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Mixer

LUGLIO/AGOSTO 2016

C

ome sembrano apparentemente lontani i

discorsi di attualità sulle attenzioni al cibo,

promossedaExpo, equelli sulle trattativeper

il TTIP (Transatlantic Trade and Investment

Partnership), il nuovo trattato di liberalizza-

zione commerciale tra Stati Uniti ed Europa che ha la

finalità di abbattere dazi e dogane, rendendo il commer-

cio, all’interno di questa vasta area, ancora più fluido ed

intenso. In realtà, invece, i due argomenti hanno molte

affinità, anche nelle divergenze che li caratterizzano.

Da una parte, infatti, Expo ha promosso le cucine

del mondo,

che fondano le loro radici nelle culture e

nelle storie delle nazioni, che hanno aperto anche le

coscienze dei popoli, sviluppando senso di responsa-

bilità sulla gestione del cibo (e dintorni), contrastando

sprechi, inquinamento e speculazioni.

Dall’altra parte, invece, il TTIP, con l’obiettivo di favo-

rire il consolidamento di un blocco geo-politico contro

i paesi Emergenti, che controllerebbe circa la metà

del P.I.L. mondiale e oltre un terzo del commercio

globale, intenderebbe eliminare anche le barriere non

tariffarie, ossia le differenze di regolamenti tecnici,

norme e procedure di omologazione, standard di pro-

dotti, regole sanitarie e fito-sanitarie, con le evidenti

conseguenze, alcune positive, come la semplificazione

degli scambi, la creazione di nuovi posti di lavoro e la

crescita economica degli Stati coinvolti, altre tutte da

interpretare, come l’omogeneizzazione alimentare, l’ag-

giuntivo potere assegnato alle Multinazionali e (forse)

il venir meno di qualche garanzia per il consumatore.

Sono evidentemente due posizioni diverse, ovvia-

mente entrambe legittime,

che però impongono

qualche riflessione aggiuntiva, perché se Expo, da un

lato, ha cercato di valorizzare gli eroi silenziosi della

filiera del cibo, come i pescatori, i contadini o i piccoli

trasformatori, dall’altro il nuovo Trattato porterebbe

alla creazione di un mercato ancora più facilmente

conquistabile dai grandi gruppi internazionali, con i

pro e contro facilmente intuibili.

Per unmondo destinato a crescere anche demogra-

ficamente,

si pone certamente il problema di “

cibo

per tutti

”, che si può seriamente affrontare solo con

nuovi investimenti in ricerca ed innovazione, che por-

teranno inevitabilmente a forzare il ciclo produttivo,

con possibili effetti anche sulla qualità dei prodotti,

con il proliferare dei cosiddetti “junk foods”.

È chiaro che di fronte a problemi come la fame,

parlare di qualità è filosofia accademica,

ma porsi

un interrogativo se questa sia la direzione giusta per

migliorare le condizioni di vita delle persone, mi sem-

bra legittimo e responsabile, soprattutto da parte del

rappresentante della Ristorazione, che sui temi della

qualità delle materie prime, della loro valorizzazione,

dell’educazione e formazione di addetti e consumatori,

del contrasto alle patologie alimentari, del riuso dei

prodotti con il recupero delle ricette della tradizione

italiana, ha cercato di rafforzare il business delle im-

prese del settore, ma anche il livello qualitativo della

vita delle persone.

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, e non un cuo-

co,

sosteneva che “

noi siamo quello che mangiamo

”,

intendendo che il cibo alimenta non solo il fisico, ma

anche la coscienza e il modo di pensare dell’uomo,

dissertando anche non solo su cosa, ma anche su

come si mangia, e su questi ragionamenti rafforzava

i concetti di benessere, di salute, di emozione e di

relazione sociale, ancora di attualità.

Molti nostri cuochi ci insegnano a gustare il cibo,

sforzandoci ad assaggiare ogni cosa con le papille e

la mente, andando cioè oltre l’esigenza fisiologica del

nutrimento, cercando il buono e il piacere della tavola.

Forse sono eccessi del benessere, ma con gli svi-

luppi dell’industria alimentare,

cerchiamo almeno

di evitare l’approccio al cibo con il “bugiardino” di

accompagnamento dei prodotti, oppure trasforman-

do i nostri ristoranti, negozi, supermercati compresi,

in succursali di farmacie, con rispetto parlando dei

colleghi farmacisti!

Ristoranti o Farmacie?

Il punto

del presidente FIPE

Lino Enrico Stoppani

Cordialmente