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Mixer

/ MAGGIO 2017

IN PRIMO PIANO

Caffè

Bieker, lei è stato contattato dalla

SCA per fornire un contributo tec-

nico nell’ambitodella creazione del

Manifesto del caffè espresso italia-

no. Quale il suo approccio?

Mi è stato proposto di partecipare

assieme a un gruppo, che dovreb-

be prevedere la partecipazione di

esperti non solo nazionali, a uno stu-

dio di fattibilità per redigere una scheda di analisi tecnica

relativa al sistema di estrazione dell’espresso.

Ho accettato perché ritengo necessario fare chiarezza in

merito ai diversi parametri utilizzati in quella usata per la

Cup of Excellence,

o al sistema internazionalmente utiliz-

zato definito “alla Brasiliana”, che prevede una procedura

diversa basata sul principio della filtrazione, tecnica che,

con tutte le sue varianti presenti sul mercato, rappresenta

circa il 90% dei consumi mondiali. Ho aderito anche perché

il sistema di estrazione definito “espresso” non può più

essere considerato un presidio solamente italiano, ma or-

mai internazionale. Tuttavia, non esiste ancora una scheda

d’assaggiospecificaper l’espresso. Ilmioapprocciopertanto

prevede una diffusione di quella che è la conoscenza e la

cultura di ciò che si può percepire, nel male e nel bene, in

una tazzina di espresso.

Quale il punto di partenza per definirne le caratteristiche?

Nel nostro ambiente alcuni di noi specificano che la parola

“espresso” è il participio passato del verbo esprimere.

Un passaggio che ci porta a riflettere sulla tecnica di prepa-

razione cheèappunto finalizzata a “esprimere”unabevanda

fatta sul momento.

Una sfumatura lessicale fondamentale che sottolinea come

il procedimento sia rapido e veloce, caratteristiche che non

si riscontrano negli altri sistemi: nell’attesa del riscaldamen-

to dell’acqua, presentano tempi di attesa ben più lunghi

dei 20-30 secondi tipici e necessari alla preparazione di un

espresso convenzionalmente riconosciuto.

L’altra peculiarità dell’espresso è la crema, una prerogativa

che può essere analizzata sotto l’aspetto visivo e senso-

riale. Tuttavia l’abitudine da parte dei produttori di caffè

a bere e assaggiare alla “brasiliana”, ha portato negli an-

ni a definire i canoni di un

“buon caffè” secondo que-

sto sistema. Ciò comporta,

un deficit di conoscenza di

tutto ciò che riguarda l’ana-

lisi sensoriale legata all’e-

spresso che coinvolge tutta

la filiera che utilizza questa

tecnica di estrazione, sino ad arrivare ai consumatori finali.

Infatti, il procedimento per arrivare alla tazzina di espresso

è ben diverso: la tostatura è più scura, quindi più intensa,

la macinatura è più fine e compressa in un filtro rigido, la

macchina estrae con 9 bar di pressione, in una macchina

classica non a leva, con una temperatura che può variare

dai 90 a 94 gradi circa. Ne consegue una bevanda molto più

ristretta, con una diversa caramellizzazione degli zuccheri.

EDY BIEKER,

AMMINISTRATORE DELEGATO AREA QUALITÀ E FORMAZIONE

SANDALJ