M
66
Mixer
GIUGNO 2016