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Mixer
/ MAGGIO 2017
IL PUNTO
del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani
U
na importante trasmissione televisiva
, che fa gior-
nalismo d’inchiesta, ha recentemente dedicato un
approfondimento alla Ristorazione, concentrando
l’attenzione sugli orari di lavoro delle brigate di al-
cuni rinomati ristoranti, chiamando al confronto chef-patron
e (alcuni) dipendenti insoddisfatti. In particolare, sono stati
fatti emergere turni di lavoro che in alcuni casi andavano oltre
gli orari di lavoro contrattuali, interpretando sfruttamento di
manodopera e anche un clima di omertà che regnerebbe in
alcuneaziende,dove i dipendenti accetterebberopassivamente
condizioni di lavoro gravose.
Apartecheoggi esistononumerosi strumenti
che consentono
ai lavoratori le giuste tutele dei loro diritti e, comunque, il grado
vertenziale per queste tipologie di attività, tendente a zero, di-
mostracheilavoratoriimpiegatiinquesteaziendecomprendono
le contropartite – economiche e professionali – che valorizzano
un’esperienza, non tantoesoloper unarricchimentodel proprio
curriculum personale, quanto e piuttosto per le opportunità di
crescita professionale che queste esperienze offrono.
Anche le liste di attesa per essere assunti in alcuni locali
,
che sono sempre “overbooking”, dimostrano l’importanza e
il valore di un’esperienza, per affrontare la quale molti giovani
sono disposti a fare scelte di vita, dedicandosi interamente al
lavoro e alla professione, in un modo che andrebbe valorizzato
e non stigmatizzato per i sacrifici che impone. In un periodo in
cui tanti cercano il posto e non il lavoro, vivendo cioè l’impiego
come un traguardo su cui accomodarsi e non unpercorsodentro
il quale crescere, è confortante, invece, constatare la crescente
passione e determinazione con le quali molti giovani ambiscano
ad esperienze di lavoro in brigate di cucina e/o di sala dove se
anche gli orari di lavoro impongono qualche sacrificio, il ritorno
professionale è unico, in termini di acquisizione di competenze,
oltre che di gratificazione e prospettive professionali.
Ci sono giovani laureati che si sacrificano
in stage quasi gra-
tuiti presso studi professionali, considerando il percorso ob-
bligato per il loro avviamento professionale, da tutti giudicato
assolutamente normale, e ci si scandalizza se altri giovani, al-
trettanto meritevoli, fanno percorsi formativi in locali rinomati,
correttamente inquadrati, dove la componente retributiva del
“superminimo” spesso compensa alcuni sacrifici aggiuntivi?
Non si considera o meglio si sottovaluta
la componente for-
mativa che sta dietro questi rapporti di lavoro, fatti di orari da
rispettare emenu da organizzare, ma anche di occasioni di con-
fronto, discussionee sperimentazione, suprodotti o tecnichedi
lavoro, spesso gestite in prima persona dagli stessi titolari, che
prendonotempoearricchisconoprofessionalmente i lavoratori.
D’altraparte,poi,ilnostrolavoroimponedoppiserviziperpranzo
e cena, comporta frequenti pause di attesa, presenta spunti di
grande lavoro alternati a momenti più rilassati e, quindi, l’or-
ganizzazione del lavoro non può essere impostata sul modello
fordista, perché la cucina è artedi precisione e non saràmai – per
fortuna – una catena di montaggio. I contratti di lavoro, infine,
offrono adeguati periodi di ferie (26 gg.) e di permessi retribuiti
(13 gg.), che consentono il recupero delle fatiche e delle energie.
Iosostengodasempreche lepersonedovrebbero lavoraredi più
e guadagnare anche molto di più, ma la legislazione sul lavoro
oggi complica un diverso equilibrio tra lavoro e salario.
Mettere in discussione un modello organizzativo
, che ha con-
solidato l’eccellentestoriadella ristorazione italiana, disconosce
il valore formativo del lavoro, che non è fatto solo di orari, ordini
di servizio o gerarchie, ma anche di formazione, preparazione
ed educazione degli operatori.
I ristoranti stellati emergono anche per le motivazioni che si
leggono nei comportamenti del loro personale, che non sono
quelli di soggetti sfruttati o frustrati, ma di collaboratori consa-
pevoli del ruolo che svolgono e gratificati per il loro impegno,
anche con i valori immateriali di una retribuzione, che non ha
bisogno di badges o di formalizzazioni contrattuali.
Lavivacitàe l’intraprendenzadel settore, nonostante ledifficoltà
congiunturali, nascono dalle diffuse competenze fertilizzate
investendo sulla propria persona, accettando sacrifici, consa-
pevoli che nessuno regala niente e che un qualificato tirocinio
giustifica ogni cosa.
I sacrifici, lievito
della vita anche in cucina